Verande e bovindi
Per veranda (fig. 37) deve intendersi «la chiusura, prevalentemente con vetri, supportati su metallo o legno, di spazi scoperti come balconi o terrazze, con opere effettuate dopo l’ultimazione dell’edificio» (TAMBORRINO).
Il bovindo (dall’inglese: bow window) (fig. 38) è, invece, un corpo di fabbrica, sporgente in aggetto dalla facciata dell’edificio, con finestre che consentono la veduta sia frontale che laterale.
È generalmente ammesso che il proprietario esclusivo del balcone possa trasformare quest’ultimo in veranda, anche senza l’autorizzazione degli altri condòmini. Vi sono tuttavia delle limitazioni. In particolare, dal punto di vista pubblicistico, tale opera è soggetta a concessione edilizia, a meno che non sia costruita al fine di proteggere la proprietà dagli agenti atmosferici, senza che vi sia un aumento della volumetria. In quest’ultimo caso, infatti, è sufficiente l’autorizzazione o, in alternativa, la denuncia di inizio attività.
Dal punto di vista dei rapporti di condominio, i limiti fondamentali sono costituiti dal rispetto del decoro architettonico dell’edificio e dal divieto di arrecare pregiudizio agli altri condòmini, ai quali deve essere sempre assicurato un pari uso del bene comune (Trib. Milano 31-1-1991): così, ad esempio, è illegittima la realizzazione di una veranda senza il rispetto della distanza legale della veduta esercitata dal proprietario dell’appartamento sovrastante (Cass. 21-10-1980, n. 5652), come pure la realizzazione di una veranda sul balcone, in appoggio al muro comune, che raggiunga l’altezza del piano superiore, diminuendo in tal modo il godimento di aria e luce all’appartamento sovrastante (Cass. 11-2-1985, n. 1132).
Un’ulteriore ipotesi riguarda la copertura con una veranda del terrazzo dell’ultimo piano dell’edificio condominiale, effettuata dal relativo proprietario. Tale fattispecie è soggetta alla disciplina dettata dall’art. 1127 c.c. e, in particolare, alla disposizione del 3° co. di detto articolo, la quale vieta sopraelevazioni che pregiudichino l’aspetto architettonico dell’edificio. L’indagine relativa va condotta in stretta correlazione con la visibilità della nuova opera, tenuto conto che nessun pregiudizio può essere riscontrato in manufatti che siano assolutamente invisibili ai terzi, ovvero siano visibili in posizioni tanto distanti e particolari da non lasciar spazio ad un’eventuale compromissione estetica (Cass. 24-10-1978, n. 4804).
Se il regolamento di condominio vieta espressamente l’installazione di verande sia sulla facciata principale dell’edificio che su quella verso corte, l’opera è preclusa a tutti i condòmini (TAMBORRINO).
Trattandosi di opera nella proprietà esclusiva, le spese riguardanti la veranda sono totalmente a carico del proprietario. Nel caso in cui le spese per il riscaldamento siano ripartite in base al volume, è legittima la richiesta, avanzata dagli altri condòmini, volta ad ottenere il ricalcolo dei millesimi.
Infine per quanto attiene ai bovindi, la giurisprudenza ha affermato che la costruzione di manufatti nel cortile comune di un fabbricato condominiale è consentita al singolo condòmino solo se non alteri la normale destinazione di quel bene, non anche quando si traduca in corpi di fabbrica costruiti in aggetto (quali sono i bovindi), con conseguente incorporazione di una parte della colonna d’aria sovrastante ed utilizzazione della stessa a fini esclusivi (Cass. 13-4-1991, n. 3942).
Il bovindo (dall’inglese: bow window) (fig. 38) è, invece, un corpo di fabbrica, sporgente in aggetto dalla facciata dell’edificio, con finestre che consentono la veduta sia frontale che laterale.
È generalmente ammesso che il proprietario esclusivo del balcone possa trasformare quest’ultimo in veranda, anche senza l’autorizzazione degli altri condòmini. Vi sono tuttavia delle limitazioni. In particolare, dal punto di vista pubblicistico, tale opera è soggetta a concessione edilizia, a meno che non sia costruita al fine di proteggere la proprietà dagli agenti atmosferici, senza che vi sia un aumento della volumetria. In quest’ultimo caso, infatti, è sufficiente l’autorizzazione o, in alternativa, la denuncia di inizio attività.
Dal punto di vista dei rapporti di condominio, i limiti fondamentali sono costituiti dal rispetto del decoro architettonico dell’edificio e dal divieto di arrecare pregiudizio agli altri condòmini, ai quali deve essere sempre assicurato un pari uso del bene comune (Trib. Milano 31-1-1991): così, ad esempio, è illegittima la realizzazione di una veranda senza il rispetto della distanza legale della veduta esercitata dal proprietario dell’appartamento sovrastante (Cass. 21-10-1980, n. 5652), come pure la realizzazione di una veranda sul balcone, in appoggio al muro comune, che raggiunga l’altezza del piano superiore, diminuendo in tal modo il godimento di aria e luce all’appartamento sovrastante (Cass. 11-2-1985, n. 1132).
Un’ulteriore ipotesi riguarda la copertura con una veranda del terrazzo dell’ultimo piano dell’edificio condominiale, effettuata dal relativo proprietario. Tale fattispecie è soggetta alla disciplina dettata dall’art. 1127 c.c. e, in particolare, alla disposizione del 3° co. di detto articolo, la quale vieta sopraelevazioni che pregiudichino l’aspetto architettonico dell’edificio. L’indagine relativa va condotta in stretta correlazione con la visibilità della nuova opera, tenuto conto che nessun pregiudizio può essere riscontrato in manufatti che siano assolutamente invisibili ai terzi, ovvero siano visibili in posizioni tanto distanti e particolari da non lasciar spazio ad un’eventuale compromissione estetica (Cass. 24-10-1978, n. 4804).
Se il regolamento di condominio vieta espressamente l’installazione di verande sia sulla facciata principale dell’edificio che su quella verso corte, l’opera è preclusa a tutti i condòmini (TAMBORRINO).
Trattandosi di opera nella proprietà esclusiva, le spese riguardanti la veranda sono totalmente a carico del proprietario. Nel caso in cui le spese per il riscaldamento siano ripartite in base al volume, è legittima la richiesta, avanzata dagli altri condòmini, volta ad ottenere il ricalcolo dei millesimi.
Infine per quanto attiene ai bovindi, la giurisprudenza ha affermato che la costruzione di manufatti nel cortile comune di un fabbricato condominiale è consentita al singolo condòmino solo se non alteri la normale destinazione di quel bene, non anche quando si traduca in corpi di fabbrica costruiti in aggetto (quali sono i bovindi), con conseguente incorporazione di una parte della colonna d’aria sovrastante ed utilizzazione della stessa a fini esclusivi (Cass. 13-4-1991, n. 3942).