Supercondominio
Nozione - Con il termine di supercondominio o di condominio orizzontale, o complesso, si indica un insieme di edifici, di solito costituiti in condomìni autonomi, che hanno in comune beni, servizi, locali o spazi aperti, tutti funzionali all’utilizzazione e al godimento, da parte dei singoli condòmini, delle parti di loro esclusiva proprietà.
Il supercondominio risponde, perciò, alla funzione economico-sociale di razionalizzare l’uso e la gestione collettivi degli spazi e dei servizi destinati a soddisfare esigenze comuni dei residenti, in una prospettiva di socializzazione dei modi dell’abitare urbano (BASILE): esso trova la sua ragion d’essere nell’odierna realtà edilizia, che vede spesso nascere, nelle zone di espansione urbana alle periferie delle grandi città, complessi residenziali in cui trovano posto, oltre alle usuali strutture abitative, anche giardini, parchi giochi per i bambini, piscine, impianti ed attrezzature sportive etc.
Certamente errata deve considerarsi quell’accezione che tende a ricostruire la figura come condominio o comunione di condomìni, e ciò perché questi ultimi, per ammissione pressoché unanime, non hanno un’autonoma soggettività giuridica, sicché i partecipanti al supercondominio sono pur sempre i singoli proprietari delle unità immobiliari, e non gli edifici, seppure costituiti in autonomi condomìni (PETROLATI, VITALONE). Tale considerazione non assume un rilievo soltanto teorico ma giustifica, sul piano pratico, la prevalente tendenza a configurare il supercondominio come collegamento direttamente intercorrente tra tutti i condòmini dei vari condomìni. Sempre sul piano pratico essa comporta, come ulteriore conseguenza, che l’assemblea deve essere composta dai comproprietari degli edifici che formano il supercondominio e non dagli amministratori dei singoli condomìni.
Costituzione - Si è detto che l’essenza del supercondominio consiste in una pluralità di edifici, solitamente autonomi sotto il profilo strutturale ed organizzativo, i quali mantengono in comune alcuni beni o servizi. Perciò oltre che sorgere in occasione della realizzazione di un certo complesso residenziale, il supercondominio può anche scaturire dallo scioglimento di un originario unico condominio e dalla sua divisione in più condomìni, secondo la procedura prevista dagli artt. 61 e 62, disp. att. c.c., ove il preesistente complesso condominiale sia formato da una pluralità di edifici o di corpi di fabbrica strutturalmente distinti che possano agevolmente costituirsi in strutture funzionalmente autonome. Nella seconda ipotesi il supercondominio riguarderà le eventuali parti residue che devono necessariamente rimanere comuni tra le nuove entità abitative (giardini, cortili, impianti termici, piscine, parchi attrezzati etc.) e per la cui gestione unitaria dovrà essere nominato un amministratore, il quale, relativamente a tali parti, rappresenterà l’intero supercomplesso e i cui poteri dovranno armonizzarsi con quelli degli amministratori dei singoli condomìni (PETROLATI, VITALONE).
Disciplina applicabile - Una volta configurato il supercondominio come collegamento direttamente intercorrente tra tutti i condòmini dei vari condomìni, l’alternativa tra l’inquadrare tale collegamento nell’istituto generale della comunione o in quello più specifico del condominio, con la conseguente applicabilità della disciplina relativa all’una o all’altra qualificazione, costituisce l’oggetto di un dibattito tuttora aperto.
La tendenza ad applicare al supercondominio le norme sulla comunione in generale trae argomento principalmente dagli artt. 61 e 62, disp. att. c.c., i quali, parlando di scioglimento del condominio, allorché l’originario edificio possa essere diviso in parti che abbiano i caratteri di edifici strutturalmente autonomi, e parlando, altresì, di cose che restano in comune, paiono evocare l’instaurarsi di una comunione in luogo del disciolto condominio.
Tuttavia il rilievo dell’inadeguatezza delle norme sulla comunione a regolamentare una forma di comproprietà che presenta caratteristiche del tutto peculiari (il vincolo di natura pertinenziale che viene ad instaurarsi tra gli edifici in condominio e i beni o i servizi comuni, e la tendenziale indivisibilità di questi ultimi), ha indotto il prevalente orientamento giurisprudenziale a ricondurre la figura atipica del supercondominio nel novero della disciplina condominiale e a ritenere questa come la più idonea a tener conto di tali caratteristiche. La giurisprudenza, più in particolare, ha finora generalmente ritenuto che, in mancanza di una specifica disciplina, debba farsi ricorso al procedimento analogico, con la conseguenza che la presunzione legale di comunione stabilita dall’art. 1117 c.c. deve considerarsi applicabile anche quando si verta non su parti comuni di un edificio diviso per piani, bensì su parti comuni di edifici limitrofi ed autonomi destinate, in maniera permanente, alla conservazione o all’uso di questi stessi edifici (Cass. 10-7-1991, n. 7630).
In dottrina (CORONA) si è proposta anche una soluzione intermedia, quella cosiddetta del «doppio regime», suggerendo di adottare l’una o l’altra disciplina a seconda che, in concreto, i beni o servizi comuni evidenzino un prevalente collegamento funzionale, dello stesso tipo di quello che è proprio dei beni elencati dall’art. 1117 c.c., ovvero presentino preminenti aspetti di relativa autonomia: così, ad esempio, l’applicazione delle norme sulla comunione si giustifica «nei gruppi edilizi, nei quali al servizio immediato delle costruzioni sono destinate le strade e gli impianti idrici e di illuminazione, ma ad un tempo si rinvengono beni autonomi considerevoli, quali il parco, i numerosi impianti sportivi, i diversi centri sociali e commerciali».
Sempre nel canale del doppio regime, si è suggerito di applicare la disciplina della comunione nel caso in cui i beni in comune siano talmente pochi da non necessitare di un apposito regime amministrativo o di un amministratore che rappresenti la totalità dei proprietari. Nell’ipotesi inversa, invece, la necessità di nomina di un amministratore sorgerebbe dall’esigenza di cura dei beni comuni nell’interesse dei condòmini, ed opererebbe la più specifica e puntuale disciplina del condominio negli edifici (CUSANO).
Organi - La gestione unitaria dei beni e dei servizi comuni rende necessaria la nomina di un amministratore che deve coesistere con gli amministratori dei singoli condomìni e le cui competenze devono armonizzarsi, per quanto possibile, con quelle di questi ultimi. In ogni caso deve ritenersi esclusa, salva diversa previsione del regolamento, la possibilità che gli amministratori dei singoli condomìni esercitino poteri di gestione diversi da quelli riguardanti le parti comuni dei loro edifici.
Naturalmente in una realtà residenziale complessa e variegata, per la molteplicità degli interessi da comporre, qual è quella dei supercondomìni, l’amministrazione dei beni e dei servizi comuni impone talora scelte gestionali così articolate da non poter essere demandate ad una singola persona. Perciò si è soliti riservare i poteri di amministrazione e di gestione a società, e spesso è la stessa società che ha costruito il complesso residenziale a riservarsi tali poteri.
Nonostante l’amministrazione del supercondominio ricalchi, nel suo funzionamento, quella del condominio è da ritenere che nel supercondominio le modalità di nomina dell’amministratore varino a seconda che si ritenga operante la disciplina generale sulla comunione ovvero quella più specifica sul condominio. Tuttavia non possono non riconoscersi all’amministratore del supercondominio, eventualmente in deroga alle norme sulla comunione, le prerogative di cui agli artt. 1130 e 1131 c.c., soprattutto in materia di rappresentanza, e non può non ritenersi che il medesimo abbia, esattamente come avviene nel condominio, l’obbligo di rendere il conto della sua gestione e sia revocabile dall’autorità giudiziaria, ai sensi dell’art. 1129, 3° co., c.c., qualora per due anni non lo abbia reso o vi siano fondati sospetti di gravi irregolarità (PETROLATI, VITALONE).
Nessun problema solleva, invece, l’assemblea del supercondominio, che ha poteri analoghi a quelli dell’assemblea di condominio. Essa, come si è detto, deve essere composta dai comproprietari degli edifici che formano la struttura supercondominiale e non dagli amministratori dei singoli condomìni, dal momento che i partecipanti al supercondominio sono pur sempre i primi.
Regolamento - Il regolamento del supercondominio presenta elementi di complessità ben più marcati rispetto ad un normale regolamento di condominio: gli aspetti negoziali che esso può presentare sono numerosi e possono prevedere obblighi di destinazione e rispetto di parti comuni, costituire diritti reali di godimento come, ad esempio, servitù o, infine, prefigurare modalità di funzionamento, gestione ed amministrazione dell’ente più complesse ed articolate rispetto a quelle proprie del condominio (PETROLATI, VITALONE).
Il regolamento è solitamente predisposto dal costruttore ed è accettato dai partecipanti al supercondominio al momento della stipula dei singoli atti di acquisto.
Il supercondominio risponde, perciò, alla funzione economico-sociale di razionalizzare l’uso e la gestione collettivi degli spazi e dei servizi destinati a soddisfare esigenze comuni dei residenti, in una prospettiva di socializzazione dei modi dell’abitare urbano (BASILE): esso trova la sua ragion d’essere nell’odierna realtà edilizia, che vede spesso nascere, nelle zone di espansione urbana alle periferie delle grandi città, complessi residenziali in cui trovano posto, oltre alle usuali strutture abitative, anche giardini, parchi giochi per i bambini, piscine, impianti ed attrezzature sportive etc.
Certamente errata deve considerarsi quell’accezione che tende a ricostruire la figura come condominio o comunione di condomìni, e ciò perché questi ultimi, per ammissione pressoché unanime, non hanno un’autonoma soggettività giuridica, sicché i partecipanti al supercondominio sono pur sempre i singoli proprietari delle unità immobiliari, e non gli edifici, seppure costituiti in autonomi condomìni (PETROLATI, VITALONE). Tale considerazione non assume un rilievo soltanto teorico ma giustifica, sul piano pratico, la prevalente tendenza a configurare il supercondominio come collegamento direttamente intercorrente tra tutti i condòmini dei vari condomìni. Sempre sul piano pratico essa comporta, come ulteriore conseguenza, che l’assemblea deve essere composta dai comproprietari degli edifici che formano il supercondominio e non dagli amministratori dei singoli condomìni.
Costituzione - Si è detto che l’essenza del supercondominio consiste in una pluralità di edifici, solitamente autonomi sotto il profilo strutturale ed organizzativo, i quali mantengono in comune alcuni beni o servizi. Perciò oltre che sorgere in occasione della realizzazione di un certo complesso residenziale, il supercondominio può anche scaturire dallo scioglimento di un originario unico condominio e dalla sua divisione in più condomìni, secondo la procedura prevista dagli artt. 61 e 62, disp. att. c.c., ove il preesistente complesso condominiale sia formato da una pluralità di edifici o di corpi di fabbrica strutturalmente distinti che possano agevolmente costituirsi in strutture funzionalmente autonome. Nella seconda ipotesi il supercondominio riguarderà le eventuali parti residue che devono necessariamente rimanere comuni tra le nuove entità abitative (giardini, cortili, impianti termici, piscine, parchi attrezzati etc.) e per la cui gestione unitaria dovrà essere nominato un amministratore, il quale, relativamente a tali parti, rappresenterà l’intero supercomplesso e i cui poteri dovranno armonizzarsi con quelli degli amministratori dei singoli condomìni (PETROLATI, VITALONE).
Disciplina applicabile - Una volta configurato il supercondominio come collegamento direttamente intercorrente tra tutti i condòmini dei vari condomìni, l’alternativa tra l’inquadrare tale collegamento nell’istituto generale della comunione o in quello più specifico del condominio, con la conseguente applicabilità della disciplina relativa all’una o all’altra qualificazione, costituisce l’oggetto di un dibattito tuttora aperto.
La tendenza ad applicare al supercondominio le norme sulla comunione in generale trae argomento principalmente dagli artt. 61 e 62, disp. att. c.c., i quali, parlando di scioglimento del condominio, allorché l’originario edificio possa essere diviso in parti che abbiano i caratteri di edifici strutturalmente autonomi, e parlando, altresì, di cose che restano in comune, paiono evocare l’instaurarsi di una comunione in luogo del disciolto condominio.
Tuttavia il rilievo dell’inadeguatezza delle norme sulla comunione a regolamentare una forma di comproprietà che presenta caratteristiche del tutto peculiari (il vincolo di natura pertinenziale che viene ad instaurarsi tra gli edifici in condominio e i beni o i servizi comuni, e la tendenziale indivisibilità di questi ultimi), ha indotto il prevalente orientamento giurisprudenziale a ricondurre la figura atipica del supercondominio nel novero della disciplina condominiale e a ritenere questa come la più idonea a tener conto di tali caratteristiche. La giurisprudenza, più in particolare, ha finora generalmente ritenuto che, in mancanza di una specifica disciplina, debba farsi ricorso al procedimento analogico, con la conseguenza che la presunzione legale di comunione stabilita dall’art. 1117 c.c. deve considerarsi applicabile anche quando si verta non su parti comuni di un edificio diviso per piani, bensì su parti comuni di edifici limitrofi ed autonomi destinate, in maniera permanente, alla conservazione o all’uso di questi stessi edifici (Cass. 10-7-1991, n. 7630).
In dottrina (CORONA) si è proposta anche una soluzione intermedia, quella cosiddetta del «doppio regime», suggerendo di adottare l’una o l’altra disciplina a seconda che, in concreto, i beni o servizi comuni evidenzino un prevalente collegamento funzionale, dello stesso tipo di quello che è proprio dei beni elencati dall’art. 1117 c.c., ovvero presentino preminenti aspetti di relativa autonomia: così, ad esempio, l’applicazione delle norme sulla comunione si giustifica «nei gruppi edilizi, nei quali al servizio immediato delle costruzioni sono destinate le strade e gli impianti idrici e di illuminazione, ma ad un tempo si rinvengono beni autonomi considerevoli, quali il parco, i numerosi impianti sportivi, i diversi centri sociali e commerciali».
Sempre nel canale del doppio regime, si è suggerito di applicare la disciplina della comunione nel caso in cui i beni in comune siano talmente pochi da non necessitare di un apposito regime amministrativo o di un amministratore che rappresenti la totalità dei proprietari. Nell’ipotesi inversa, invece, la necessità di nomina di un amministratore sorgerebbe dall’esigenza di cura dei beni comuni nell’interesse dei condòmini, ed opererebbe la più specifica e puntuale disciplina del condominio negli edifici (CUSANO).
Organi - La gestione unitaria dei beni e dei servizi comuni rende necessaria la nomina di un amministratore che deve coesistere con gli amministratori dei singoli condomìni e le cui competenze devono armonizzarsi, per quanto possibile, con quelle di questi ultimi. In ogni caso deve ritenersi esclusa, salva diversa previsione del regolamento, la possibilità che gli amministratori dei singoli condomìni esercitino poteri di gestione diversi da quelli riguardanti le parti comuni dei loro edifici.
Naturalmente in una realtà residenziale complessa e variegata, per la molteplicità degli interessi da comporre, qual è quella dei supercondomìni, l’amministrazione dei beni e dei servizi comuni impone talora scelte gestionali così articolate da non poter essere demandate ad una singola persona. Perciò si è soliti riservare i poteri di amministrazione e di gestione a società, e spesso è la stessa società che ha costruito il complesso residenziale a riservarsi tali poteri.
Nonostante l’amministrazione del supercondominio ricalchi, nel suo funzionamento, quella del condominio è da ritenere che nel supercondominio le modalità di nomina dell’amministratore varino a seconda che si ritenga operante la disciplina generale sulla comunione ovvero quella più specifica sul condominio. Tuttavia non possono non riconoscersi all’amministratore del supercondominio, eventualmente in deroga alle norme sulla comunione, le prerogative di cui agli artt. 1130 e 1131 c.c., soprattutto in materia di rappresentanza, e non può non ritenersi che il medesimo abbia, esattamente come avviene nel condominio, l’obbligo di rendere il conto della sua gestione e sia revocabile dall’autorità giudiziaria, ai sensi dell’art. 1129, 3° co., c.c., qualora per due anni non lo abbia reso o vi siano fondati sospetti di gravi irregolarità (PETROLATI, VITALONE).
Nessun problema solleva, invece, l’assemblea del supercondominio, che ha poteri analoghi a quelli dell’assemblea di condominio. Essa, come si è detto, deve essere composta dai comproprietari degli edifici che formano la struttura supercondominiale e non dagli amministratori dei singoli condomìni, dal momento che i partecipanti al supercondominio sono pur sempre i primi.
Regolamento - Il regolamento del supercondominio presenta elementi di complessità ben più marcati rispetto ad un normale regolamento di condominio: gli aspetti negoziali che esso può presentare sono numerosi e possono prevedere obblighi di destinazione e rispetto di parti comuni, costituire diritti reali di godimento come, ad esempio, servitù o, infine, prefigurare modalità di funzionamento, gestione ed amministrazione dell’ente più complesse ed articolate rispetto a quelle proprie del condominio (PETROLATI, VITALONE).
Il regolamento è solitamente predisposto dal costruttore ed è accettato dai partecipanti al supercondominio al momento della stipula dei singoli atti di acquisto.