Spese sostenute con urgenza dal condòmino
Ciascun condòmino può, senza autorizzazione dell’amministratore o dell’assemblea, sostenere le spese necessarie per la conservazione delle parti comuni dell’edificio, ma ha diritto al rimborso soltanto laddove le spese sostenute rivestano carattere di urgenza.
Il concetto di spese urgenti, cui si riferisce l’art. 1134 c.c., deve interpretarsi, secondo una consolidata opinione giurisprudenziale, con una certa larghezza ed elasticità, sì da ricomprendervi qualsiasi spesa che, secondo il criterio del bonus pater familias, appaia indifferibile al fine di evitare un possibile, anche se non certo ed imminente, nocumento alla cosa comune (si pensi, ad esempio, alle spese sostenute per rimuovere un pericolo effettivo alla stabilità o alla funzionalità dell’edificio).
Il condòmino, beninteso, non ha l’obbligo ma soltanto la facoltà di provvedere alle opere urgenti, anticipandone le spese. Il credito che egli matura nei confronti degli altri condòmini, per il recupero delle spese legittimamente anticipate, costituisce un credito di valuta e, in quanto tale, può dar luogo, in caso di mora, soltanto ad una pretesa risarcitoria che, ai sensi dell’art. 1224 c.c., si esaurisce nella misura degli interessi sulla somma dovuta, salvo la prova del maggior danno (Cass. 26-8-1996, n. 7834).
L’art. 1134 c.c. detta, in materia di spese per la cosa comune, una regola diversa da quelle operanti in materia di comunione e di gestione d’affari: il diritto al rimborso, infatti, è riconosciuto dall’art. 1110 c.c. al partecipante che, in caso di trascuranza degli altri partecipanti o dell’amministratore, abbia sostenuto spese necessarie (ancorché non urgenti) alla conservazione della cosa comune, ed analoga prerogativa viene riconosciuta dall’art. 2031 c.c. al gestore che si sia sobbarcato a spese necessarie o utili.
Alcuni hanno proposto, perciò, di interpretare estensivamente la nozione di urgenza; altri la assimilano alla nozione di necessità; altri ancora ritengono ammissibile l’azione di indebito arricchimento. L’interpretazione rigorosa appare, tuttavia, preferibile e ciò sia alla luce dei lavori preparatori, sia argomentando dalla diversa formulazione dell’art. 1134 c.c. rispetto all’art. 1110 c.c.
Peraltro, in presenza di spese non urgenti ma necessarie, il condòmino, in mancanza della prescritta autorizzazione, può sempre ricorrere all’assemblea o all’autorità giudiziaria.
Il concetto di spese urgenti, cui si riferisce l’art. 1134 c.c., deve interpretarsi, secondo una consolidata opinione giurisprudenziale, con una certa larghezza ed elasticità, sì da ricomprendervi qualsiasi spesa che, secondo il criterio del bonus pater familias, appaia indifferibile al fine di evitare un possibile, anche se non certo ed imminente, nocumento alla cosa comune (si pensi, ad esempio, alle spese sostenute per rimuovere un pericolo effettivo alla stabilità o alla funzionalità dell’edificio).
Il condòmino, beninteso, non ha l’obbligo ma soltanto la facoltà di provvedere alle opere urgenti, anticipandone le spese. Il credito che egli matura nei confronti degli altri condòmini, per il recupero delle spese legittimamente anticipate, costituisce un credito di valuta e, in quanto tale, può dar luogo, in caso di mora, soltanto ad una pretesa risarcitoria che, ai sensi dell’art. 1224 c.c., si esaurisce nella misura degli interessi sulla somma dovuta, salvo la prova del maggior danno (Cass. 26-8-1996, n. 7834).
L’art. 1134 c.c. detta, in materia di spese per la cosa comune, una regola diversa da quelle operanti in materia di comunione e di gestione d’affari: il diritto al rimborso, infatti, è riconosciuto dall’art. 1110 c.c. al partecipante che, in caso di trascuranza degli altri partecipanti o dell’amministratore, abbia sostenuto spese necessarie (ancorché non urgenti) alla conservazione della cosa comune, ed analoga prerogativa viene riconosciuta dall’art. 2031 c.c. al gestore che si sia sobbarcato a spese necessarie o utili.
Alcuni hanno proposto, perciò, di interpretare estensivamente la nozione di urgenza; altri la assimilano alla nozione di necessità; altri ancora ritengono ammissibile l’azione di indebito arricchimento. L’interpretazione rigorosa appare, tuttavia, preferibile e ciò sia alla luce dei lavori preparatori, sia argomentando dalla diversa formulazione dell’art. 1134 c.c. rispetto all’art. 1110 c.c.
Peraltro, in presenza di spese non urgenti ma necessarie, il condòmino, in mancanza della prescritta autorizzazione, può sempre ricorrere all’assemblea o all’autorità giudiziaria.