Sicurezza degli impianti

La materia della sicurezza degli impianti ha trovato una organica regolamentazione con la L. 5-3-1990, n. 46, e con il relativo regolamento di attuazione del 6-12-1991, n. 447.
La L. 46/90 si applica agli edifici adibiti ad uso civile, dovendosi intendere per tali le unità immobiliari o la parte di esse destinate ad uso abitativo, a studio professionale o a sede di persone giuridiche private, associazioni, circoli o conventi e simili (art. 1, D.P.R. 447/91).
Gli impianti soggetti all’ambito di operatività della L. 46/90 sono:
a) gli impianti di produzione, di trasporto, di distribuzione e di utilizzazione dell’energia elettrica all’interno degli edifici, a partire dal punto di consegna dell’energia fornita dall’ente distributore;
b) gli impianti radiotelevisivi ed elettronici in genere, le antenne e gli impianti di protezione da scariche atmosferiche;
c) gli impianti di riscaldamento e di climatizzazione azionati da fluido liquido, aeriforme, gassoso e di qualsiasi natura o specie;
d) gli impianti idrosanitari, nonché quelli di trasporto, di trattamento, di uso, di accumulo e di consumo di acqua all’interno degli edifici, a partire dal punto di consegna dell’acqua fornita dall’ente distributore;
e) gli impianti per il trasporto e l’utilizzazione di gas allo stato liquido o aeriforme all’interno degli edifici, a partire dal punto di consegna del combustibile gassoso fornito dall’ente distributore;
f) gli impianti di sollevamento di persone o di cose per mezzo di ascensori, di montacarichi, di scale mobili e simili;
g) gli impianti di protezione antincendio.
Sono abilitate alla installazione, trasformazione, ampliamento e manutenzione degli impianti le imprese iscritte negli appositi registri od albi, ed in possesso di specifici requisiti tecnico-professionali (artt. 2, 3, L. 46/90).
Dal canto suo «il condominio, quale committente delle opere, sarà tenuto, in conformità di quanto previsto dall’art. 10, ad affidare i lavori di installazione, di trasformazione e di manutenzione degli impianti solo ad imprese abilitate ai sensi dell’art. 2. Spetta invece all’amministratore, in esecuzione delle funzioni conferitegli dal condominio — che egli deve adempiere con la cosiddetta diligenza del buon padre di famiglia — informare i condòmini della necessità di provvedere [...] alla realizzazione delle opere di adeguamento degli impianti tecnici esistenti nell’edificio condominiale» (LOVATI, MONEGAT).
Per l’installazione, la trasformazione e l’ampliamento degli impianti di cui alle lettere a), b), c), e) e g) è obbligatoria la redazione di un progetto da parte di professionisti, iscritti negli albi professionali, nell’ambito delle rispettive competenze (art. 4, L. 46/90). Le imprese installatrici devono eseguire gli impianti a regola d’arte, utilizzando materiali parimenti costruiti a regola d’arte (art. 7, L. 46/90).
Al termine dei lavori l’impresa installatrice è tenuta a rilasciare una dichiarazione di conformità delle opere realizzate alle norme di legge (art. 9, L. 46/90). Il sindaco rilascia il certificato di abitabilità o di agibilità dopo aver acquisito la dichiarazione di conformità o il certificato di collaudo degli impianti installati, ove previsto (art. 11, L. 46/90).
Gli impianti di uso comune già esistenti vanno adeguati alle norme della legge sulla sicurezza degli impianti entro il 31 dicembre 1998, ai sensi della L. 266/97 (art. 31). Il mancato adeguamento comporta una sanzione amministrativa, nei confronti dell’amministratore inadempiente, compresa tra Lire 500.000 e Lire 5 milioni (TAMBORRINO).
Quanto alla natura delle opere di adeguamento, «si ritiene che dette opere abbiano carattere di manutenzione e che pertanto sia necessaria la maggioranza semplice per l’approvazione delle delibere, anche quando ciò comporti interventi su parti comuni che costituirebbero innovazioni, purché essi siano strettamente dipendenti dalla necessità di eseguire gli adeguamenti» (SFORZA). Nel caso in cui gli adeguamenti si rendano necessari al fine del rispetto delle previsioni di legge, l’assemblea è tenuta ad assumere le necessarie delibere. In caso di mancata deliberazione, è applicabile alla fattispecie l’art. 1105, ult. co., c.c., ai sensi del quale se non si prendono i provvedimenti necessari per l’amministrazione della cosa comune, ciascun partecipante può ricorrere all’autorità giudiziaria.