Rovina di edifici

Diritto penale - Ai sensi dell’art. 676 c.p., chiunque abbia avuto parte nel progetto o nei lavori concernenti un edificio o un’altra costruzione, che poi, per sua colpa, rovini, è punito con l’ammenda non inferiore a lire duecentomila.
Nonostante la generica formulazione della norma, che apparentemente persegue «chiunque» abbia partecipato al progetto o ai lavori, è di tutta evidenza come soggetto attivo del reato possa essere soltanto il progettista o il costruttore. Per «rovina» deve intendersi il crollo, il disfacimento o il distacco improvviso di una parte rilevante dell’edificio. L’illecito è punibile esclusivamente a titolo di colpa, perché la sussistenza del dolo integrerebbe la diversa fattispecie di «crollo di costruzioni o altri disastri dolosi» (art. 434 c.p.).
Il reato è aggravato se dal fatto sia derivato pericolo alle persone. In tal caso, infatti, la pena è dell’arresto fino a sei mesi ovvero dell’ammenda non inferiore a lire seicentomila.
Diritto civile
- Sul piano delle conseguenze civilistiche, la rovina dell’edificio determina in capo al proprietario il sorgere di una obbligazione risarcitoria se l’incidente è dovuto a «difetto di manutenzione» o a «vizio di costruzione». In quest’ultimo caso, il proprietario può rivalersi nei confronti del costruttore-appaltatore, ai sensi dell’art. 1669 c.c., qualora abbia tempestivamente denunciato il vizio di costruzione (entro l’anno dalla scoperta) e non siano trascorsi dieci anni dal compimento dell’opera.