Riscaldamento

Generalità - L’impianto di riscaldamento centralizzato (fig. 29) distribuisce, mediante un’unica centrale termica, calore in tutte le unità abitabili dell’edificio condominiale. Esso viene gestito a cura dell’amministratore con l’osservanza della normativa relativa al risparmio energetico. Gli impianti di riscaldamento autonomo, per converso, forniscono calore alle singole unità abitative, e la loro gestione è riservata ai proprietari di queste ultime (TAMBORRINO).
Gli impianti di riscaldamento centralizzato, ai sensi dell’art. 1117, n. 3, c.c., si presumono di proprietà comune, se il contrario non risulta dal titolo, fino al punto di diramazione degli impianti stessi ai locali di proprietà esclusiva dei singoli condòmini. Qualora l’impianto sia stato installato dopo la costituzione del condominio, a spese di una parte soltanto dei condòmini, esso deve ritenersi di proprietà di questi ultimi, fatta salva la possibilità, da parte degli altri, di allacciarvisi in un secondo tempo, pagando una somma a titolo di contribuzione alle spese di impianto ed esercizio.
Gli impianti autonomi, invece, sono di proprietà dei singoli condòmini proprietari delle unità abitative servite.
Trasformazione dell’impianto e distacco
- La maggior parte dei condomìni, soprattutto quelli di grandi dimensioni, sono dotati di impianto di riscaldamento centralizzato. Tuttavia negli ultimi anni si sta verificando un ritorno al «riscaldamento autonomo», ed è quindi opportuno analizzare quali siano le problematiche inerenti alla trasformazione dell’impianto da centralizzato ad unifamiliare e quelle relative al distacco di un singolo condòmino dall’impianto comune.
Quanto al primo punto, «si osserva che la trasformazione dell’impianto di riscaldamento centralizzato in impianti autonomi richiede il consenso unanime di tutti i condòmini, cioè un atto negoziale, poiché l’abbandono del detto impianto e la rinuncia alle precedenti modalità di riscaldamento, la necessità di nuove opere e relativi oneri di spesa non possono essere imposti al condòmino dissenziente, trattandosi di innovazioni vietate ai sensi dell’art. 1120, 2° co., c.c.» (SFORZA). Questo principio subisce tuttavia delle deroghe qualora il condominio intenda operare nell’ambito di applicabilità della L. 10/91. L’art. 26, 2° co., della citata legge, infatti, stabilisce che per gli interventi in parti comuni di edifici volti al contenimento del consumo energetico, sono valide le deliberazioni assembleari assunte a maggioranza delle quote millesimali. Tali interventi consistono nella trasformazione degli impianti centralizzati di riscaldamento in impianti unifamiliari a gas per il riscaldamento e la produzione di acqua calda sanitaria, dotati di sistema automatico di regolazione della temperatura.
Secondo parte della giurisprudenza la delibera è valida anche se non accompagnata dal progetto di opere corredato dalla relazione tecnica di conformità di cui all’art. 28, 1° co., L. 10/91 cit., attenendo il progetto stesso alla successiva fase di esecuzione della delibera (Cass. 1-7-1997, n. 5843; Trib. Avellino 19-12-1996, n. 1246). Un altro orientamento, invece, propende per la nullità della delibera assunta in assenza del suddetto progetto, sul rilievo che essa non consentirebbe ai condòmini dissenzienti di verificare che il sacrificio del loro diritto al mantenimento del servizio comune risponda alle finalità ed alle prescrizioni di legge (Trib. Roma 3-3-1993, n. 3390; Trib. Chiavari 3-5-1995, n. 151; Trib. Trani 6-3-1996). La delibera vincola anche i dissenzienti, i quali non potranno continuare ad usufruire del riscaldamento centrale, neanche modificandolo opportunamente (TAMBORRINO).
Qualora alcuni dei condòmini decidano, unilateralmente, di distaccare le proprie unità immobiliari dall’impianto centralizzato, gli stessi non possono sottrarsi al contributo per le spese di conservazione dell’impianto medesimo, non essendo configurabile una rinuncia alla sua comproprietà, ma sono esonerati dalle spese per l’uso, in quanto il contributo per queste ultime è commisurato al godimento che i condòmini possono ricavare dalla cosa comune (Cass. 20-11-1996, n. 10214). D’altro canto la giurisprudenza ha affermato che, essendo l’impianto centralizzato normalmente progettato, dimensionato e costruito in funzione dei complessivi volumi interni dell’edificio cui deve assicurare un equilibrio termico di base, prevenendo e distribuendo le dispersioni di calore attraverso i solai e conferendo un apporto calorico alle parti comuni dell’immobile, il distacco da parte di uno o alcuni dei condòmini deve ritenersi vietato in quanto incide negativamente sulla destinazione obiettiva della cosa comune, determinando uno squilibrio termico che può essere eliminato solo con un aggravio delle spese di esercizio per i condòmini che continuano a servirsi dell’impianto centralizzato. Il distacco è, invece, consentito:
a) quando è autorizzato da una norma del regolamento contrattuale di condominio o dalla unanimità dei partecipanti alla comunione;
b) quando, da parte dei condòmini interessati al distacco, venga fornita la prova che da questo non possa derivare alcun inconveniente (Cass. 30-11-1984, n. 6269);
c) quando, in considerazione delle particolari caratteristiche tecniche dell’impianto, comporti una effettiva proporzionale riduzione del consumo, con esclusione di aggravi di sorta per gli altri condòmini (Trib. Milano 7-10-1991).
Vizi dell’impianto
- Nel caso di insufficiente riscaldamento di un appartamento, dipendente da una deficienza nell’organizzazione e conduzione dell’impianto comune, l’amministrazione condominiale è tenuta ad eliminare ogni vizio o difetto dell’impianto, risarcendo il singolo partecipante danneggiato (Trib. Milano 26-1-1989, n. 680).
Sicurezza
- Di particolare rilievo, in materia di sicurezza degli impianti di riscaldamento, è la L. 46/90. Per l’installazione, la trasformazione o l’ampliamento di tali impianti è obbligatoria la redazione di un progetto da parte di soggetti iscritti negli albi professionali; tale progetto dovrà essere preceduto da una perizia e dal capitolato dei lavori. Sono esclusi dalla redazione del progetto i lavori concernenti l’ordinaria manutenzione degli impianti.
Utilizzo dell’impianto
- L’utilizzo del riscaldamento, prima della crisi petrolifera degli anni ’70, era lasciato alla libera determinazione dei condomìni o era determinata dal regolamento di condominio o dalle consuetudini. Dopo tale crisi l’utilizzo è stato regolarizzato (cfr. D.M. 7-10-1991), con la conseguenza che nella maggior parte delle zone climatiche italiane essi devono essere spenti dalle 23 alle 5, con eccezioni che variano da zona a zona. In presenza di tali limitazioni, i condòmini possono decidere in assemblea solo una eventuale riduzione del periodo di attività del servizio di riscaldamento rispetto a quello massimo fissato dalla legge (TAMBORRINO).