Portone d’ingresso

Per portoni di ingresso devono intendersi quelle aperture che permettono l’accesso allo stabile condominiale, mettendo l’interno di quest’ultimo in comunicazione con la strada.
Essi sono oggetto di proprietà comune dei proprietari dei diversi piani o porzioni di piano, se il contrario non risulta dal titolo (art. 1117, n. 1, c.c.).
Il portone di ingresso, strutturalmente e funzionalmente destinato al servizio di due corpi di fabbrica appartenenti a proprietari diversi, ma costituenti un’unica entità immobiliare, si presume oggetto di comunione dei predetti proprietari, ancorché costruito da uno solo di essi, salvo che il contrario risulti dal titolo (Cass. 15-11-1977, n. 4986).
La presunzione legale di comproprietà, inoltre, è applicabile, per analogia, anche quando non si tratti del portone di un edificio diviso per piani, bensì di un portone costruito per dare accesso, necessario o comodo, a due o più edifici limitrofi, aventi le caratteristiche di edifici autonomi (Cass. 14-10-1970, n. 2013).
Con riguardo alla chiusura notturna del portone, la delibera assembleare che la stabilisca costituisce espressione dell’uso normale del portone per garantire la sicurezza delle abitazioni, e deve considerarsi pertanto legittima, in quanto non impedisce l’esercizio dei diritti dei singoli condòmini sull’androne (Cass. 29-3-1963, n. 779).
È invece illegittima la delibera con cui si stabilisca a maggioranza di affidare le chiavi del portone solo al portiere o ad un condòmino, essendo in un simile caso necessaria l’unanimità.
La delibera assembleare che disponga la chiusura permanente del portone senza prevedere alcuna misura che ne consenta l’agevole apertura da parte dei soggetti legittimati al passaggio automobilistico deve considerarsi nulla (Trib. Milano 9-3-1989).
Resta da domandarsi se la sostituzione della serratura manuale del portone con una elettrocomandata debba considerarsi una innovazione, con la conseguente necessità della maggioranza prevista dall’art. 1136, 5° co., c.c., per la validità della relativa delibera. Per la verità non sembra che, in questo caso, la sostituzione possa configurare una innovazione strictu sensu, in quanto essa, lungi dal comportare un mutamento di destinazione del bene comune, risponde esclusivamente allo scopo di assicurare un godimento più comodo del bene comune. Nel caso, invece, di sostituzione di una serratura elettrocomandata con una manuale, l’opera assume i connotati di un’innovazione vietata ai sensi dell’art. 1120 c.c., in quanto, costringendo a scendere le scale per aprire il portone, determina o può determinare una evidente compressione alla facoltà di godimento della cosa comune e della stessa proprietà esclusiva nei confronti di chi soffre di gravi limitazioni fisiche (Trib. Milano 1-3-1993).