Piccolo condominio
Per piccolo condominio (o condominio minimo) deve intendersi quella collettività condominiale composta da due soli partecipanti.
L’alternativa tra il ricondurre tale figura alla disciplina del condominio o a quella della comunione costituisce l’oggetto di un dibattito tuttora aperto.
A favore della seconda soluzione milita il rilievo che nel condominio con due soli partecipanti non è possibile la formazione di una maggioranza (tres non duo faciunt collegium), con la conseguente esclusione della possibilità, sulla quale il concetto stesso di condominio è imperniato, che l’assemblea si costituisca e deliberi con i quorum stabiliti dall’art. 1136 c.c.
Per converso si è osservato che elemento caratterizzante il condominio è la destinazione funzionale di alcune parti dell’edificio (quelle c.d. comuni) al servizio delle proprietà esclusive, e che questa destinazione esiste in modo identico in tutte le ipotesi di convivenza condominiale, indipendentemente dal numero dei condòmini (quindi anche nei condomìni con due soli partecipanti). Conseguenza di questa diversa impostazione, accolta anche dalla giurisprudenza, è che gli artt. 1117-1139 c.c. si applicano ad ogni tipo di condominio e, quindi, stante la mancanza di qualsivoglia previsione derogatoria, anche al condominio c.d. minimo, con la sola eccezione rappresentata dalle norme procedimentali relative al funzionamento dell’assemblea, in luogo delle quali devono ritenersi applicabili (in virtù del rinvio alla disciplina sulla comunione operato dall’art. 1139 c.c. per tutto quanto non espressamente previsto dagli artt. 1117 e ss. c.c.) gli artt. 1104, 1105 e 1106 c.c., concernenti l’amministrazione della comunione in generale di cui il condominio negli edifici costituisce una specie (Cass. 24-4-1975, n. 1604; 26-5-1993, n. 5914).
Del resto l’impossibilità per l’assemblea di deliberare a maggioranza può verificarsi anche nei condomìni con un numero di partecipanti superiore a due, come potrebbe avvenire allorché i condòmini, essendo in numero pari (quattro o sei), si dividano in fazioni contrapposte dotate di eguale partecipazione numerica e rappresentanza millesimale. In tal caso ciascun condòmino può ricorrere all’autorità giudiziaria ex art. 1105, ult. co., c.c. (Trib. Genova 6-6-1994).
L’alternativa tra il ricondurre tale figura alla disciplina del condominio o a quella della comunione costituisce l’oggetto di un dibattito tuttora aperto.
A favore della seconda soluzione milita il rilievo che nel condominio con due soli partecipanti non è possibile la formazione di una maggioranza (tres non duo faciunt collegium), con la conseguente esclusione della possibilità, sulla quale il concetto stesso di condominio è imperniato, che l’assemblea si costituisca e deliberi con i quorum stabiliti dall’art. 1136 c.c.
Per converso si è osservato che elemento caratterizzante il condominio è la destinazione funzionale di alcune parti dell’edificio (quelle c.d. comuni) al servizio delle proprietà esclusive, e che questa destinazione esiste in modo identico in tutte le ipotesi di convivenza condominiale, indipendentemente dal numero dei condòmini (quindi anche nei condomìni con due soli partecipanti). Conseguenza di questa diversa impostazione, accolta anche dalla giurisprudenza, è che gli artt. 1117-1139 c.c. si applicano ad ogni tipo di condominio e, quindi, stante la mancanza di qualsivoglia previsione derogatoria, anche al condominio c.d. minimo, con la sola eccezione rappresentata dalle norme procedimentali relative al funzionamento dell’assemblea, in luogo delle quali devono ritenersi applicabili (in virtù del rinvio alla disciplina sulla comunione operato dall’art. 1139 c.c. per tutto quanto non espressamente previsto dagli artt. 1117 e ss. c.c.) gli artt. 1104, 1105 e 1106 c.c., concernenti l’amministrazione della comunione in generale di cui il condominio negli edifici costituisce una specie (Cass. 24-4-1975, n. 1604; 26-5-1993, n. 5914).
Del resto l’impossibilità per l’assemblea di deliberare a maggioranza può verificarsi anche nei condomìni con un numero di partecipanti superiore a due, come potrebbe avvenire allorché i condòmini, essendo in numero pari (quattro o sei), si dividano in fazioni contrapposte dotate di eguale partecipazione numerica e rappresentanza millesimale. In tal caso ciascun condòmino può ricorrere all’autorità giudiziaria ex art. 1105, ult. co., c.c. (Trib. Genova 6-6-1994).