Perimento e ricostruzione dell’edificio
Generalità - L’art. 1128 c.c. stabilisce che se l’edificio perisce interamente o per una parte che rappresenti i tre quarti del suo valore, ciascuno dei condòmini può richiedere la vendita all’asta del suolo e dei materiali, salvo che sia stato diversamente convenuto.
Nel caso di perimento di una parte minore, l’assemblea dei condòmini delibera circa la ricostruzione delle parti comuni dell’edificio, e ciascuno è tenuto a concorrervi in proporzione dei suoi diritti sulle parti stesse.
L’indennità corrisposta per l’assicurazione relativa alle parti comuni è destinata alla ricostruzione di queste.
Il condòmino che non intende partecipare alla ricostruzione dell’edificio è tenuto a cedere agli altri condòmini i suoi diritti, anche sulle parti di sua esclusiva proprietà, secondo la stima che ne sarà fatta, salvo che non preferisca cedere i diritti stessi ad alcuni soltanto dei condòmini.
Quanto all’ambito di applicabilità della norma, va precisato che il perimento dell’edificio deve dipendere da fatti estranei alla volontà dei condòmini, sicché rientrano nella fattispecie i crolli dovuti a vetustà, difetti di manutenzione, esplosioni o disastri naturali (es. sisma). Rimane, invece, estranea all’ambito di applicabilità della norma l’ipotesi di demolizione dell’edificio, per volontà dei condòmini, a scopo di ricostruzione, salvo che la demolizione si sia resa necessaria per evitare crolli conseguenti alla vetustà dell’edificio, che avrebbero potuto cagionare danni a persone e cose (Cass. 28-6-1980, n. 4102).
L’art. 1128 c.c. prende in esame due diverse ipotesi: il 1° co. prevede il caso in cui l’edificio sia perito totalmente o il suo valore sia ridotto a non oltre un quarto di quello originario, mentre il 2° co. prevede il perimento di una parte minore dell’edificio, ovvero inferiore ai tre quarti. Il problema da affrontare, dunque, è quello relativo alla determinazione del valore della parte dell’edificio che sia perita. La soluzione che ha raccolto i maggiori consensi in dottrina (VISCO, SALIS, PERETTI GRIVA, TERZAGO) è quella in base alla quale è necessario avere riguardo al valore che l’edificio aveva prima della distruzione, senza considerare il suolo.
Perimento totale - Nel caso di perimento totale o dei tre quarti, il condominio si estingue ed al suolo e ai materiali di risulta si applicano le regole sulla comunione. Di questi ultimi beni ciascun condòmino può chiedere la vendita all’asta, salvo che sia diversamente convenuto. La relativa deroga può risultare, oltre che dal titolo, da un contratto o dal regolamento approvato da tutti i condòmini.
La ricostruzione del fabbricato può avvenire solo con la unanime volontà dei condòmini, cioè in seguito ad accordi tra di loro, essendosi esaurito il potere deliberativo dell’assemblea. I condòmini dissenzienti non sono vincolati a contribuire alle spese di ricostruzione (SFORZA).
Viene da domandarsi, tuttavia, cosa succeda nel caso in cui la ricostruzione sia eseguita su iniziativa di uno o alcuni dei condòmini, senza il consenso degli altri. Secondo la giurisprudenza ciascun condòmino ha il diritto di ricostruire, qualora ciò si rendesse necessario per il godimento di parti di proprietà esclusiva, oltre a queste ultime, anche parti originariamente di proprietà comune o di proprietà esclusiva di altri condòmini. Perciò ove uno dei condòmini proceda di sua esclusiva iniziativa alla ricostruzione secondo le caratteristiche sostanziali del fabbricato preesistente ed in modo da riprodurre le singole unità immobiliari che vi erano comprese, gli altri non possono chiedere la demolizione della costruzione, ma hanno l’alternativa tra il cedere al costruttore le loro quote o il concorrere alle spese di ricostruzione e riavere le loro unità immobiliari. Non può, invece, parlarsi di ricostruzione nel caso in cui un condòmino occupi il suolo comune di risulta con parte di un edificio diverso, da lui costruito su un’area attigua di sua proprietà esclusiva. Con la conseguenza che gli altri condòmini possono chiedere, a norma dell’art. 2933 c.c., la riduzione in pristino relativamente al suolo comune illegittimamente occupato (Cass. 21-10-1974, n. 2988).
Con il perimento totale dell’edificio il condominio viene meno e permane solo la comunione sul suolo e sui materiali di risulta. Se il fabbricato viene ricostruito come era in precedenza, si ripristina il condominio, mentre nel caso di ricostruzione eseguita ad iniziativa di alcuni soltanto dei condòmini, con caratteristiche sostanziali diverse da quelle del preesistente fabbricato il condominio stesso non rinasce e quanto edificato costituisce un’opera realizzata sul suolo comune, come tale soggetta alla disciplina della accessione e, quindi, da attribuire secondo le quote originarie ai comproprietari del suolo (Cass. 3-10-1991, n. 10314).
Perimento parziale - L’art. 1128, 2° co., c.c. prevede l’ipotesi del perimento di una parte dell’edificio inferiore ai tre quarti del suo valore. In tale ipotesi l’assemblea dei condòmini delibera circa la ricostruzione delle parti comuni dell’edificio e ciascuno è tenuto a concorrervi in proporzione dei suoi diritti sulle parti stesse. Il fatto che la norma parli espressamente di «assemblea dei condòmini» è sufficiente per affermare che con il perimento parziale dell’edificio il condominio ed i suoi organi non vengono meno.
La delibera che stabilisca la ricostruzione dell’edificio deve essere adottata con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti ed almeno la metà del valore dell’edificio (art. 1136, 2° co., c.c.). L’assemblea può deliberare soltanto la ricostruzione delle parti comuni ma non il rifacimento dei singoli piani, inerendo quest’ultimo alla sfera individuale di ciascun condòmino, salvo che la sua mancata realizzazione impedisca la ricostruzione delle stesse parti comuni. Il condòmino, dal canto suo, non è obbligato a ricostruire la propria unità immobiliare, salvo che ciò si renda indispensabile al fine della ricostruzione di parti comuni dell’edificio.
La mancanza della delibera assembleare di ricostruzione o, addirittura, l’esistenza di una delibera contraria, non impedisce ai singoli condòmini di ricostruire le loro unità immobiliari parzialmente perite e, conseguentemente, le parti comuni necessarie al godimento di esse (Cass. 25-10-1980, n. 5762). Parte della giurisprudenza ha tuttavia affermato che l’assemblea dei condòmini ha un vero è proprio obbligo di deliberare la ricostruzione delle parti comuni, con la conseguenza che il condòmino ha il diritto di pretendere che tali opere siano compiute (Cass. 2-8-1968, n. 2767).
Indennità di assicurazione - L’art. 1128, 3° co., c.c. stabilisce che l’indennità corrisposta per l’assicurazione delle parti comuni è destinata alla ricostruzione di queste. Tale indennità viene, in tal modo, vincolata alla ricostruzione delle parti per le quali l’assicurazione era stata contratta, con divieto per la maggioranza (ma non per l’unanimità) di distoglierla ad altri scopi. Questa possibilità deve tuttavia ammettersi nell’ipotesi in cui la maggioranza dei condòmini decida di non ricostruire.
Ai sensi dell’ult. co. dell’art. 1128 c.c., il condòmino che non intende partecipare alla ricostruzione dell’edificio è tenuto a cedere agli altri condòmini i suoi diritti. Tale obbligo, in mancanza di spontanea adesione, può essere imposto giudiziariamente (SFORZA). Per la cessione è necessaria la forma scritta.
Nel caso di perimento di una parte minore, l’assemblea dei condòmini delibera circa la ricostruzione delle parti comuni dell’edificio, e ciascuno è tenuto a concorrervi in proporzione dei suoi diritti sulle parti stesse.
L’indennità corrisposta per l’assicurazione relativa alle parti comuni è destinata alla ricostruzione di queste.
Il condòmino che non intende partecipare alla ricostruzione dell’edificio è tenuto a cedere agli altri condòmini i suoi diritti, anche sulle parti di sua esclusiva proprietà, secondo la stima che ne sarà fatta, salvo che non preferisca cedere i diritti stessi ad alcuni soltanto dei condòmini.
Quanto all’ambito di applicabilità della norma, va precisato che il perimento dell’edificio deve dipendere da fatti estranei alla volontà dei condòmini, sicché rientrano nella fattispecie i crolli dovuti a vetustà, difetti di manutenzione, esplosioni o disastri naturali (es. sisma). Rimane, invece, estranea all’ambito di applicabilità della norma l’ipotesi di demolizione dell’edificio, per volontà dei condòmini, a scopo di ricostruzione, salvo che la demolizione si sia resa necessaria per evitare crolli conseguenti alla vetustà dell’edificio, che avrebbero potuto cagionare danni a persone e cose (Cass. 28-6-1980, n. 4102).
L’art. 1128 c.c. prende in esame due diverse ipotesi: il 1° co. prevede il caso in cui l’edificio sia perito totalmente o il suo valore sia ridotto a non oltre un quarto di quello originario, mentre il 2° co. prevede il perimento di una parte minore dell’edificio, ovvero inferiore ai tre quarti. Il problema da affrontare, dunque, è quello relativo alla determinazione del valore della parte dell’edificio che sia perita. La soluzione che ha raccolto i maggiori consensi in dottrina (VISCO, SALIS, PERETTI GRIVA, TERZAGO) è quella in base alla quale è necessario avere riguardo al valore che l’edificio aveva prima della distruzione, senza considerare il suolo.
Perimento totale - Nel caso di perimento totale o dei tre quarti, il condominio si estingue ed al suolo e ai materiali di risulta si applicano le regole sulla comunione. Di questi ultimi beni ciascun condòmino può chiedere la vendita all’asta, salvo che sia diversamente convenuto. La relativa deroga può risultare, oltre che dal titolo, da un contratto o dal regolamento approvato da tutti i condòmini.
La ricostruzione del fabbricato può avvenire solo con la unanime volontà dei condòmini, cioè in seguito ad accordi tra di loro, essendosi esaurito il potere deliberativo dell’assemblea. I condòmini dissenzienti non sono vincolati a contribuire alle spese di ricostruzione (SFORZA).
Viene da domandarsi, tuttavia, cosa succeda nel caso in cui la ricostruzione sia eseguita su iniziativa di uno o alcuni dei condòmini, senza il consenso degli altri. Secondo la giurisprudenza ciascun condòmino ha il diritto di ricostruire, qualora ciò si rendesse necessario per il godimento di parti di proprietà esclusiva, oltre a queste ultime, anche parti originariamente di proprietà comune o di proprietà esclusiva di altri condòmini. Perciò ove uno dei condòmini proceda di sua esclusiva iniziativa alla ricostruzione secondo le caratteristiche sostanziali del fabbricato preesistente ed in modo da riprodurre le singole unità immobiliari che vi erano comprese, gli altri non possono chiedere la demolizione della costruzione, ma hanno l’alternativa tra il cedere al costruttore le loro quote o il concorrere alle spese di ricostruzione e riavere le loro unità immobiliari. Non può, invece, parlarsi di ricostruzione nel caso in cui un condòmino occupi il suolo comune di risulta con parte di un edificio diverso, da lui costruito su un’area attigua di sua proprietà esclusiva. Con la conseguenza che gli altri condòmini possono chiedere, a norma dell’art. 2933 c.c., la riduzione in pristino relativamente al suolo comune illegittimamente occupato (Cass. 21-10-1974, n. 2988).
Con il perimento totale dell’edificio il condominio viene meno e permane solo la comunione sul suolo e sui materiali di risulta. Se il fabbricato viene ricostruito come era in precedenza, si ripristina il condominio, mentre nel caso di ricostruzione eseguita ad iniziativa di alcuni soltanto dei condòmini, con caratteristiche sostanziali diverse da quelle del preesistente fabbricato il condominio stesso non rinasce e quanto edificato costituisce un’opera realizzata sul suolo comune, come tale soggetta alla disciplina della accessione e, quindi, da attribuire secondo le quote originarie ai comproprietari del suolo (Cass. 3-10-1991, n. 10314).
Perimento parziale - L’art. 1128, 2° co., c.c. prevede l’ipotesi del perimento di una parte dell’edificio inferiore ai tre quarti del suo valore. In tale ipotesi l’assemblea dei condòmini delibera circa la ricostruzione delle parti comuni dell’edificio e ciascuno è tenuto a concorrervi in proporzione dei suoi diritti sulle parti stesse. Il fatto che la norma parli espressamente di «assemblea dei condòmini» è sufficiente per affermare che con il perimento parziale dell’edificio il condominio ed i suoi organi non vengono meno.
La delibera che stabilisca la ricostruzione dell’edificio deve essere adottata con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti ed almeno la metà del valore dell’edificio (art. 1136, 2° co., c.c.). L’assemblea può deliberare soltanto la ricostruzione delle parti comuni ma non il rifacimento dei singoli piani, inerendo quest’ultimo alla sfera individuale di ciascun condòmino, salvo che la sua mancata realizzazione impedisca la ricostruzione delle stesse parti comuni. Il condòmino, dal canto suo, non è obbligato a ricostruire la propria unità immobiliare, salvo che ciò si renda indispensabile al fine della ricostruzione di parti comuni dell’edificio.
La mancanza della delibera assembleare di ricostruzione o, addirittura, l’esistenza di una delibera contraria, non impedisce ai singoli condòmini di ricostruire le loro unità immobiliari parzialmente perite e, conseguentemente, le parti comuni necessarie al godimento di esse (Cass. 25-10-1980, n. 5762). Parte della giurisprudenza ha tuttavia affermato che l’assemblea dei condòmini ha un vero è proprio obbligo di deliberare la ricostruzione delle parti comuni, con la conseguenza che il condòmino ha il diritto di pretendere che tali opere siano compiute (Cass. 2-8-1968, n. 2767).
Indennità di assicurazione - L’art. 1128, 3° co., c.c. stabilisce che l’indennità corrisposta per l’assicurazione delle parti comuni è destinata alla ricostruzione di queste. Tale indennità viene, in tal modo, vincolata alla ricostruzione delle parti per le quali l’assicurazione era stata contratta, con divieto per la maggioranza (ma non per l’unanimità) di distoglierla ad altri scopi. Questa possibilità deve tuttavia ammettersi nell’ipotesi in cui la maggioranza dei condòmini decida di non ricostruire.
Ai sensi dell’ult. co. dell’art. 1128 c.c., il condòmino che non intende partecipare alla ricostruzione dell’edificio è tenuto a cedere agli altri condòmini i suoi diritti. Tale obbligo, in mancanza di spontanea adesione, può essere imposto giudiziariamente (SFORZA). Per la cessione è necessaria la forma scritta.