Nullità e annullabilità delle deliberazioni assembleari
Secondo l’impostazione accolta dalla dottrina e dalla giurisprudenza prevalenti, sono annullabili le deliberazioni affette da vizi formali (per inosservanza di norme legali, convenzionali o regolamentari sul procedimento di convocazione e di preventiva informazione dei condòmini), da incompetenza (in quanto sconfinino nel campo riservato all’amministratore), da eccesso di potere, o che, pur essendo contrarie alla legge, concernano un oggetto rientrante nelle attribuzioni dell’assemblea.
Sono nulle, invece, le deliberazioni prive di elementi essenziali o affette da vizi attinenti alla costituzione dell’assemblea (ad esempio, perché adottate senza il previo invito di tutti i condòmini o con una maggioranza inferiore a quella prescritta dalla legge), quelle aventi un oggetto impossibile o illecito, quelle che ledono i diritti del singolo condòmino sulle parti e sui servizi comuni o sulla sua porzione di piano, ovvero che concernono un oggetto esorbitante dalle attribuzioni dell’assemblea e dell’amministratore.
Le deliberazioni annullabili devono essere impugnate, a pena di decadenza, nel termine di trenta giorni decorrente, per i condòmini dissenzienti, dalla data della deliberazione, e per quelli assenti, dalla data in cui la deliberazione stessa venga loro comunicata (art. 1137 c.c.).
L’azione di annullamento è proponibile anche dagli astenuti i quali, pur non avendo espresso alcun voto, sostanzialmente non hanno approvato la deliberazione, a nulla rilevando la circostanza che, al momento di votare, essi abbiano formulato una riserva da sciogliere dopo la seduta (Cass. 9-12-1988, n. 6671). Anzi si è affermato che i condòmini astenuti sciolgono, proprio attraverso l’impugnazione, in senso sfavorevole alla delibera, la riserva di esprimere il loro parere su di essa successivamente alla conclusione dell’assemblea.
La possibilità di avvalersi del rimedio riconosciuto dall’art. 1137 c.c. deve, invece, ritenersi esclusa per i condòmini assenzienti, cioè per quelli che abbiano votato in maniera conforme alla deliberazione. La ragione di questa esclusione è essenzialmente da individuarsi nel fatto che gli assenzienti, a differenza dei condòmini astenuti, sono privi, sul piano sostanziale, di un interesse giuridico ad impugnare la delibera, dal momento che l’impugnazione tenderebbe, in tale ipotesi, a porre nel nulla una volontà (quella dell’organo deliberativo del condominio) alla cui formazione essi stessi hanno contribuito con il loro voto favorevole.
L’art. 1137 c.c. — che, peraltro, è inderogabile (art. 1138, ult. co., c.c.) — non si applica alle deliberazioni nulle, le quali, a norma dell’art. 1421 c.c., sono impugnabili in ogni tempo da chiunque vi abbia interesse, compreso il condòmino che abbia partecipato, con il proprio voto favorevole, alla loro formazione, salvo che questi, con tale voto, si sia assunto o abbia riconosciuto una sua personale obbligazione (Cass. 19-2-1997, n. 1511).
Sono nulle, invece, le deliberazioni prive di elementi essenziali o affette da vizi attinenti alla costituzione dell’assemblea (ad esempio, perché adottate senza il previo invito di tutti i condòmini o con una maggioranza inferiore a quella prescritta dalla legge), quelle aventi un oggetto impossibile o illecito, quelle che ledono i diritti del singolo condòmino sulle parti e sui servizi comuni o sulla sua porzione di piano, ovvero che concernono un oggetto esorbitante dalle attribuzioni dell’assemblea e dell’amministratore.
Le deliberazioni annullabili devono essere impugnate, a pena di decadenza, nel termine di trenta giorni decorrente, per i condòmini dissenzienti, dalla data della deliberazione, e per quelli assenti, dalla data in cui la deliberazione stessa venga loro comunicata (art. 1137 c.c.).
L’azione di annullamento è proponibile anche dagli astenuti i quali, pur non avendo espresso alcun voto, sostanzialmente non hanno approvato la deliberazione, a nulla rilevando la circostanza che, al momento di votare, essi abbiano formulato una riserva da sciogliere dopo la seduta (Cass. 9-12-1988, n. 6671). Anzi si è affermato che i condòmini astenuti sciolgono, proprio attraverso l’impugnazione, in senso sfavorevole alla delibera, la riserva di esprimere il loro parere su di essa successivamente alla conclusione dell’assemblea.
La possibilità di avvalersi del rimedio riconosciuto dall’art. 1137 c.c. deve, invece, ritenersi esclusa per i condòmini assenzienti, cioè per quelli che abbiano votato in maniera conforme alla deliberazione. La ragione di questa esclusione è essenzialmente da individuarsi nel fatto che gli assenzienti, a differenza dei condòmini astenuti, sono privi, sul piano sostanziale, di un interesse giuridico ad impugnare la delibera, dal momento che l’impugnazione tenderebbe, in tale ipotesi, a porre nel nulla una volontà (quella dell’organo deliberativo del condominio) alla cui formazione essi stessi hanno contribuito con il loro voto favorevole.
L’art. 1137 c.c. — che, peraltro, è inderogabile (art. 1138, ult. co., c.c.) — non si applica alle deliberazioni nulle, le quali, a norma dell’art. 1421 c.c., sono impugnabili in ogni tempo da chiunque vi abbia interesse, compreso il condòmino che abbia partecipato, con il proprio voto favorevole, alla loro formazione, salvo che questi, con tale voto, si sia assunto o abbia riconosciuto una sua personale obbligazione (Cass. 19-2-1997, n. 1511).