Modifica dei criteri di ripartizione delle spese da parte dell’assemblea
Ai sensi dell’art. 1123, 1° co., c.c., le spese necessarie per la conservazione e per il godimento delle parti comuni dell’edificio, per la prestazione dei servizi nell’interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza sono sostenute dai condòmini in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno, salva diversa convenzione.
Dal testo del citato articolo si ricava che il criterio legale di ripartizione delle spese è derogabile dall’accordo unanime dei condòmini, che è espressione della loro autonomia negoziale. Tale accordo può essere contenuto in un regolamento di condominio di natura contrattuale ovvero essere oggetto di una delibera assembleare adottata all’unanimità dei condòmini. Sarebbe nulla e, pertanto, impugnabile senza limitazioni di tempo, una delibera che, in mancanza di accordo unanime, disponesse una ripartizione delle spese in base a criteri diversi da quello legale, mentre sarebbe annullabile quella che in concreto ripartisse le spese in violazione dei criteri di ripartizione già stabiliti.
Il consenso unanime dei condòmini non richiede la forma scritta, ma può essere espresso anche per facta concludentia, dovendo, però, in ogni caso, la manifestazione tacita di volontà rapportarsi ad un comportamento univoco e concludente, dal quale possa desumersi inequivocabilmente la volontà di accettare la deroga (Cass. 16-7-1991, n. 7884).
Gli effetti di una deliberazione che deroghi al criterio stabilito dall’art. 1123 c.c. non si estendono, in base al disposto di cui all’art. 1372 c.c., agli aventi causa a titolo particolare dagli originari stipulanti, a meno che gli stessi non abbiano manifestato il loro consenso nei confronti degli altri condòmini, anche per fatti concludenti, attraverso una univoca manifestazione tacita di volontà, dalla quale possa desumersi un determinato intento con preciso valore sostanziale (Cass. 9-8-1996, n. 7353).
L’art. 1123 c.c., nel consentire la deroga convenzionale al criterio legale di ripartizione delle spese condominiali, non pone alcun limite all’autonomia dei condòmini, oltre alla necessità, come già detto in precedenza, dell’unanimità dell’accordo, con la conseguenza che deve ritenersi legittima non solo una convenzione che ripartisca le spese tra i condòmini in misura diversa da quella legale, ma anche quella che preveda l’esenzione totale o parziale per taluno dei condòmini di partecipare alle spese medesime (Cass. 16-12-1988, n. 6844).
Dal testo del citato articolo si ricava che il criterio legale di ripartizione delle spese è derogabile dall’accordo unanime dei condòmini, che è espressione della loro autonomia negoziale. Tale accordo può essere contenuto in un regolamento di condominio di natura contrattuale ovvero essere oggetto di una delibera assembleare adottata all’unanimità dei condòmini. Sarebbe nulla e, pertanto, impugnabile senza limitazioni di tempo, una delibera che, in mancanza di accordo unanime, disponesse una ripartizione delle spese in base a criteri diversi da quello legale, mentre sarebbe annullabile quella che in concreto ripartisse le spese in violazione dei criteri di ripartizione già stabiliti.
Il consenso unanime dei condòmini non richiede la forma scritta, ma può essere espresso anche per facta concludentia, dovendo, però, in ogni caso, la manifestazione tacita di volontà rapportarsi ad un comportamento univoco e concludente, dal quale possa desumersi inequivocabilmente la volontà di accettare la deroga (Cass. 16-7-1991, n. 7884).
Gli effetti di una deliberazione che deroghi al criterio stabilito dall’art. 1123 c.c. non si estendono, in base al disposto di cui all’art. 1372 c.c., agli aventi causa a titolo particolare dagli originari stipulanti, a meno che gli stessi non abbiano manifestato il loro consenso nei confronti degli altri condòmini, anche per fatti concludenti, attraverso una univoca manifestazione tacita di volontà, dalla quale possa desumersi un determinato intento con preciso valore sostanziale (Cass. 9-8-1996, n. 7353).
L’art. 1123 c.c., nel consentire la deroga convenzionale al criterio legale di ripartizione delle spese condominiali, non pone alcun limite all’autonomia dei condòmini, oltre alla necessità, come già detto in precedenza, dell’unanimità dell’accordo, con la conseguenza che deve ritenersi legittima non solo una convenzione che ripartisca le spese tra i condòmini in misura diversa da quella legale, ma anche quella che preveda l’esenzione totale o parziale per taluno dei condòmini di partecipare alle spese medesime (Cass. 16-12-1988, n. 6844).