Manutenzione (azione di)
L’azione di manutenzione ha, così come quella di reintegra, una larga applicazione nella materia condominiale, sia nei rapporti interni al condominio, sia nei rapporti tra il condominio e i terzi.
Il rimedio è rivolto contro gli atti che determinino una turbativa nel possesso (e, quindi, nel pacifico godimento del bene), e mira ad ottenere dal giudice un provvedimento che ordini all’autore la loro immediata cessazione.
La molestia che legittima il ricorso a questa forma di tutela può essere di diritto o di fatto. La molestia di fatto si concretizza in fatti materiali esteriori attraverso i quali il molestante opera direttamente e fisicamente sulla cosa oggetto dell’altrui possesso, producendo in genere, con opere o fatti nuovi, un mutamento esteriore del preesistente stato di fatto. Ne sono esempi lo scarico di liquami o di rifiuti o anche le immissioni di fumo.
La molestia di diritto consiste, invece, in una dichiarazione di volontà contenuta in un atto giudiziale o stragiudiziale volto a contestare l’altrui possesso senza necessariamente incidere sulla consistenza materiale della cosa e, quindi, senza la necessità di un mutamento obiettivo e concreto dello stato di fatto preesistente. Si pensi, ad esempio, all’intimazione, rivolta all’inquilino, di non pagare più il canone nelle mani del proprietario.
Il possesso, inoltre, ai fini della esperibilità del rimedio, deve durare continuamente ed ininterrottamente da oltre un anno e non deve essere stato acquistato violentemente o clandestinamente. La continuità significa che il possessore non deve aver abbandonato il bene, mentre il requisito della non interruzione si configura quando non ci sia stata azione da parte di terzi, o con l’esercizio del loro diritto in contrasto con il possesso (interruzione di diritto), generalmente attraverso la proposizione di una domanda giudiziale, ovvero privando, di fatto, il possessore del bene (TRABUCCHI).
L’azione, che è concessa anche contro gli atti di spoglio (qualora questi siano privi dei requisiti di violenza o clandestinità, dovendosi esperire, altrimenti, l’azione di reintegra), va proposta nel termine di un anno dall’avvenuta turbativa ovvero, nel caso di spoglio, dal giorno in cui questo è stato posto in essere.
Legittimati attivi sono sia l’amministratore, senza necessità di autorizzazione assembleare, sia i singoli condòmini, i quali possono agire anche per la tutela delle rispettive proprietà esclusive.
Il rimedio è rivolto contro gli atti che determinino una turbativa nel possesso (e, quindi, nel pacifico godimento del bene), e mira ad ottenere dal giudice un provvedimento che ordini all’autore la loro immediata cessazione.
La molestia che legittima il ricorso a questa forma di tutela può essere di diritto o di fatto. La molestia di fatto si concretizza in fatti materiali esteriori attraverso i quali il molestante opera direttamente e fisicamente sulla cosa oggetto dell’altrui possesso, producendo in genere, con opere o fatti nuovi, un mutamento esteriore del preesistente stato di fatto. Ne sono esempi lo scarico di liquami o di rifiuti o anche le immissioni di fumo.
La molestia di diritto consiste, invece, in una dichiarazione di volontà contenuta in un atto giudiziale o stragiudiziale volto a contestare l’altrui possesso senza necessariamente incidere sulla consistenza materiale della cosa e, quindi, senza la necessità di un mutamento obiettivo e concreto dello stato di fatto preesistente. Si pensi, ad esempio, all’intimazione, rivolta all’inquilino, di non pagare più il canone nelle mani del proprietario.
Il possesso, inoltre, ai fini della esperibilità del rimedio, deve durare continuamente ed ininterrottamente da oltre un anno e non deve essere stato acquistato violentemente o clandestinamente. La continuità significa che il possessore non deve aver abbandonato il bene, mentre il requisito della non interruzione si configura quando non ci sia stata azione da parte di terzi, o con l’esercizio del loro diritto in contrasto con il possesso (interruzione di diritto), generalmente attraverso la proposizione di una domanda giudiziale, ovvero privando, di fatto, il possessore del bene (TRABUCCHI).
L’azione, che è concessa anche contro gli atti di spoglio (qualora questi siano privi dei requisiti di violenza o clandestinità, dovendosi esperire, altrimenti, l’azione di reintegra), va proposta nel termine di un anno dall’avvenuta turbativa ovvero, nel caso di spoglio, dal giorno in cui questo è stato posto in essere.
Legittimati attivi sono sia l’amministratore, senza necessità di autorizzazione assembleare, sia i singoli condòmini, i quali possono agire anche per la tutela delle rispettive proprietà esclusive.