Impugnazione delle delibere dell’assemblea di condominio
Ai sensi dell’art. 1137 c.c., le deliberazioni dell’assemblea di condominio sono obbligatorie per tutti i condòmini.
Contro le deliberazioni contrarie alla legge o al regolamento di condominio ogni condòmino dissenziente può fare ricorso all’autorità giudiziaria, ma il ricorso non sospende l’esecuzione del provvedimento, salvo che la sospensione sia ordinata dall’autorità stessa.
Il ricorso deve essere proposto, a pena di decadenza, entro trenta giorni, che decorrono dalla data della deliberazione per i dissenzienti e dalla data della sua comunicazione per gli assenti.
La norma, ai sensi dell’art. 1138, ult. co., c.c., è inderogabile.
Quanto al concetto di violazione di legge, questa deve ritenersi sussistente allorquando non vengano osservate le norme procedimentali prescritte per l’adozione delle deliberazioni assembleari. Ulteriori vizi della delibera possono essere assimilabili all’eccesso di potere (allorquando la delibera, sebbene non sia nulla né inefficace, sia gravemente pregiudizievole alle cose o ai servizi comuni) ed all’incompetenza (che può essere rinvenuta ove l’assemblea invada la sfera di attribuzioni dell’amministratore).
Riguardo alla legittimazione ad impugnare, la giurisprudenza non è univoca. Alcune pronunce della Cassazione, infatti, escludono che sia legittimato ad impugnare chi, intervenuto in assemblea, si sia successivamente astenuto o si sia allontanato. La giurisprudenza di merito, invece, riconosce in via generale la legittimazione ad impugnare anche all’astenuto. Va condivisa quella impostazione che, cercando una soluzione di compromesso, afferma la necessità di operare una distinzione: l’astenuto non ha diritto ad impugnare perché con il proprio atteggiamento dimostra di non avere alcun interesse alla formazione della delibera; l’assente, o colui che si sia allontanato dall’assemblea prima del voto, invece, non avendo partecipato all’assunzione della delibera, può anche non condividerla, e dunque non gli si può negare la possibilità di impugnarla.
L’art. 1137, 2° co., c.c., stabilisce che l’autorità giudiziaria può ordinare la sospensione della delibera impugnata. Tale sospensione ha luogo allorquando vi sia il concreto pericolo di un danno irreparabile, e può essere revocata ove tale pericolo venga meno. Non è ammissibile un’azione mirante soltanto ad ottenere la sospensione della delibera, e non anche l’annullamento della stessa (Cass. 22-10-1959, n. 3033). Nel caso, poi, in cui un condòmino sia intervenuto all’assemblea di condominio a mezzo di un delegato, e quest’ultimo abbia approvato una delibera concernente un argomento non all’ordine del giorno, il condòmino potrà ugualmente impugnare la delibera, in quanto il delegato ha agito al di fuori dei limiti del suo mandato, non potendo la delega avere per oggetto un argomento non conosciuto dal delegante (Trib. Milano 6-4-1961, n. 1385).
Il regime fin qui esposto non si applica alle deliberazioni nulle, le quali sono impugnabili in ogni tempo da chiunque vi abbia interesse (e, quindi, anche dal condòmino che abbia partecipato con il suo voto favorevole alla formazione della delibera impugnata). Sono da considerarsi nulle le delibere che difettano di elementi essenziali o che sono state adottate al di fuori dell’assemblea, ovvero adottate senza che siano stati convocati tutti i condòmini. Sono, altresì, nulle le delibere adottate senza il rispetto delle prescritte maggioranze, siano esse costitutive o deliberative, o quelle con oggetto impossibile, illecito o indeterminato, o che dispongano innovazioni che non importano miglioramenti o miglior godimento delle cose comuni.
Sono, invece, da considerarsi affette da nullità relativa, e quindi impugnabili in ogni tempo dai soli condòmini dissenzienti che abbiano a risentire pregiudizio dall’applicazione della delibera, le deliberazioni che violano o ledono i diritti di alcuni o anche di un solo condòmino sui beni o i servizi comuni, o ne rendano difficile l’esercizio o lo disturbino sensibilmente.
La inapplicabilità della norma alle delibere nulle deriva dal fatto che esse sono improduttive di effetti giuridici e non acquistano alcuna forza vincolante per i condòmini e, dunque, non necessitano di impugnazione. Il condòmino «potrà agire davanti all’autorità giudiziaria per ottenere una pronuncia che dichiari la nullità, ma potrà anche assumere un comportamento di attesa ed aspettare di reagire sotto forma di eccezione alla domanda giudiziale, allorché il condominio avanzi pretese che si fondano sulla delibera nulla» (SFORZA).
L’onere della prova incombe sul condominio convenuto, per quanto attiene alla tempestività della convocazione dei condòmini, quale presupposto per la regolare costituzione dell’assemblea, mentre resta a carico dell’istante la dimostrazione dei vizi inerenti alla formazione della volontà dell’assemblea [vedi Nullità e annullabilità delle deliberazioni assembleari].
Contro le deliberazioni contrarie alla legge o al regolamento di condominio ogni condòmino dissenziente può fare ricorso all’autorità giudiziaria, ma il ricorso non sospende l’esecuzione del provvedimento, salvo che la sospensione sia ordinata dall’autorità stessa.
Il ricorso deve essere proposto, a pena di decadenza, entro trenta giorni, che decorrono dalla data della deliberazione per i dissenzienti e dalla data della sua comunicazione per gli assenti.
La norma, ai sensi dell’art. 1138, ult. co., c.c., è inderogabile.
Quanto al concetto di violazione di legge, questa deve ritenersi sussistente allorquando non vengano osservate le norme procedimentali prescritte per l’adozione delle deliberazioni assembleari. Ulteriori vizi della delibera possono essere assimilabili all’eccesso di potere (allorquando la delibera, sebbene non sia nulla né inefficace, sia gravemente pregiudizievole alle cose o ai servizi comuni) ed all’incompetenza (che può essere rinvenuta ove l’assemblea invada la sfera di attribuzioni dell’amministratore).
Riguardo alla legittimazione ad impugnare, la giurisprudenza non è univoca. Alcune pronunce della Cassazione, infatti, escludono che sia legittimato ad impugnare chi, intervenuto in assemblea, si sia successivamente astenuto o si sia allontanato. La giurisprudenza di merito, invece, riconosce in via generale la legittimazione ad impugnare anche all’astenuto. Va condivisa quella impostazione che, cercando una soluzione di compromesso, afferma la necessità di operare una distinzione: l’astenuto non ha diritto ad impugnare perché con il proprio atteggiamento dimostra di non avere alcun interesse alla formazione della delibera; l’assente, o colui che si sia allontanato dall’assemblea prima del voto, invece, non avendo partecipato all’assunzione della delibera, può anche non condividerla, e dunque non gli si può negare la possibilità di impugnarla.
L’art. 1137, 2° co., c.c., stabilisce che l’autorità giudiziaria può ordinare la sospensione della delibera impugnata. Tale sospensione ha luogo allorquando vi sia il concreto pericolo di un danno irreparabile, e può essere revocata ove tale pericolo venga meno. Non è ammissibile un’azione mirante soltanto ad ottenere la sospensione della delibera, e non anche l’annullamento della stessa (Cass. 22-10-1959, n. 3033). Nel caso, poi, in cui un condòmino sia intervenuto all’assemblea di condominio a mezzo di un delegato, e quest’ultimo abbia approvato una delibera concernente un argomento non all’ordine del giorno, il condòmino potrà ugualmente impugnare la delibera, in quanto il delegato ha agito al di fuori dei limiti del suo mandato, non potendo la delega avere per oggetto un argomento non conosciuto dal delegante (Trib. Milano 6-4-1961, n. 1385).
Il regime fin qui esposto non si applica alle deliberazioni nulle, le quali sono impugnabili in ogni tempo da chiunque vi abbia interesse (e, quindi, anche dal condòmino che abbia partecipato con il suo voto favorevole alla formazione della delibera impugnata). Sono da considerarsi nulle le delibere che difettano di elementi essenziali o che sono state adottate al di fuori dell’assemblea, ovvero adottate senza che siano stati convocati tutti i condòmini. Sono, altresì, nulle le delibere adottate senza il rispetto delle prescritte maggioranze, siano esse costitutive o deliberative, o quelle con oggetto impossibile, illecito o indeterminato, o che dispongano innovazioni che non importano miglioramenti o miglior godimento delle cose comuni.
Sono, invece, da considerarsi affette da nullità relativa, e quindi impugnabili in ogni tempo dai soli condòmini dissenzienti che abbiano a risentire pregiudizio dall’applicazione della delibera, le deliberazioni che violano o ledono i diritti di alcuni o anche di un solo condòmino sui beni o i servizi comuni, o ne rendano difficile l’esercizio o lo disturbino sensibilmente.
La inapplicabilità della norma alle delibere nulle deriva dal fatto che esse sono improduttive di effetti giuridici e non acquistano alcuna forza vincolante per i condòmini e, dunque, non necessitano di impugnazione. Il condòmino «potrà agire davanti all’autorità giudiziaria per ottenere una pronuncia che dichiari la nullità, ma potrà anche assumere un comportamento di attesa ed aspettare di reagire sotto forma di eccezione alla domanda giudiziale, allorché il condominio avanzi pretese che si fondano sulla delibera nulla» (SFORZA).
L’onere della prova incombe sul condominio convenuto, per quanto attiene alla tempestività della convocazione dei condòmini, quale presupposto per la regolare costituzione dell’assemblea, mentre resta a carico dell’istante la dimostrazione dei vizi inerenti alla formazione della volontà dell’assemblea [vedi Nullità e annullabilità delle deliberazioni assembleari].