Immissioni
[vedi anche Allarme antifurto; Animali negli appartamenti; Aria condizionata; Isolamento acustico e termico; Manutenzione (azione di); Opere nelle proprietà esclusive; Parti comuni]
Ai sensi dell’art. 844, 1° co., c.c., il proprietario di un fondo non può impedire le immissioni di fumo o di calore, le esalazioni, i rumori, gli scuotimenti e simili propagazioni derivanti dal fondo del vicino, se non superano la normale tollerabilità, avuto anche riguardo alla condizione dei luoghi.
L’art. 844 c.c. è ritenuto applicabile anche ai rapporti tra condòmini e tra il condominio ed i singoli condòmini. In particolare, la giurisprudenza ha stabilito che l’articolo in esame è applicabile anche nell’ipotesi in cui un condòmino, nel godimento della propria unità immobiliare o delle parti comuni, dia luogo ad immissioni moleste o dannose nella proprietà di altri condòmini.
Nell’applicazione della norma deve aversi riguardo, peraltro, alla peculiarità dei rapporti condominiali ed alla destinazione assegnata all’edificio dalle disposizioni urbanistiche o, in mancanza, dai proprietari (Cass. 15-3-1993, n. 3090). La norma è applicabile anche quando le immissioni si verifichino in danno di parti comuni dell’edificio (Cass. 6-4-1983, n. 2396).
Deve tuttavia ritenersi inapplicabile l’art. 844 c.c. qualora vi sia un regolamento di condominio di natura contrattuale che stabilisca limiti precisi in materia. Così, «se l’attività posta in essere da un condòmino crea turbamento alla tranquillità degli altri condòmini, che è tutelata espressamente da disposizioni del regolamento contrattuale di condominio, essa va considerata vietata, a prescindere dai livelli di tollerabilità delle immissioni» (TAMBORRINO).
Qualora le immissioni derivino da un edificio attiguo, l’amministratore sarà legittimato ad agire solo ove esse interessino parti comuni dell’edificio; diversamente, legittimato sarà il singolo condòmino interessato.
Ai sensi dell’art. 844, 1° co., c.c., il proprietario di un fondo non può impedire le immissioni di fumo o di calore, le esalazioni, i rumori, gli scuotimenti e simili propagazioni derivanti dal fondo del vicino, se non superano la normale tollerabilità, avuto anche riguardo alla condizione dei luoghi.
L’art. 844 c.c. è ritenuto applicabile anche ai rapporti tra condòmini e tra il condominio ed i singoli condòmini. In particolare, la giurisprudenza ha stabilito che l’articolo in esame è applicabile anche nell’ipotesi in cui un condòmino, nel godimento della propria unità immobiliare o delle parti comuni, dia luogo ad immissioni moleste o dannose nella proprietà di altri condòmini.
Nell’applicazione della norma deve aversi riguardo, peraltro, alla peculiarità dei rapporti condominiali ed alla destinazione assegnata all’edificio dalle disposizioni urbanistiche o, in mancanza, dai proprietari (Cass. 15-3-1993, n. 3090). La norma è applicabile anche quando le immissioni si verifichino in danno di parti comuni dell’edificio (Cass. 6-4-1983, n. 2396).
Deve tuttavia ritenersi inapplicabile l’art. 844 c.c. qualora vi sia un regolamento di condominio di natura contrattuale che stabilisca limiti precisi in materia. Così, «se l’attività posta in essere da un condòmino crea turbamento alla tranquillità degli altri condòmini, che è tutelata espressamente da disposizioni del regolamento contrattuale di condominio, essa va considerata vietata, a prescindere dai livelli di tollerabilità delle immissioni» (TAMBORRINO).
Qualora le immissioni derivino da un edificio attiguo, l’amministratore sarà legittimato ad agire solo ove esse interessino parti comuni dell’edificio; diversamente, legittimato sarà il singolo condòmino interessato.