Illuminazione, energia elettrica e forza motrice

L’illuminazione costituisce un servizio che contribuisce a garantire la sicurezza dell’intero fabbricato e del quale tutti i condòmini beneficiano (TERZAGO). Perciò, salva diversa previsione del regolamento di condominio di natura contrattuale, le spese di illuminazione delle parti comuni dell’edificio (es. cortile, viali etc.) fanno carico a tutti i condòmini in proporzione alle quote millesimali di proprietà (art. 1123, 1° co., c.c.), compresi i proprietari dei negozi che abbiano accesso diretto dalla strada, e lo stesso vale per le spese di forza motrice.
Altro criterio potrebbe essere quello di attribuire tali spese, voce per voce, alle parti e ai servizi che provocano i consumi e procedere, poi, alla ripartizione secondo i criteri adottati per quelle stesse parti e quegli stessi servizi: così, ad esempio, l’energia elettrica consumata nei locali di portineria e di alloggio del portiere andrebbe sommata alle spese di portierato; quella di illuminazione delle scale andrebbe sommata alle spese per le scale; quella di forza motrice per il riscaldamento e l’acqua calda alle spese di riscaldamento e di acqua calda. In pratica, però, «ciò non avviene quasi mai, in quanto ben raramente gli impianti elettrici degli edifici sono forniti di contatori divisionali, per cui è impossibile l’esatta individuazione delle spese in argomento e la loro attribuzione alle corrispondenti voci di spese condominiali. Per questo, in taluni casi, si provvede ad attribuzioni sommarie e presuntive a questa o quella voce; in altri le spese di energia e forza motrice si considerano in monte e si ripartiscono per millesimi di comproprietà fra tutti i condòmini» (TAMBORRINO).
Non costituisce un’innovazione, bensì una mera modifica funzionale al risparmio di energia elettrica, la messa in opera di un impianto di temporizzazione per l’accensione e lo spegnimento automatico delle luci, con la conseguenza che i condòmini dissenzienti non possono pretendere di essere esonerati dalla spesa, accampandone, ai sensi dell’art. 1121, 1° co., c.c., la presunta gravosità o voluttuarietà.