Facciata dell’edificio
Per facciata (fig. 14) deve intendersi «l’involucro esterno e visibile dell’edificio, costituito dai muri perimetrali» (TAMBORRINO). Va tuttavia precisato che la facciata di un edificio, concettualmente, non può essere confusa con il muro maestro. Quest’ultimo, infatti, ha una funzione portante dell’edificio, mentre la facciata è la sua superficie esterna (SFORZA).
Secondo un’altra autorevole definizione (TERZAGO), la facciata è costituita dal muro perimetrale (con i suoi accessori di proprietà esclusiva quali finestre, balconi etc.), dall’intonaco e dalla tinta.
La facciata dell’edificio, in base a quella impostazione che la differenzia integralmente dal muro maestro, rileva dunque non tanto ai fini dell’esistenza dell’edificio, quanto piuttosto in relazione al suo aspetto esteriore. Con la conseguenza che gli interventi interessanti la facciata dovranno avere riguardo soprattutto al divieto di alterare il decoro architettonico dell’edificio, mentre quelli riguardanti i muri maestri rileveranno principalmente in relazione al divieto di pregiudicare la sicurezza e la stabilità dello stesso. D’altro canto, per la sua aderenza con il muro perimetrale, la presunzione di comunione relativa a quest’ultimo si estende anche alla facciata, ma non agli infissi esterni quali finestre o tapparelle, né ai balconi ed ai terrazzi a livello che, salvo titolo contrario, sono da ritenersi di proprietà esclusiva. Tuttavia va sottolineato come gli interventi relativi a tali parti interessino necessariamente la facciata unitariamente considerata, con la conseguenza che, pur riguardando parti dell’edificio di proprietà esclusiva, devono essere operati nel rispetto del decoro architettonico dello stabile. Rientrerà, perciò, nei poteri dell’assemblea di condominio, ad esempio, deliberare affinché queste parti siano verniciate in maniera uniforme.
Ed al criterio del rispetto del decoro architettonico dell’edificio devono ispirarsi anche tutte quelle altre opere interessanti la facciata, quali l’apertura di vedute, l’apposizione di insegne o l’installazione di tubature, che devono ritenersi vietate se vanno ad alterarne la qualità.
Il decoro architettonico di un edificio è da valutarsi in base alla linea estetica dell’edificio, indipendentemente da particolari pregi artistici, avendo riguardo alla fisionomia della costruzione e prescindendo dall’ambiente in cui essa si trova (Cass. 23-10-1993, n. 10513).
Quanto alle maggioranze assembleari necessarie al fine di deliberare interventi relativi alla facciata dello stabile condominiale, è opportuno operare la seguente distinzione (TAMBORRINO):
— se si tratta di operare innovazioni, intendendosi per tali le modificazioni strutturali della facciata, sarà necessaria una deliberazione assembleare adottata con la maggioranza prescritta dall’art. 1136, 5° co., c.c., cioè la maggioranza dei partecipanti al condominio ed i due terzi del valore dell’edificio. Sono in ogni caso vietate, come detto, le innovazioni lesive del decoro architettonico dell’edificio;
— al fine di deliberare il rifacimento della facciata sarà necessaria la maggioranza prevista dall’art. 1136, 2° co., c.c., ossia la maggioranza degli intervenuti in assemblea ed almeno la metà del valore dell’edificio. Questa stessa maggioranza è necessaria al fine di deliberare le riparazioni straordinarie della facciata di notevole entità.
Secondo un’altra autorevole definizione (TERZAGO), la facciata è costituita dal muro perimetrale (con i suoi accessori di proprietà esclusiva quali finestre, balconi etc.), dall’intonaco e dalla tinta.
La facciata dell’edificio, in base a quella impostazione che la differenzia integralmente dal muro maestro, rileva dunque non tanto ai fini dell’esistenza dell’edificio, quanto piuttosto in relazione al suo aspetto esteriore. Con la conseguenza che gli interventi interessanti la facciata dovranno avere riguardo soprattutto al divieto di alterare il decoro architettonico dell’edificio, mentre quelli riguardanti i muri maestri rileveranno principalmente in relazione al divieto di pregiudicare la sicurezza e la stabilità dello stesso. D’altro canto, per la sua aderenza con il muro perimetrale, la presunzione di comunione relativa a quest’ultimo si estende anche alla facciata, ma non agli infissi esterni quali finestre o tapparelle, né ai balconi ed ai terrazzi a livello che, salvo titolo contrario, sono da ritenersi di proprietà esclusiva. Tuttavia va sottolineato come gli interventi relativi a tali parti interessino necessariamente la facciata unitariamente considerata, con la conseguenza che, pur riguardando parti dell’edificio di proprietà esclusiva, devono essere operati nel rispetto del decoro architettonico dello stabile. Rientrerà, perciò, nei poteri dell’assemblea di condominio, ad esempio, deliberare affinché queste parti siano verniciate in maniera uniforme.
Ed al criterio del rispetto del decoro architettonico dell’edificio devono ispirarsi anche tutte quelle altre opere interessanti la facciata, quali l’apertura di vedute, l’apposizione di insegne o l’installazione di tubature, che devono ritenersi vietate se vanno ad alterarne la qualità.
Il decoro architettonico di un edificio è da valutarsi in base alla linea estetica dell’edificio, indipendentemente da particolari pregi artistici, avendo riguardo alla fisionomia della costruzione e prescindendo dall’ambiente in cui essa si trova (Cass. 23-10-1993, n. 10513).
Quanto alle maggioranze assembleari necessarie al fine di deliberare interventi relativi alla facciata dello stabile condominiale, è opportuno operare la seguente distinzione (TAMBORRINO):
— se si tratta di operare innovazioni, intendendosi per tali le modificazioni strutturali della facciata, sarà necessaria una deliberazione assembleare adottata con la maggioranza prescritta dall’art. 1136, 5° co., c.c., cioè la maggioranza dei partecipanti al condominio ed i due terzi del valore dell’edificio. Sono in ogni caso vietate, come detto, le innovazioni lesive del decoro architettonico dell’edificio;
— al fine di deliberare il rifacimento della facciata sarà necessaria la maggioranza prevista dall’art. 1136, 2° co., c.c., ossia la maggioranza degli intervenuti in assemblea ed almeno la metà del valore dell’edificio. Questa stessa maggioranza è necessaria al fine di deliberare le riparazioni straordinarie della facciata di notevole entità.