Dissenso del condòmino rispetto alle liti
L’art. 1132 c.c. dispone che qualora l’assemblea dei condòmini abbia deliberato di promuovere una lite o di resistere ad una domanda, il condòmino dissenziente, con atto notificato all’amministratore, può separare la propria responsabilità in ordine alle conseguenze della lite per il caso di soccombenza. L’atto deve essere notificato entro trenta giorni da quello in cui il condòmino ha avuto notizia della deliberazione.
Il condòmino dissenziente ha diritto di rivalsa per ciò che abbia dovuto pagare alla parte vittoriosa.
Se l’esito della lite è stato favorevole al condominio, il condòmino dissenziente che ne abbia tratto vantaggio è tenuto a concorrere nelle spese del giudizio che non sia stato possibile ripetere dalla parte soccombente.
La ratio dell’art. 1132 c.c., espressamente dichiarato inderogabile dall’art. 1138, ult. co., c.c., è da ricercarsi nella volontà del legislatore di contemperare l’interesse del singolo condòmino ad evitare le conseguenze sfavorevoli di una delibera con la quale l’assemblea decida di promuovere una lite o di resistere ad una domanda, con quello del condominio di conoscere tempestivamente eventuali dissensi, interesse che il legislatore tutela mediante la previsione di un breve termine di decadenza.
La dichiarazione del condòmino dissenziente non necessita di forma solenne, ma va comunque notificata a mezzo di ufficiale giudiziario; si ritiene equipollente il dissenso comunicato a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento e quello espresso in sede assembleare e ritualmente verbalizzato.
Il termine di trenta giorni è previsto a pena di decadenza, e decorre dal giorno in cui il condòmino dissenziente ha avuto conoscenza della decisione, presa dall’assemblea, di intentare la lite o di resistervi. Quid iuris nel caso (peraltro assai raro) in cui la sentenza sfavorevole al condominio intervenga prima dello spirare del termine di decadenza? In tal caso si deve ritenere che il condòmino non possa estraniarsi, ma debba sopportare le conseguenze della soccombenza, perché l’art. 1132 c.c. mira ad evitare danni futuri e non ad eliminare quelli già verificatisi.
Il condòmino dissenziente ha diritto di rivalsa per ciò che abbia dovuto pagare alla parte vittoriosa.
Se l’esito della lite è stato favorevole al condominio, il condòmino dissenziente che ne abbia tratto vantaggio è tenuto a concorrere nelle spese del giudizio che non sia stato possibile ripetere dalla parte soccombente.
La ratio dell’art. 1132 c.c., espressamente dichiarato inderogabile dall’art. 1138, ult. co., c.c., è da ricercarsi nella volontà del legislatore di contemperare l’interesse del singolo condòmino ad evitare le conseguenze sfavorevoli di una delibera con la quale l’assemblea decida di promuovere una lite o di resistere ad una domanda, con quello del condominio di conoscere tempestivamente eventuali dissensi, interesse che il legislatore tutela mediante la previsione di un breve termine di decadenza.
La dichiarazione del condòmino dissenziente non necessita di forma solenne, ma va comunque notificata a mezzo di ufficiale giudiziario; si ritiene equipollente il dissenso comunicato a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento e quello espresso in sede assembleare e ritualmente verbalizzato.
Il termine di trenta giorni è previsto a pena di decadenza, e decorre dal giorno in cui il condòmino dissenziente ha avuto conoscenza della decisione, presa dall’assemblea, di intentare la lite o di resistervi. Quid iuris nel caso (peraltro assai raro) in cui la sentenza sfavorevole al condominio intervenga prima dello spirare del termine di decadenza? In tal caso si deve ritenere che il condòmino non possa estraniarsi, ma debba sopportare le conseguenze della soccombenza, perché l’art. 1132 c.c. mira ad evitare danni futuri e non ad eliminare quelli già verificatisi.