Decreto ingiuntivo
Il procedimento di ingiunzione trova largo impiego nella materia condominiale perché consente di ottenere, nei confronti del condòmino moroso [Condòmino; Mancato pagamento degli oneri condominiali], la rapida formazione di un titolo esecutivo, onde promuovere, in caso di persistente inadempimento, l’esecuzione forzata. Ai sensi dell’art. 63, 1° co., disp. att. c.c., infatti, «per la riscossione dei contributi in base allo stato di ripartizione approvato dall’assemblea, l’amministratore può ottenere decreto di ingiunzione immediatamente esecutivo, nonostante opposizione».
Il procedimento è connotato dalla sommarietà della cognizione. Questa, più precisamente, è sommaria perché superficiale, ossia caratterizzata da un accertamento senza contraddittorio (inaudita altera parte). I casi nei quali la sommarietà della cognizione appare possibile ed opportuna sono quelli in cui possono risultare di più semplice definizione il giudizio e più probabile l’esistenza del diritto che si fa valere, anche in ragione della particolare attendibilità della prova (generalmente documentale) prodotta dalla parte a giustificazione della propria pretesa.
Tuttavia il superamento delle lungaggini legate alla complessità dell’ordinario giudizio di cognizione non deve comportare il sacrificio della fondamentale garanzia del contraddittorio. Per contemperare queste due contrapposte esigenze il legislatore ha articolato il procedimento in due fasi, l’una a cognizione sommaria, l’altra a cognizione piena. La fase a cognizione sommaria si svolge, come si è detto, senza contraddittorio e si conclude con la pronuncia di un provvedimento che può essere di accoglimento (art. 641 c.p.c.) o di rigetto (art. 640 c.p.c.) della domanda. La fase a cognizione piena si svolge, invece, ad iniziativa (eventuale) del debitore ingiunto, il quale deve opporsi all’ingiunzione nel termine di quaranta giorni dalla notificazione del relativo decreto — ciò che presuppone l’accoglimento della domanda, difettando, altrimenti, l’interesse ad opporsi — e si conclude con una sentenza (di accoglimento o di rigetto dell’opposizione) che va a sostituire il decreto ingiuntivo opposto.
Per l’azionabilità della procedura è necessario che lo stato di ripartizione delle spese sia stato approvato nel corso di una riunione assembleare cui abbia partecipato (o era legittimato a partecipare) anche il condòmino moroso. Il decreto ingiuntivo può essere chiesto anche in base al solo preventivo di spesa, e la prova che lo stato di ripartizione sia stato approvato dall’assemblea deve essere fornita dall’amministratore attraverso la produzione del verbale (Trib. Milano 9-4-1992, n. 4323; Trib. Roma 5-4-1985, n. 4568).
Il ricorso alla procedura di ingiunzione è ammissibile anche per il pagamento dei contributi relativi ad esercizi pregressi (l’amministratore, in tal caso, deve agire sulla base del consuntivo annuale), dei contributi straordinari e di quelli relativi alle innovazioni, nonché delle spese eccedenti l’importo preventivato resesi necessarie in corso d’opera, salvo, in quest’ultimo caso, il diritto del condòmino di pretendere la giustificazione dell’ulteriore onere di spesa. Legittimato ad avvalersene, infine, per il recupero delle somme anticipate nel corso della gestione, è anche l’amministratore cessato dalla carica, il quale può agire sia nei confronti dei condòmini inadempienti, sia nei confronti del nuovo amministratore.
Il procedimento è connotato dalla sommarietà della cognizione. Questa, più precisamente, è sommaria perché superficiale, ossia caratterizzata da un accertamento senza contraddittorio (inaudita altera parte). I casi nei quali la sommarietà della cognizione appare possibile ed opportuna sono quelli in cui possono risultare di più semplice definizione il giudizio e più probabile l’esistenza del diritto che si fa valere, anche in ragione della particolare attendibilità della prova (generalmente documentale) prodotta dalla parte a giustificazione della propria pretesa.
Tuttavia il superamento delle lungaggini legate alla complessità dell’ordinario giudizio di cognizione non deve comportare il sacrificio della fondamentale garanzia del contraddittorio. Per contemperare queste due contrapposte esigenze il legislatore ha articolato il procedimento in due fasi, l’una a cognizione sommaria, l’altra a cognizione piena. La fase a cognizione sommaria si svolge, come si è detto, senza contraddittorio e si conclude con la pronuncia di un provvedimento che può essere di accoglimento (art. 641 c.p.c.) o di rigetto (art. 640 c.p.c.) della domanda. La fase a cognizione piena si svolge, invece, ad iniziativa (eventuale) del debitore ingiunto, il quale deve opporsi all’ingiunzione nel termine di quaranta giorni dalla notificazione del relativo decreto — ciò che presuppone l’accoglimento della domanda, difettando, altrimenti, l’interesse ad opporsi — e si conclude con una sentenza (di accoglimento o di rigetto dell’opposizione) che va a sostituire il decreto ingiuntivo opposto.
Per l’azionabilità della procedura è necessario che lo stato di ripartizione delle spese sia stato approvato nel corso di una riunione assembleare cui abbia partecipato (o era legittimato a partecipare) anche il condòmino moroso. Il decreto ingiuntivo può essere chiesto anche in base al solo preventivo di spesa, e la prova che lo stato di ripartizione sia stato approvato dall’assemblea deve essere fornita dall’amministratore attraverso la produzione del verbale (Trib. Milano 9-4-1992, n. 4323; Trib. Roma 5-4-1985, n. 4568).
Il ricorso alla procedura di ingiunzione è ammissibile anche per il pagamento dei contributi relativi ad esercizi pregressi (l’amministratore, in tal caso, deve agire sulla base del consuntivo annuale), dei contributi straordinari e di quelli relativi alle innovazioni, nonché delle spese eccedenti l’importo preventivato resesi necessarie in corso d’opera, salvo, in quest’ultimo caso, il diritto del condòmino di pretendere la giustificazione dell’ulteriore onere di spesa. Legittimato ad avvalersene, infine, per il recupero delle somme anticipate nel corso della gestione, è anche l’amministratore cessato dalla carica, il quale può agire sia nei confronti dei condòmini inadempienti, sia nei confronti del nuovo amministratore.