Barriere architettoniche

Per barriere architettoniche devono intendersi quegli ostacoli di ordine urbanistico ed edilizio che impediscono l’accesso o limitano la fruizione, da parte di minorati ed invalidi, di luoghi pubblici o aperti al pubblico, di luoghi di riunione pubblica, di servizi di trasporto, di alloggi.
Esse sono costituite essenzialmente da elementi altimetrici che si incontrano lungo i percorsi (ad es. dislivelli, scale) ovvero da esiguità di passaggi e ristrettezze di ambienti.
L’ordinamento ha dettato norme specifiche per l’eliminazione delle barriere architettoniche e la L. 9-1-1989, n. 13 (Disposizioni per favorire il superamento e l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati) ha sancito, per la redazione di tutti i progetti di costruzione e ristrutturazione di edifici, l’obbligo di osservare specifiche prescrizioni tecniche rivolte a garantirne l’accessibilità, l’adattabilità e la visitabilità da parte di soggetti portatori di handicap. Si prevede, peraltro, che le opere realizzate in edifici pubblici o privati, in difformità dalle disposizioni vigenti in materia di accessibilità, fruibilità e di eliminazione delle barriere architettoniche, quando la difformità sia tale da pregiudicare irrimediabilmente le persone handicappate, siano dichiarate inabitabili ed inagibili. Ne deriva anche la diretta responsabilità del progettista, del direttore dei lavori, del responsabile tecnico e del collaudatore.
Le opere dirette ad eliminare le barriere architettoniche non sono generalmente soggette a concessione edilizia né ad autorizzazione. L’autorizzazione ovvero, in alternativa, la denuncia di inizio attività è richiesta, tuttavia, nel caso in cui tali opere consistano in rampe o ascensori esterni, ovvero in manufatti che alterino la sagoma dell’edificio.
Una nozione significativamente più ampia di barriere architettoniche si ricava dal D.P.R. 24-7-1996, n. 503 (Regolamento recante norme per l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici, spazi e servizi pubblici) che, all’art. 1, stabilisce che per barriere architettoniche devono intendersi:
— gli ostacoli fisici fonti di disagio per la mobilità di chiunque ed in particolare di coloro che, per qualsiasi causa, hanno una capacità motoria ridotta o impedita, in forma permanente o temporanea;
— gli ostacoli che limitano o impediscono a chiunque la comoda e sicura utilizzazione di spazi, attrezzature o componenti;
— la mancanza di accorgimenti e segnalazioni che permettono l’orientamento e la riconoscibilità dei luoghi e delle fonti di pericolo per chiunque ed in particolare per i non vedenti, per gli ipovedenti e per i sordi.
Per quanto attiene specificamente alla materia condominiale, l’art. 2, L. 13/89 stabilisce, in deroga al 1° co. dell’art. 1120 c.c., che le deliberazioni assembleari che hanno per oggetto le innovazioni dirette ad eliminare le barriere architettoniche sono approvate con le maggioranze previste dall’art. 1136, 2° e 3° co., c.c. Nel caso in cui il condominio rifiuti di assumere, o non assuma entro tre mesi dalla richiesta fatta per iscritto, le deliberazioni volte alla eliminazione delle barriere architettoniche, i portatori di handicap, ovvero chi ne esercita la tutela o la potestà, possono installare, a proprie spese, servoscala nonché strutture mobili e facilmente rimovibili e possono anche modificare l’ampiezza delle porte d’accesso agli edifici, agli ascensori e alle rampe dei garage. È escluso, d’altro canto, che detti soggetti possano installare direttamente un ascensore, salvo che, per le particolari caratteristiche dei luoghi, tale opera possa considerarsi una modificazione e non una vera e propria innovazione (SFORZA).
La giurisprudenza ha in più occasioni affermato che le disposizioni di cui all’art. 2 della L. 13/89 hanno valore generale, perché prescindono dalla concreta presenza di un disabile nell’edificio condominiale (Trib. Milano 26-4-1993, n. 4466). La ratio della norma, infatti, consiste non solo nella necessità di abbattere le barriere architettoniche in favore di chi abiti nell’edificio, ma anche nel consentire la libera visitabilità o fruizione dell’edificio stesso da parte di chiunque abbia modo di accedervi.