Assemblea dei condòmini

Generalità - L’assemblea è l’organo deliberativo del condominio e può essere definita quale «riunione dei condòmini, convocati in un luogo e in un tempo determinati, per prendere le opportune decisioni» (SFORZA). Più precisamente «è la riunione nella quale ciascuno dei partecipanti alla comunione ha l’opportunità di esprimere, attraverso il voto, la propria volontà» (LOVATI, MONEGAT). L’assemblea è l’organo sovrano del condominio e in tale veste può deliberare su qualsiasi problema di interesse comune, e può adottare qualsiasi provvedimento, anche non previsto dalla legge o dal regolamento di condominio, sempre che non si tratti di provvedimenti volti a perseguire finalità extracondominiali.
Attribuzioni
- L’art. 1135 c.c. stabilisce le attribuzioni dell’assemblea dei condòmini. Questa, oltre a quanto stabilito dagli articoli precedenti (cfr., in particolare, artt. 1120, 1128, 1129, 1132, 1133), provvede:
1) alla conferma dell’amministratore ed alla sua eventuale retribuzione;
2) all’approvazione del preventivo delle spese occorrenti durante l’anno e alla relativa ripartizione tra i condòmini;
3) all’approvazione del rendiconto annuale dell’amministratore e all’impiego del residuo attivo della gestione;
4) alle opere di manutenzione straordinaria costituendo, se occorre, un fondo speciale.
È opportuno precisare che l’elencazione operata dalla norma ha carattere meramente esemplificativo: l’assemblea infatti può, come accennato in precedenza, adottare qualsiasi provvedimento anche non previsto dalla legge o dal regolamento, purché oggetto della delibera non sia una questione che riguardi le proprietà esclusive.
L’assemblea, tuttavia, nel disciplinare l’uso delle cose comuni non è esente da limitazioni: così, ad esempio, una deliberazione assembleare adottata a maggioranza non può alterare la destinazione delle cose comuni o ridurre la sfera dei poteri e delle facoltà che normalmente caratterizzano il contenuto del diritto di proprietà dei singoli condòmini sui beni comuni (Cass. 24-3-1972, n. 899).
Convocazione. Assemblea ordinaria e straordinaria
- Ai sensi dell’art. 66, disp. att. c.c., l’assemblea, oltre che annualmente in via ordinaria per le deliberazioni di cui all’art. 1135 c.c., può essere convocata in via straordinaria dall’amministratore quando questi lo ritenga necessario o quando ne sia fatta richiesta da almeno due condòmini che rappresentino un sesto del valore dell’edificio. Decorsi inutilmente dieci giorni dalla richiesta, i richiedenti possono provvedere direttamente alla convocazione.
Qualora non vi sia un amministratore, l’assemblea (sia ordinaria che straordinaria) può essere convocata ad iniziativa di ciascun condòmino.
L’art. 66 cit., dunque, opera una distinzione tra assemblea ordinaria e assemblea straordinaria. Va a tal proposito osservato che la differenza non rileva esclusivamente in relazione all’elemento temporale, e cioè al fatto che la prima viene convocata annualmente, mentre la seconda è soltanto eventuale. La sostanziale diversità è dovuta alla discussione obbligatoria, in seno all’assemblea ordinaria, di argomenti, quali l’approvazione del bilancio consuntivo e preventivo, le dimissioni e la nomina dell’amministratore. Tanto che la mancata approvazione dei bilanci, protratta per due anni, dà diritto a ciascun condòmino di chiedere giudizialmente la revoca dell’amministratore per grave inadempimento (CUSANO).
La giurisprudenza, dal canto suo, ha affermato che ai fini della validità di una deliberazione assembleare è privo di qualunque rilievo il fatto che la delibera sia stata adottata in un’assemblea straordinaria piuttosto che in un’assemblea ordinaria, giacché non esistono, tra le competenze di questi due tipi di assemblea, differenze di sorta, né sono previsti differenti quorum per la legale costituzione delle assemblee medesime, essendo l’assemblea straordinaria menzionata dall’art. 66 cit., in opposizione a quella ordinaria, solo per disporre che quest’ultima deve essere convocata annualmente, mentre l’assemblea straordinaria può essere convocata in qualsiasi momento in caso di necessità (Cass. 8-6-1984, n. 3456).
Avviso di convocazione
- Ai sensi dell’art. 1136, 6° co., c.c., l’assemblea non può deliberare se non consta che tutti i condòmini sono stati invitati alla riunione. L’art. 66, ult. co., disp. att. c.c., inoltre, stabilisce che l’avviso di convocazione deve essere comunicato ai condòmini almeno cinque giorni prima della data fissata per l’adunanza. Ciò implica che ogni condòmino ha il diritto di intervenire all’assemblea e deve quindi essere messo in condizione di poterlo fare, con la conseguente necessità che l’avviso di convocazione sia non solo inviato, ma anche ricevuto nel previsto termine di cinque giorni (Cass. 22-11-1985, n. 5769). Detto termine, che è posto a tutela del diritto all’informazione spettante a ciascun condòmino, va inteso nel senso che tra il giorno di ricezione dell’avviso di convocazione ed il giorno della seduta assembleare intercorrano non meno di cinque «giorni liberi», sì che nel relativo calcolo non si computino né il primo giorno né l’ultimo.
L’invito alla riunione non è soggetto a particolari formalità, ed è pertanto sufficiente che ciascuno dei partecipanti abbia avuto, in qualsiasi modo, notizia della convocazione (Cass. 23-5-1975, n. 2050).
Nell’avviso deve essere indicato il giorno, il luogo e l’ora dell’adunanza. Esso deve inoltre contenere l’ordine del giorno e le materie che saranno trattate, al fine di porre i singoli condòmini in condizione di votare con cognizione di causa. Ciò, peraltro, non significa che «l’avviso di convocazione deve necessariamente contenere un’analitica e dettagliata specificazione dei temi da trattare, ma semplicemente [che è necessario] indicare con chiarezza, anche se sommariamente, gli argomenti e i problemi connessi alle materie poste all’ordine del giorno» (LOVATI, MONEGAT).
La comunicazione a tutti i condòmini dell’avviso di convocazione è presupposto di validità della costituzione dell’assemblea, con la conseguenza che le deliberazioni adottate senza il rispetto di tale formalità sono radicalmente nulle, e tale nullità può essere fatta valere da qualsiasi condòmino, anche se presente all’assemblea (Cass. 29-7-1978, n. 3798).
Per converso l’intempestività della comunicazione della data fissata per l’assemblea implica un’ipotesi di contrarietà alla legge della deliberazione assembleare, comportante l’annullabilità di quest’ultima entro il termine di trenta giorni.
L’art. 10, L. 27-7-1978, n. 392, stabilisce che alle assemblee convocate per deliberare sulle spese e sulle modalità di gestione dei servizi di riscaldamento e di condizionamento d’aria il conduttore è legittimato a partecipare in sostituzione del proprietario. Al riguardo si pone il problema di stabilire a chi di questi due soggetti debba essere inviato l’avviso di convocazione. La giurisprudenza ha precisato che la norma in esame non ha comportato modificazioni al disposto di cui all’art. 66 disp. att. c.c., con la conseguenza che, anche in tale ipotesi, l’avviso deve essere comunicato al proprietario e non anche al conduttore, restando solo lo stesso proprietario tenuto ad informare il conduttore dell’avviso di convocazione, senza che le conseguenze della mancata convocazione del conduttore possano farsi ricadere sul condominio, che rimane estraneo al rapporto di locazione (Cass. 22-4-1992, n. 4802).
Costituzione dell’assemblea
- L’art. 1136, 1° co., c.c. stabilisce che l’assemblea è regolarmente costituita con l’intervento di tanti condòmini che rappresentino i due terzi del valore dell’intero edificio e i due terzi dei partecipanti al condominio.
Il sistema utilizzato, dunque, è misto, nel senso che alla regolarità della costituzione dell’assemblea concorrono due criteri, quello delle «teste» (i due terzi dei partecipanti al condominio) e quello del «valore» (due terzi del valore dell’intero edificio).
Quanto alla costituzione dell’assemblea in seconda convocazione, questa deve ritenersi regolare quando siano presenti tanti condòmini che rappresentino un terzo del valore dell’edificio ed almeno un terzo dei partecipanti al condominio: «a tale conclusione si giunge, nel silenzio della legge, osservando che tale maggioranza è richiesta per poter validamente deliberare nell’assemblea di seconda convocazione. D’altro canto, l’assemblea che si costituisca con un numero di condòmini e di millesimi inferiore non sarebbe in grado di deliberare» (LOVATI, MONEGAT).
La norma in esame è espressamente dichiarata inderogabile dall’art. 1138, ult. co., c.c., per cui neanche un regolamento di natura contrattuale potrebbe prevedere diverse maggioranze per la regolarità della costituzione dell’assemblea. Al riguardo va precisato che l’amministratore è tenuto a dar conto, nel verbale, della mancata costituzione dell’assemblea in prima convocazione. Ove ciò non avvenisse, nell’assemblea da tenersi in seconda convocazione dovranno applicarsi i quorum previsti per la prima, a pena di nullità delle stesse deliberazioni (CUSANO).
Validità delle deliberazioni
- L’art. 1136 c.c. stabilisce che sono valide le deliberazioni assembleari approvate con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti ed almeno la metà del valore dell’edificio.
Se l’assemblea non può deliberare per mancanza di numero, l’assemblea di seconda convocazione delibera in un giorno successivo a quello della prima e, in ogni caso, non oltre dieci giorni dalla medesima; la deliberazione è valida se riporta un numero di voti che rappresenti 1/3 dei partecipanti al condominio e almeno 1/3 del valore dell’edificio.
Le deliberazioni che concernono la nomina e la revoca dell’amministratore o le liti attive e passive relative a materie che esorbitano dalle attribuzioni dell’amministratore medesimo, nonché le deliberazioni che concernono la ricostruzione dell’edificio o riparazioni straordinarie di notevole entità devono essere sempre prese con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti ed almeno la metà del valore dell’edificio.
Le deliberazioni che hanno, invece, ad oggetto le innovazioni previste dall’art. 1120, 1° co., c.c., devono essere sempre approvate con un numero di voti che rappresenti la maggioranza dei partecipanti al condominio ed i 2/3 del valore dell’edificio.
L’art. 1136 c.c., inderogabile ai sensi dell’art. 1138, ult. co., c.c., dunque, distingue tre categorie di atti, ciascuna delle quali richiede, per la validità delle deliberazioni, una maggioranza diversa. Più precisamente:
1) per gli atti che non eccedono l’ordinaria amministrazione e per le riparazioni straordinarie di non grande entità, un numero di voti che rappresenti, in prima convocazione, la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio e, in seconda convocazione, 1/3 dei partecipanti al condominio ed almeno 1/3 del valore dell’edificio;
2) per gli atti che eccedono l’ordinaria amministrazione e che non costituiscono innovazioni, un numero di voti che rappresenti, sia in prima che in seconda convocazione, la maggioranza degli intervenuti e la metà del valore dell’edificio;
3) per le innovazioni, un numero di voti che rappresenti, in prima e in seconda convocazione, la maggioranza dei condòmini e i 2/3 del valore dell’edificio.
Va ricordato, peraltro, che leggi speciali hanno modificato, per alcune materie, le maggioranze prescritte per la validità delle deliberazioni assembleari (cfr. artt. 9, 11, L. 24-3-1989, n. 122, in materia di parcheggi; L. 9-1-1991, n. 10, in materia di riscaldamento).
Deleghe
- Ai sensi dell’art. 67, 1° co., disp. att. c.c., ogni condòmino può intervenire all’assemblea anche a mezzo di rappresentante. La norma è dichiarata inderogabile dall’art. 72 disp. att. c.c., per cui non sarebbe valida una clausola regolamentare, anche di natura contrattuale, che disponesse altrimenti. Ciò non toglie, tuttavia, che tale diritto possa essere regolamentato. Così, ad esempio, la giurisprudenza ha affermato che la clausola regolamentare che limita il potere di rappresentanza, nel senso di consentirne l’esercizio solo tramite determinate persone, quali ad esempio parenti o altro condòmino, non contrasta con il disposto dell’art. 67 cit., in quanto la disciplina posta da tale articolo non osta alla regolamentazione del diritto di farsi rappresentare quanto alle concrete modalità di esercizio (Cass. 11-8-1982, n. 4530).
Il regolamento, altresì, può stabilire limiti al numero di deleghe conferite ad un solo condòmino. Qualora un condòmino sia fornito di un numero di deleghe superiore a quello consentito, si configura un vizio nel procedimento di formazione della delibera, che dà luogo non ad un’ipotesi di nullità della delibera stessa, bensì ad un caso di annullabilità ex art. 1137 c.c. (Cass. 12-12-1986, n. 7402). Al riguardo è bene precisare che, affinchè la delibera possa considerarsi viziata, è necessario che i voti invalidi siano proprio quelli che hanno determinato il raggiungimento del numero legale e del quorum necessario. Ove ciò non si verifichi, la giurisprudenza, ricorrendo a quella che in diritto processuale amministrativo viene definita «prova di resistenza», tende a considerare ugualmente valida la delibera, sul rilievo dell’assoluta ininfluenza, sul piano sostanziale, della dichiarazione di illegittimità dei voti invalidamente esercitati (CUSANO).
Viene da chiedersi se sia possibile farsi rappresentare in assemblea dall’amministratore. La giurisprudenza si è espressa favorevolmente, affermando che un condòmino può legittimamente delegare l’amministratore a partecipare alle assemblee (a maggior ragione nel caso in cui l’amministratore medesimo sia anche condòmino). Occorre tuttavia verificare, nel caso concreto, se si configuri un conflitto, anche solo potenziale, tra amministratore e condominio. Può in caso affermativo essere applicato in via analogica l’art. 2373 c.c., che prevede l’impugnabilità della delibera, previo esperimento della c.d. prova di resistenza (Trib. Barcellona Pozzo Di Gotto, 5-12-1994, n. 328). Ma in quale caso può configurarsi un tale conflitto? Esso è certamente presente nelle materie relative alla discussione ed approvazione del bilancio consuntivo e alla nomina o riconferma dell’amministratore. Pertanto ove l’amministratore rappresenti per delega la maggioranza dei presenti all’assemblea, le relative delibere devono considerarsi annullabili, in quanto non vi è stata la possibilità di un concreto dibattito su argomenti relativamente ai quali l’amministratore potrebbe avere un interesse personale in contrasto con quello del condominio.
Quanto, infine, ai rapporti intercorrenti tra rappresentante e rappresentato, questi sono disciplinati dalle regole del mandato, con la conseguenza che il solo delegante è legittimato a far valere gli eventuali vizi della delega (Cass. 26-4-1994, n. 3952).
Presidente e segretario
- L’assemblea di condominio può nominare un presidente, un vicepresidente ed un segretario, che dirigano la riunione e vigilino sul suo regolare svolgimento. La funzione di presidente può essere svolta solo da un condòmino, mentre quella di segretario può essere assunta anche da un terzo estraneo al condominio.
Nulla disponendo la legge al riguardo, è pacifico che la mancata nomina del presidente e del segretario, o l’eventuale irregolarità relativa ad essa, non comporta alcuna forma di invalidità delle delibere assembleari (Cass. 27-6-1987, n. 5709).
Verbale
- Vedi Verbale di assemblea


SOGGETTI AVENTI DIRITTO A PARTECIPARE ALL'ASSEMBLEA CONDOMINIALE


Soggetto Disposizione normativa

Il proprietario Art. 1136, 1° co. c.c.

Un proprietario pro quota (comunione) Art. 67 disp. att. c.c.

Il nudo proprietario (per le delibere in materia Art. 67 disp. att. c.c.
di innovazioni o manutenzioni straordinarie)

L’usufruttuario (quando si delibera in materia di Art. 67 disp. att. c.c.
ordinaria manutenzione o godimento dei beni
comuni)

Il conduttore (nel caso di delibere in merito alla Art. 10 L. 27-7-1978, n. 392
gestione del riscaldamento o del condizionamento
d’aria)




POTERI DELL'ASSEMBLEA CONDOMINIALE NORMA



Conferma amministratore e determinazione del Art. 1135 c.c.
suo compenso

Approvazione del preventivo delle spese e sua «
ripartizione

Approvazione del rendiconto annuale e dell’impiego «
del residuo attivo della gestione

Approvazione dei lavori per manutenzioni straordinarie «
e dei relativi fondi speciali

Nomina amministratore e sua retribuzione Art. 1129 c.c.

Conferimento di maggiori o minori attribuzioni Art. 1130 e 1131 c.c.
all’amministratore

Approvazione circa la ricostruzione totale o Art. 1138 c.c.
parziale dell’edificio

Approvazione e modifica del regolamento di Art. 1138 c.c.
condominio


RIMEDI IN CASO D'INERZIA DELL'ASSEMBLEA CONDOMINIALE


Rimedio generale per l’amministrazione della Art. 1105 c.c.
cosa comune nel caso in cui non si forma una
maggioranza, è quello del ricorso all’Autorità
giudiziaria

Lo stesso dicasi per quanto riguarda la Art. 1129 c.c.
nomina o la revoca dell’amministratore;
ciascun condòmino può ricorrere all’A.G.

Per quanto attiene all’ordinaria gestione Art. 1133 c.c.
dei beni e dei servizi comuni, è ammesso
ricorso all’A.G. contro i provvedimenti illegittimi
dell’amministratore

Per le riparazioni urgenti, il singolo condòmino Art. 1134 c.c.
può provvedervi direttamente con diritto al rimborso
nei confronti del condominio


Per le liti attivi o passive che eccedono le attribuzioni Art. 1131 c.c.
dell’amministratore, ciascun condòmino ha il diritto
di difendere i propri interessi, in relazione alle cose
comuni, agendo o resistendo in giudizio in loro difesa


Per le delibere in materia di opere di manutenzione Art. 1105 c.c.
straordinaria ma non urgente ed alla approvazione
del preventivo della gestione, è sempre ammesso
il ricorso all’A.G.


CASI DI DELIBERE ASSEMBLEARI NULLE


• quelle prese fuori dall’assemblea;

• quelle prese per corrispondenza;

• quelle adottate con maggioranze inferiori a quelle prescritte;

• quelle prese da assemblee irregolarmente convocate e/o costituite;

• quelle aventi un oggetto impossibile od illecito;

• quelle che ledono la proprietà del singolo condomino.


DELIBERE NULLE PER MANCANZA DELL'UNANIMITÀ


• delibere che, a modifica del regolamento condominiale, introducono clausole limitative del diritto del singolo ad usare la cosa comune al pari degli altri condòmini;

• quelle relative all’acquisto di un immobile;

• quelle relative alla vendita di un immobile comune;

• quelle attinenti innovazioni gravose e voluttuarie non suscettibili di proprietà separata;

• quelle introducenti innovazioni per alterazione del decoro architettonico;

• quelle stabilenti concessioni a terzi come la costituzione di diritti reali.

• quelle che nella ripartizione delle spese comuni non tengono conto dei criteri fissati dalla legge.