Ascensore

Per ascensore (figg. 4, 5 e 6) deve intendersi l’impianto meccanico di sollevamento di persone e cose ai diversi piani dell’edificio, sia per raggiungere il sottosuolo, sia per raggiungere i piani superiori a quello terreno. Tale impianto è costituito da una cabina a scorrimento verticale tra due guide, sostenuta da funi d’acciaio e tirata da un argano elettrico.
Pur essendo l’ascensore espressamente ricompreso dall’art. 1117 c.c. tra le parti comuni dell’edificio, si rendono necessarie delle precisazioni. L’impianto installato coevamente alla realizzazione dell’edificio condominiale, appartiene in comunione a tutti i condòmini. La presunzione di comunione è tuttavia superata ove sia provato che taluno dei condòmini non possa beneficiare del servizio. In mancanza di tale prova la comproprietà dell’ascensore deve essere estesa anche ai proprietari degli immobili siti al piano terreno e dei locali adibiti ad esercizi commerciali, nonché ai proprietari del solo lastrico solare o di box interrati, e ciò per una serie di motivi. L’uso comune deve ritenersi sussistente, infatti, non solo nel caso di utilizzazione diretta, ma anche nel caso di utilizzazione «indiretta», dovendosi intendere per tale l’utilità potenziale derivante dalla possibilità, offerta dall’impianto, di raggiungere più comodamente parti comuni dell’edificio, quali il lastrico solare, i locali sottotetto, e così via. Inoltre l’ascensore contribuisce a conferire maggior pregio e valore economico all’intero edificio, cosa questa che avvantaggia tutti i condòmini, compresi coloro che non traggono dal bene un’utilità diretta.
Diverso è il caso in cui l’ascensore venga installato in un momento successivo alla costruzione e vendita del fabbricato, e dunque successivamente alla costituzione del condominio. In tale ipotesi, infatti, l’impianto apparterrà ai soli condòmini che hanno sostenuto la spesa, rimanendo in ogni caso salva la facoltà per gli altri condòmini di usufruirne in qualsiasi momento, contribuendo ai costi di installazione e manutenzione.
Secondo la giurisprudenza meno recente, l’installazione di ascensori in edifici condominiali che in origine ne erano sprovvisti configurava in ogni caso una innovazione e, in quanto tale, richiedeva la maggioranza di cui al 5° co. dell’art. 1136 c.c., ossia un numero di voti che rappresentasse la maggioranza dei partecipanti al condominio ed i due terzi del valore dell’edificio (Cass. 9-7-1975, n. 2696). I più moderni orientamenti, invece, superano questa impostazione, basata su un concetto «astratto» di innovazione, affermando la necessità di verificare in concreto le caratteristiche degli interventi che si intendono attuare, e la loro idoneità a compromettere o meno la destinazione del bene comune (Trib. Foggia 29-6-1991): così nel caso in cui l’installazione dell’ascensore configuri semplicemente un uso più intenso del bene comune, senza alcuna sua alterazione, non si configura un’innovazione, bensì una pura e semplice modificazione, volta a migliorare il godimento della cosa comune, con la conseguente applicabilità dell’art. 1102 c.c., e non dell’art. 1120 c.c.
È stato inoltre riconosciuto in giurisprudenza il diritto di installare l’ascensore nella tromba delle scale, pur se l’installazione comporti un limitato restringimento dello spazio di passaggio comune, e ciò sulla scorta della considerazione che una modesta compressione del diritto di cui all’art. 1102 c.c. deve ritenersi tollerabile se giustificata dall’interesse altrui ad un uso più proficuo della cosa comune (Pret. Catania 14-5-1991).
Non costituisce innovazione neppure la sostituzione di un ascensore usurato, in quanto le cose comuni oggetto di modifica conservano inalterata la loro destinazione.