Aria condizionata

L’impianto di aria condizionata centralizzato è da considerarsi, se non risulta diversamente dal titolo, quale parte comune dell’edificio, fino al punto di diramazione degli impianti ai locali di proprietà esclusiva dei singoli condòmini.
Quanto invece agli impianti di condizionamento singoli, il principio generale è che nessuno può vietarne al condòmino l’installazione, rientrandosi, in questo caso, nel diritto di ciascuno di disporre come meglio crede della sua proprietà.
Le principali problematiche attengono alla disciplina delle immissioni e del decoro architettonico.
Quanto al primo aspetto, va sottolineato che l’impianto di condizionamento non deve provocare, ai sensi dell’art. 844 c.c., immissioni sonore tali da superare la soglia della normale tollerabilità. Qualora ciò si verifichi, è in facoltà di ciascun condòmino adire l’Autorità Giudiziaria al fine di ottenere la sostituzione dell’impianto con uno diverso, che soddisfi comunque le esigenze del condominio.
Riguardo poi al decoro architettonico dell’edificio, problemi si pongono in relazione a quegli elementi dell’impianto che, per loro natura, possono alterare l’aspetto estetico dell’edificio stesso. Si pensi, ad esempio, alle griglie o alle bocchette che, nel caso di impianti di grandi dimensioni, vengono necessariamente ad occupare parte della facciata dell’edificio, con un impatto estetico negativo. Anche in questo caso, come in quello esaminato in precedenza, sarà possibile, da parte di ciascun condòmino, adire l’Autorità Giudiziaria al fine di far valere le proprie ragioni.
Va ricordato, inoltre, con riguardo ai rapporti tra locatore e conduttore, che il 1° co. dell’art. 10 della L. 27-7-1978, n. 392 (Disciplina delle locazioni di immobili urbani) attribuisce al conduttore il diritto di voto, in luogo del proprietario dell’appartamento locatogli, nelle delibere dell’assemblea condominiale relative alle spese ed alle modalità di gestione dei servizi di riscaldamento e di condizionamento d’aria. Tale norma trova applicazione nell’ipotesi in cui le spese di gestione debbano essere sopportate dal conduttore ai sensi dell’art. 9 della stessa L. 392/78. Il conduttore interviene e vota in nome proprio, senza bisogno di delega da parte del locatore. È quest’ultimo, secondo un’opinione ormai consolidata, a dover invitare il conduttore, e non l’amministratore, al quale tale incombenza non può essere attribuita, non essendo egli tenuto a sapere se il condòmino abbia locato o meno l’immobile. Peraltro, secondo un diffuso orientamento giurisprudenziale, l’omessa convocazione del conduttore non è causa di invalidità della deliberazione assembleare, dovendo il relativo avviso, ai sensi dell’art. 66 disp. att. c.c., essere comunicato ai condòmini, mentre è onere di questi ultimi informare i rispettivi inquilini. Non si vede, del resto, per quale ragione le conseguenze della mancata convocazione debbano gravare sull’intero condominio, che rimane estraneo al rapporto di locazione, anziché sul singolo proprietario inadempiente.
L’inerzia del proprietario non rende la delibera assembleare inopponibile al conduttore, che potrà pretendere soltanto il risarcimento del danno.