Animali negli appartamenti

Tra le cause di maggiore litigiosità all’interno dei condomìni rientra la presenza di animali negli appartamenti, che possono in alcuni casi arrecare disturbo alla quiete condominiale (es. latrati di cani) o causare danni alle parti comuni dell’edificio.
Va innanzitutto chiarito che il divieto di tenere animali domestici negli appartamenti non può essere contenuto negli ordinari regolamenti condominiali approvati a maggioranza, non potendo tali regolamenti comportare limitazioni delle facoltà comprese nel diritto dominicale dei condòmini sulle porzioni di fabbricato di loro proprietà esclusiva (Cass. 4-12-1993, n. 12028). Il divieto di tenere animali è legittimo solo se il proprietario dell’unità immobiliare si sia obbligato contrattualmente in tal senso (ad esempio, proprio attraverso l’accettazione di un regolamento contrattuale). Peraltro qualora una norma del regolamento contrattuale vieti la detenzione di animali che possano turbare la quiete o l’igiene della collettività, il semplice possesso di animali domestici non è sufficiente a far incorrere i condòmini nel divieto, dovendosi accertare l’effettiva sussistenza del pregiudizio a danno degli altri partecipanti al condominio (Pret. Campobasso 12-5-1990).
Il condominio può agire in giudizio al fine di ottenere la cessazione delle molestie o delle immissioni causate dagli animali. Riguardo in particolare alle immissioni, queste «devono ritenersi illecite quando per la loro intensità e frequenza siano tali da cagionare l’insofferenza e provocare disturbi alla quiete o malessere anche a persone di normale sopportazione, costituendo ciò uso anormale del diritto di proprietà ed apportando una illecita immissio in alienum che deve essere eliminata» (TERZAGO). Il giudice in tal caso potrà, con un provvedimento di urgenza ex art. 700 c.p.c., disporre l’allontanamento degli animali, affidandone la custodia ad enti specializzati (Trib. Napoli 8-3-1994).
Per quanto attiene ai danni cagionati dall’animale, l’art. 2052 c.c. stabilisce una presunzione di colpa a carico del proprietario. Per vincere tale presunzione non è sufficiente la prova di avere usato la comune diligenza nella custodia dell’animale, ma occorre la prova del caso fortuito (Cass. 23-2-1983, n. 1400).
Infine deve considerarsi proibita la detenzione di animali selvatici o esotici qualora la loro presenza costituisca un pericolo per la salute o l’incolumità pubblica. Al riguardo «devono essere considerati potenzialmente un pericolo tutti gli esemplari vivi di mammiferi e rettili selvatici oppure provenienti da riproduzioni in cattività che [...] possono arrecare con la loro azione diretta effetti mortali o invalidanti per l’uomo o che, non sottoposti a controlli sanitari o a trattamenti di prevenzione, possono trasmettere malattie infettive all’uomo» (TAMBORRINO).