Amministratore di condominio
Generalità - L’amministratore è l’organo esecutivo della volontà condominiale e può essere scelto tra gli stessi condòmini, gli inquilini ovvero tra terzi estranei al condominio. Trattandosi di una figura giuridica di rappresentanza, per la sua nomina è richiesta la capacità giuridica, l’assenza di qualsivoglia vincolo di subordinazione con il condominio rappresentato e l’insussistenza di conflitti o liti con lo stesso.
Natura del rapporto - Il rapporto intercorrente tra amministratore e condominio è assimilabile, pur con tratti distintivi in ordine alle modalità di costituzione ed al contenuto «sociale» della gestione, al mandato con rappresentanza, in cui da un lato vi è il conferimento di un incarico e dall’altro vi è lo svolgimento di una precisa attività in nome e per conto del condominio, nella cui sfera giuridica i risultati della gestione si riverberano direttamente.
Nella veste di mandatario del condominio, l’amministratore deve realizzare l’incarico conferitogli secondo le regole dell’ordinaria diligenza e senza eccedere i limiti del mandato. Un tale eccesso si verifica, ad esempio, nell’ipotesi in cui egli esegua una delibera assembleare nulla. In tal caso, tuttavia, gli atti compiuti dall’amministratore possono essere ratificati dall’assemblea ma, in assenza di ratifica, l’amministratore ne risponde personalmente.
È discusso se l’incarico di amministrare il condominio possa essere conferito ad una società. La giurisprudenza ha in un primo tempo sostenuto che l’amministratore non può essere una persona giuridica sia perché il rapporto di mandato è essenzialmente caratterizzato dalla fiducia sia perché le norme del codice civile sull’amministrazione dei condomìni presuppongono che l’amministratore sia una persona fisica (Cass. 9-6-1994, n. 5608). Successivamente, tuttavia, con una pronuncia di segno opposto, la Cassazione ha affermato che la qualità di amministratore può essere rivestita da una società di persone, integrando la presenza di una pluralità di soggetti, nei casi in cui la nomina dell’amministratore sia obbligatoria, una più ampia attuazione del precetto normativo (Cass. 24-12-1994, n. 11155). Quanto alla ricorrente obiezione secondo la quale l’ingresso di nuovi soci nella società comporterebbe la violazione del principio dell’intuitus personae, tipico del mandato, la Cassazione ricorda che nel mandato è ammessa la nomina, da parte del mandatario, di un sostituto, il quale non deve essere necessariamente conosciuto né accettato dal mandante, sicché l’inserimento di nuovi soci può essere spiegato nello stesso modo, con il vantaggio che i terzi ed i condòmini possono fare affidamento su di una maggiore garanzia patrimoniale.
L’assemblea può stabilire che l’ufficio di amministratore sia gratuito ovvero retribuito, ma in mancanza di una specifica previsione opera la presunzione di onerosità di cui all’art. 1709 c.c.
Nomina da parte dell’assemblea - L’art. 1129, 1° co., c.c. stabilisce che quando i condòmini sono più di quattro l’assemblea nomina un amministratore. La norma in esame va intesa nel senso che nel caso previsto l’assemblea deve nominare un amministratore. L’assemblea ben può deliberare la nomina dell’amministratore anche se i condòmini sono in numero inferiore o uguale a quattro, non essendo previsto alcun divieto in tal senso (Cass. 3-1-1966, n. 24).
La deliberazione assembleare di nomina dell’amministratore è valida se approvata con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti ed almeno la metà del valore dell’edificio. Va aggiunto, altresì, che la nomina dell’amministratore può risultare, indipendentemente da una formale investitura da parte dell’assemblea e dall’annotazione nello speciale registro di cui all’art. 1129, ult. co., c.c., dal comportamento concludente dei condòmini, che abbiano considerato l’amministratore tale a tutti gli effetti, rivolgendosi a lui abitualmente in tale veste (Cass. 12-2-1993, n. 1791).
Particolari problemi pone il caso in cui il condominio sia costituito da due soli partecipanti, e questi ultimi decidano di nominare un amministratore. Secondo la giurisprudenza, la riduzione a due sole unità del numero dei condòmini non comporta il venir meno del condominio, ma determina solo l’inapplicabilità della disciplina di cui all’art. 1136 c.c., in tema di costituzione dell’assemblea e di validità delle relative delibere, la quale postula un numero di partecipanti superiore a due. In una siffatta ipotesi, peraltro rara nella pratica, le deliberazioni del condominio relative alla nomina dell’amministratore sono soggette, in forza del rinvio contenuto nell’art. 1139 c.c., alle disposizioni di cui agli artt. 1105 e 1106 c.c., in tema di amministrazione e di nomina dell’amministratore nella comunione (Cass. 6-2-1978, n. 535).
Può infine darsi il caso che il costruttore-venditore del fabbricato si riservi, mediante una clausola inserita nel regolamento contrattuale, il compito di amministrare il condominio in via di formazione. Tale clausola «è valida, ma perde efficacia nel momento in cui i condòmini raggiungano il numero di cinque, poiché, in tal caso, l’assemblea acquisisce i pieni poteri in ordine alla nomina dell’amministratore» (SFORZA). D’altro canto, va precisato che la riserva contenuta nel regolamento non può vincolare i condòmini indefinitamente, anche nel caso in cui il condominio sia costituito da quattro (o meno) partecipanti. Deve dunque ritenersi ammissibile la sua revoca o sostituzione con le ordinarie maggioranze all’uopo previste.
Nomina da parte dell’autorità giudiziaria - L’art. 1129, 1° co., c.c., stabilisce che se l’assemblea non provvede alla nomina dell’amministratore, nel caso in cui essa sia obbligatoria, questa è fatta dall’autorità giudiziaria su ricorso di uno o più condòmini. L’amministratore nominato giudizialmente provvede a quanto necessario per l’amministrazione della cosa comune, operando con gli stessi poteri e compiti dell’amministratore nominato dall’assemblea (salva la possibilità del giudice di limitargli i poteri), e cessando dall’incarico dal momento della nomina, da parte dell’assemblea, di un amministratore ordinario.
Cessazione dell’incarico e revoca - L’amministratore, in base al disposto di cui all’art. 1129, 2° co., c.c., dura in carica un anno e può essere revocato in ogni tempo dall’assemblea.
L’anno decorre dalla nomina. La durata prevista dalla legge è, per espressa previsione normativa, inderogabile (art. 1138, ult. co., c.c.), con la conseguenza che né il regolamento di condominio (anche se contrattuale) né l’assemblea possono disporre altrimenti.
Allo scadere del mandato l’amministratore può essere confermato con una delibera che, costituendo a tutti gli effetti una nuova nomina, necessita della stessa maggioranza prevista per la prima nomina. La conferma può anche essere tacita, il che avviene quando, alla scadenza del mandato, l’amministratore non venga sostituito.
Scaduto il termine annuale, fino alla nuova nomina o alla riconferma, l’amministratore uscente deve continuare ad esercitare le sue funzioni, conservando all’uopo anche la rappresentanza processuale (c.d. prorogatio).
Egli è tenuto a svolgere le proprie mansioni fino alla nuova nomina anche nel caso in cui abbia rassegnato le dimissioni, purché non risulti una volontà contraria da parte dell’assemblea dei condòmini.
Si è detto che l’amministratore può essere revocato in ogni tempo dall’assemblea. La revoca viene deliberata con la stessa maggioranza prevista per la nomina e prescinde dalla sussistenza di una giusta causa. Tuttavia l’amministratore effettivamente revocato per giusta causa ha diritto al pagamento del compenso in relazione al tempo di effettiva esecuzione dell’incarico, mentre quello revocato in assenza di una giusta causa può esigere anche il compenso relativo alla residua durata del suo incarico a titolo di risarcimento per l’ingiustificato venir meno del guadagno che il mandato gli prospettava.
L’amministratore può altresì essere revocato dall’autorità giudiziaria, su ricorso di ciascun condòmino, nei seguenti casi:
1) se non ha provveduto alla convocazione dell’assemblea per informarla di un’azione giudiziaria esorbitante dalle sue attribuzioni (art. 1131, ult. co., c.c.);
2) se non rende il conto della sua gestione per due anni (art. 1129, 3° co., c.c.);
3) se vi sono fondati sospetti di gravi irregolarità (art. 1129, 3° co., c.c.). Quest’ultima ipotesi si verifica, ad esempio, nel caso di mancato versamento dei contributi previdenziali dovuti per i dipendenti del condominio (es. portiere), di presentazione di rendiconti incompleti o falsati, di stipulazione di contratti, per conto del condominio, in conflitto di interessi.
Attribuzioni - Le attribuzioni dell’amministratore sono elencate all’art. 1130 c.c., ai sensi del quale l’amministratore stesso deve:
1) eseguire le deliberazioni dell’assemblea dei condòmini e curare l’osservanza del regolamento di condominio.
È ovvio che egli è tenuto ad eseguire esclusivamente le delibere che siano legittime, perfette ed efficaci. Peraltro le delibere cui l’art. 1130 fa riferimento sono solo quelle che riguardino parti e servizi comuni a tutti i condòmini, e non anche quelle che riguardino proprietà esclusive, esulando queste ultime dall’autonomo potere dell’amministratore (Cass. 8-3-1977, n. 954).
Quanto poi alla cura che l’amministratore deve avere circa l’osservanza del regolamento di condominio, si è parlato di un suo «potere-dovere di polizia», sulla scorta della considerazione che il regolamento ha natura di lex interna del condominio, che l’amministratore deve far rispettare, all’uopo comminando ammonizioni o multe e promuovendo nei confronti dei singoli condòmini azioni giudiziarie. Per le multe va precisato che la facoltà di irrogarle deve essere prevista da un’apposita clausola regolamentare, dovendo trovare il relativo potere la propria fonte nella volontà del condominio;
2) disciplinare l’uso delle cose comuni e la prestazione dei servizi nell’interesse comune, in modo che ne sia assicurato il migliore godimento a tutti i condòmini.
Le modalità d’uso delle cose e dei servizi comuni, così come le relative limitazioni, sono normalmente stabilite dal regolamento di condominio, per cui, a prima vista, potrebbe apparire superflua la previsione di cui all’art. 1130, 1° co., n. 2, c.c. In realtà, al fine di cogliere la ratio della norma, bisogna sottolineare che, pur in presenza di una dettagliata disciplina regolamentare, permane in ogni caso un margine di autonomia in capo all’amministratore, almeno per quanto attiene alle modalità di attuazione della disciplina medesima.
Ma, a parte questa considerazione, detta norma trova la sua naturale applicazione relativamente a quelle fattispecie non disciplinate dal regolamento o nel caso in cui il regolamento stesso manchi del tutto (ipotesi possibile nel caso in cui il numero dei condòmini sia inferiore a dieci).
Avverso i provvedimenti dell’amministratore, comunque, la legge ammette una possibilità di riesame. Infatti contro tali provvedimenti «il condòmino dissenziente può fare ricorso all’assemblea per sentirla decidere sulla questione: se il provvedimento viene annullato, non ha più vigore, ma se viene approvato, il condòmino controinteressato può solo impugnare la delibera assembleare nei modi e nei termini previsti dall’art. 1137 c.c.» (TAMBORRINO);
3) riscuotere i contributi ed erogare le spese occorrenti per la manutenzione ordinaria delle parti comuni dell’edificio e per l’esercizio dei servizi comuni.
I contributi vengono riscossi sulla base del preventivo e dello stato di ripartizione approvati dall’assemblea. In caso di mancato pagamento l’amministratore può ottenere dall’autorità giudiziaria l’emissione di un decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo (art. 63, 1° co., disp. att. c.c.). In caso di mora nel pagamento dei contributi che si sia protratta per un semestre l’amministratore, se il regolamento di condominio lo autorizza, può sospendere al condòmino moroso la fornitura dei servizi comuni che siano suscettibili di godimento separato (art. 63, ult. co., disp. att. c.c.).
Relativamente all’erogazione delle spese, la norma fa espresso riferimento alla manutenzione ordinaria delle parti comuni, con la conseguenza che, per quanto attiene alle spese che eccedono l’ordinaria amministrazione, è necessaria una delibera assembleare che le autorizzi. L’amministratore può di sua iniziativa ordinare opere di manutenzione straordinaria solo ove esse rivestano notevole carattere di urgenza, fermo restando l’obbligo di riferirne alla prima assemblea (art. 1135, ult. co., c.c.);
4) compiere gli atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni dell’edificio.
L’amministratore del condominio ha, tra gli altri, anche il compito di porre in essere gli atti conservativi — tra i quali rientrano anche le azioni possessorie [vedi Manutenzione (azione di); Reintegrazione (azione di)] — dei diritti inerenti alle parti comuni dell’edificio. Nell’ambito di tale attribuzione, egli ha la rappresentanza dei partecipanti al condominio e può agire in giudizio, sia contro i condòmini sia contro i terzi, con la conseguenza che, allorché si verta in tema di conservazione dei diritti condominiali attinenti alle parti comuni dell’edificio (ed anche se la controversia riguardi l’uso o il godimento della cosa comune), l’amministratore può agire in giudizio anche in difetto di una deliberazione assembleare, poiché il relativo potere inerisce alla sua qualità, restando irrilevante accertare se l’assemblea che lo ha autorizzato a promuovere l’azione sia stata o meno validamente costituita (Cass. 14-5-1990, n. 4117). Tale facoltà riconosciuta all’amministratore non esclude che ciascun condòmino possa agire in giudizio autonomamente (Cass. 16-9-1991, n. 9629).
La legittimazione dell’amministratore, d’altro canto, non si estende oltre i limiti delle domande dirette al ripristino delle parti comuni nel loro normale stato e non comprende, quindi, la domanda di risarcimento dei danni conseguenti al deprezzamento delle parti comuni che, non essendo diretta alla conservazione dell’immobile, resta nella esclusiva disponibilità dei singoli condòmini (Cass. 16-4-1992, n. 4679);
5) rendere, alla fine di ciascun anno, il conto della propria gestione.
L’obbligo di rendiconto da parte dell’amministratore sussisterebbe anche laddove nulla fosse disposto al riguardo in materia condominiale, essendo esso stabilito in modo generale per il mandatario dall’art. 1713 c.c. (TAMBORRINO). Tale obbligo «annuale» comporta che l’amministratore non è tenuto a rendere il conto su richiesta di uno qualsiasi dei condòmini.
Diverso, invece, è l’obbligo di esibire i documenti. L’orientamento giurisprudenziale più recente (Cass. 26-8-1998, n. 8460) ha riconosciuto il diritto dei singoli condòmini di chiedere ed ottenere dall’amministratore l’esibizione dei documenti contabili in qualsiasi momento e non una sola volta l’anno in sede di approvazione del rendiconto.
Va d’altro canto precisato che l’approvazione, da parte dell’assemblea dei condòmini, del rendiconto di un determinato esercizio non presuppone che la contabilità sia redatta dall’amministratore con forme rigorose, analoghe a quelle prescritte per i bilanci delle società, ma è sufficiente che la stessa sia idonea a rendere intelligibile ai condòmini le voci di entrata e di uscita, con le relative quote di ripartizione (Cass. 20-4-1994, n. 3747).
Tabella riassuntiva dei doveri dell’amministratore
1. Eseguire le delibere assembleari.
2. Disciplinare l’uso dei beni comuni.
3. Assicurare il funzionamento dei servizi condominiali.
4. Riscuotere i contributi.
5. Erogare le spese.
6. Presentare il preventivo annuale.
7. Rendere il conto annuale della gestione.
8. Convocare immediatamente l’assemblea straordinaria in caso di notifica al condominio di atti di citazione e di ordinanze amministrative che esorbitano dai suoi poteri.
9. Tenere una corretta contabilità.
10. Ordinare immediatamente le opere necessarie nei casi di necessità ed urgenza.
Legittimazione attiva e passiva - L’art. 1131, 1° co., c.c., stabilisce che, nei limiti stabiliti dall’art. 1130 c.c. o dei maggiori poteri conferitigli dal regolamento di condominio o dall’assemblea, l’amministratore ha la rappresentanza dei partecipanti al condominio e può agire in giudizio sia contro i condòmini sia contro i terzi. L’amministratore, senza la necessità di una delibera assembleare, può esercitare azioni possessorie e cautelari, può agire contro l’appaltatore, ai sensi dell’art. 1669 c.c., per la rimozione di gravi difetti di costruzione, può esperire azioni dirette alla rimozione di opere realizzate dai condòmini illegittimamente ove le stesse pregiudichino il normale uso della cosa comune. Egli non è invece legittimato ad esperire azioni petitorie: trattandosi infatti di azioni che incidono sulla sorte delle cose comuni in maniera definitiva, esse possono essere esercitate solo da chi può disporne, ossia dai condòmini.
Quanto alla rappresentanza passiva, l’amministratore può essere convenuto in giudizio per qualunque azione concernente le parti comuni dell’edificio (art. 1131, 2° co., c.c.). La rappresentanza passiva in giudizio ha un ambito più esteso della rappresentanza attiva purché l’azione si riferisca a parti o servizi comuni: l’amministratore chiamato in giudizio, pertanto, può proporre eccezioni e difese anche in materie esorbitanti dai suoi poteri, purché ne dia notizia all’assemblea dei condòmini.
È di tutta evidenza come i poteri di rappresentanza processuale dell’amministratore differiscano a seconda se si tratti di rappresentanza attiva o di rappresentanza passiva: nel primo caso, infatti, essi coincidono con i limiti delle sue attribuzioni, salvi i maggiori poteri conferitigli dal regolamento di condominio o dall’assemblea; nel secondo caso, invece, la rappresentanza dell’amministratore non incontra limiti, tanto che egli non necessita di alcuna autorizzazione dell’assemblea per resistere in giudizio e per proporre le impugnazioni che si rendano successivamente necessarie, compreso il ricorso per Cassazione. L’inosservanza dell’obbligo di informare i condòmini dell’esistenza di un procedimento contro il condominio, di cui all’art. 1131, 3° co., c.c., ha rilevanza puramente interna e non incide sui poteri di rappresentanza processuale dell’amministratore (Cass. 3-11-1979, n. 5698).
Obblighi fiscali dell’amministratore - L’inclusione del condominio tra i sostituti d’imposta ha comportato nuovi obblighi per l’amministratore, il quale è stato chiamato, sul piano fiscale, ad una serie di importanti adempimenti.
A) Tenuta della contabilità ed esibizione della relativa documentazione in caso di richiesta da parte dell’Amministrazione finanziaria.
L’art. 21, 11° co., lett. e) della L. 449/97, collegata alla manovra finanziaria per l’anno 1998, ha modificato l’art. 32 del D.P.R. 600/73, relativo ai poteri degli Uffici delle Imposte, stabilendo che questi, a decorrere dal 1° gennaio 1998, possono chiedere agli amministratori di condominio dati, notizie e documenti riguardanti la gestione condominiale.
E l’art. 25 della L. 28/99 (c.d. legge fiscale omnibus) nell’aggiungere due nuovi commi all’art. 32 citato dispone, tra l’altro, che qualora il «contribuente» (e quindi anche l’amministratore) non esibisca o non trasmetta, in risposta agli inviti dell’Ufficio, dati, notizie, atti, documenti, libri e registri, l’Amministrazione finanziaria non potrà prendere in considerazione gli stessi a favore del contribuente medesimo, ai fini dell’accertamento in sede amministrativa e contenziosa.
L’assolvimento dell’onere di esibizione o trasmissione implica, benché nulla sia stato al riguardo espressamente previsto dal legislatore, la necessità di un’analitica e corretta rendicontazione dei movimenti finanziari del condominio ed il conseguente obbligo di conservazione sia delle scritture contabili sia dei documenti in base ai quali viene redatto il rendiconto consuntivo.
B) Comunicazioni all’anagrafe tributaria.
L’art. 21, 14° co., lett. e), della L. 449/97, collegata alla manovra finanziaria per l’anno 1998, ha modificato l’art. 7 del D.P.R. 600/73, relativo alle comunicazioni da effettuare all’anagrafe tributaria, stabilendo che gli amministratori di condominio hanno l’obbligo di comunicare annualmente all’anagrafe tributaria l’ammontare di beni e servizi acquistati dal condominio. In tale comunicazione è necessario indicare anche i dati identificativi dei fornitori. L’obbligo è stato ulteriormente precisato con decreto 12-11-1998 del Direttore generale del Dipartimento delle Entrate, riportato in G.U. 4-12-1998, n. 284. Con tale provvedimento si è riaffermato l’obbligo di comunicare i dati anagrafici dell’amministratore e fiscali del condominio e dello stesso amministratore, nonchè, relativamente a ciascun fornitore, il nome ed il cognome, la data ed il luogo di nascita (se persona fisica) ovvero la ragione o denominazione sociale (se altro soggetto), il codice fiscale, il domicilio fiscale, l’importo complessivo degli acquisti di beni e servizi effettuati nell’anno solare. Non devono, invece, essere comunicati: a) i dati relativi alle forniture di acqua, energia elettrica e gas; b) i dati relativi alle forniture di servizi che abbiano comportato il pagamento di compensi soggetti alle ritenute alla fonte; c) con riferimento al singolo fornitore, i dati elencati alla lettera b) qualora l’importo complessivo degli acquisti effettuati nell’anno solare non sia superiore a lire cinquecentomila.
Le modalità e i termini di effettuazione delle comunicazioni sono individuati con i decreti di approvazione dei modelli di dichiarazione dei redditi e dei sostituti di imposta.
C) Obbligo di presentazione del modello 770, nonché di comunicazione del quadro SW relativamente agli acquisti di beni e servizi effettuati dal condominio
L’obbligo di presentazione, per conto del condominio, quale sostituto d’imposta, della dichiarazione relativa al modello 770 discende dall’inclusione del condominio stesso tra i sostituti d’imposta, mentre quello di comunicazione del nuovo modello SW è proprio dell’amministratore in carica al 31 dicembre (e quindi alla fine dell’esercizio) dell’anno di riferimento. Nella comunicazione devono essere indicati i dati anagrafici e fiscali delle ditte fornitrici, nonché il totale degli importi versati per l’acquisto di beni e servizi, avendo come periodo di riferimento l’intero anno solare precedente. È irrilevante la circostanza che nel corso dell’anno si siano avvicendati più amministratori, perché la dichiarazione è sempre riferita all’intero anno.
Per gli altri obblighi vedi Sostituto d’imposta.
Natura del rapporto - Il rapporto intercorrente tra amministratore e condominio è assimilabile, pur con tratti distintivi in ordine alle modalità di costituzione ed al contenuto «sociale» della gestione, al mandato con rappresentanza, in cui da un lato vi è il conferimento di un incarico e dall’altro vi è lo svolgimento di una precisa attività in nome e per conto del condominio, nella cui sfera giuridica i risultati della gestione si riverberano direttamente.
Nella veste di mandatario del condominio, l’amministratore deve realizzare l’incarico conferitogli secondo le regole dell’ordinaria diligenza e senza eccedere i limiti del mandato. Un tale eccesso si verifica, ad esempio, nell’ipotesi in cui egli esegua una delibera assembleare nulla. In tal caso, tuttavia, gli atti compiuti dall’amministratore possono essere ratificati dall’assemblea ma, in assenza di ratifica, l’amministratore ne risponde personalmente.
È discusso se l’incarico di amministrare il condominio possa essere conferito ad una società. La giurisprudenza ha in un primo tempo sostenuto che l’amministratore non può essere una persona giuridica sia perché il rapporto di mandato è essenzialmente caratterizzato dalla fiducia sia perché le norme del codice civile sull’amministrazione dei condomìni presuppongono che l’amministratore sia una persona fisica (Cass. 9-6-1994, n. 5608). Successivamente, tuttavia, con una pronuncia di segno opposto, la Cassazione ha affermato che la qualità di amministratore può essere rivestita da una società di persone, integrando la presenza di una pluralità di soggetti, nei casi in cui la nomina dell’amministratore sia obbligatoria, una più ampia attuazione del precetto normativo (Cass. 24-12-1994, n. 11155). Quanto alla ricorrente obiezione secondo la quale l’ingresso di nuovi soci nella società comporterebbe la violazione del principio dell’intuitus personae, tipico del mandato, la Cassazione ricorda che nel mandato è ammessa la nomina, da parte del mandatario, di un sostituto, il quale non deve essere necessariamente conosciuto né accettato dal mandante, sicché l’inserimento di nuovi soci può essere spiegato nello stesso modo, con il vantaggio che i terzi ed i condòmini possono fare affidamento su di una maggiore garanzia patrimoniale.
L’assemblea può stabilire che l’ufficio di amministratore sia gratuito ovvero retribuito, ma in mancanza di una specifica previsione opera la presunzione di onerosità di cui all’art. 1709 c.c.
Nomina da parte dell’assemblea - L’art. 1129, 1° co., c.c. stabilisce che quando i condòmini sono più di quattro l’assemblea nomina un amministratore. La norma in esame va intesa nel senso che nel caso previsto l’assemblea deve nominare un amministratore. L’assemblea ben può deliberare la nomina dell’amministratore anche se i condòmini sono in numero inferiore o uguale a quattro, non essendo previsto alcun divieto in tal senso (Cass. 3-1-1966, n. 24).
La deliberazione assembleare di nomina dell’amministratore è valida se approvata con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti ed almeno la metà del valore dell’edificio. Va aggiunto, altresì, che la nomina dell’amministratore può risultare, indipendentemente da una formale investitura da parte dell’assemblea e dall’annotazione nello speciale registro di cui all’art. 1129, ult. co., c.c., dal comportamento concludente dei condòmini, che abbiano considerato l’amministratore tale a tutti gli effetti, rivolgendosi a lui abitualmente in tale veste (Cass. 12-2-1993, n. 1791).
Particolari problemi pone il caso in cui il condominio sia costituito da due soli partecipanti, e questi ultimi decidano di nominare un amministratore. Secondo la giurisprudenza, la riduzione a due sole unità del numero dei condòmini non comporta il venir meno del condominio, ma determina solo l’inapplicabilità della disciplina di cui all’art. 1136 c.c., in tema di costituzione dell’assemblea e di validità delle relative delibere, la quale postula un numero di partecipanti superiore a due. In una siffatta ipotesi, peraltro rara nella pratica, le deliberazioni del condominio relative alla nomina dell’amministratore sono soggette, in forza del rinvio contenuto nell’art. 1139 c.c., alle disposizioni di cui agli artt. 1105 e 1106 c.c., in tema di amministrazione e di nomina dell’amministratore nella comunione (Cass. 6-2-1978, n. 535).
Può infine darsi il caso che il costruttore-venditore del fabbricato si riservi, mediante una clausola inserita nel regolamento contrattuale, il compito di amministrare il condominio in via di formazione. Tale clausola «è valida, ma perde efficacia nel momento in cui i condòmini raggiungano il numero di cinque, poiché, in tal caso, l’assemblea acquisisce i pieni poteri in ordine alla nomina dell’amministratore» (SFORZA). D’altro canto, va precisato che la riserva contenuta nel regolamento non può vincolare i condòmini indefinitamente, anche nel caso in cui il condominio sia costituito da quattro (o meno) partecipanti. Deve dunque ritenersi ammissibile la sua revoca o sostituzione con le ordinarie maggioranze all’uopo previste.
Nomina da parte dell’autorità giudiziaria - L’art. 1129, 1° co., c.c., stabilisce che se l’assemblea non provvede alla nomina dell’amministratore, nel caso in cui essa sia obbligatoria, questa è fatta dall’autorità giudiziaria su ricorso di uno o più condòmini. L’amministratore nominato giudizialmente provvede a quanto necessario per l’amministrazione della cosa comune, operando con gli stessi poteri e compiti dell’amministratore nominato dall’assemblea (salva la possibilità del giudice di limitargli i poteri), e cessando dall’incarico dal momento della nomina, da parte dell’assemblea, di un amministratore ordinario.
Cessazione dell’incarico e revoca - L’amministratore, in base al disposto di cui all’art. 1129, 2° co., c.c., dura in carica un anno e può essere revocato in ogni tempo dall’assemblea.
L’anno decorre dalla nomina. La durata prevista dalla legge è, per espressa previsione normativa, inderogabile (art. 1138, ult. co., c.c.), con la conseguenza che né il regolamento di condominio (anche se contrattuale) né l’assemblea possono disporre altrimenti.
Allo scadere del mandato l’amministratore può essere confermato con una delibera che, costituendo a tutti gli effetti una nuova nomina, necessita della stessa maggioranza prevista per la prima nomina. La conferma può anche essere tacita, il che avviene quando, alla scadenza del mandato, l’amministratore non venga sostituito.
Scaduto il termine annuale, fino alla nuova nomina o alla riconferma, l’amministratore uscente deve continuare ad esercitare le sue funzioni, conservando all’uopo anche la rappresentanza processuale (c.d. prorogatio).
Egli è tenuto a svolgere le proprie mansioni fino alla nuova nomina anche nel caso in cui abbia rassegnato le dimissioni, purché non risulti una volontà contraria da parte dell’assemblea dei condòmini.
Si è detto che l’amministratore può essere revocato in ogni tempo dall’assemblea. La revoca viene deliberata con la stessa maggioranza prevista per la nomina e prescinde dalla sussistenza di una giusta causa. Tuttavia l’amministratore effettivamente revocato per giusta causa ha diritto al pagamento del compenso in relazione al tempo di effettiva esecuzione dell’incarico, mentre quello revocato in assenza di una giusta causa può esigere anche il compenso relativo alla residua durata del suo incarico a titolo di risarcimento per l’ingiustificato venir meno del guadagno che il mandato gli prospettava.
L’amministratore può altresì essere revocato dall’autorità giudiziaria, su ricorso di ciascun condòmino, nei seguenti casi:
1) se non ha provveduto alla convocazione dell’assemblea per informarla di un’azione giudiziaria esorbitante dalle sue attribuzioni (art. 1131, ult. co., c.c.);
2) se non rende il conto della sua gestione per due anni (art. 1129, 3° co., c.c.);
3) se vi sono fondati sospetti di gravi irregolarità (art. 1129, 3° co., c.c.). Quest’ultima ipotesi si verifica, ad esempio, nel caso di mancato versamento dei contributi previdenziali dovuti per i dipendenti del condominio (es. portiere), di presentazione di rendiconti incompleti o falsati, di stipulazione di contratti, per conto del condominio, in conflitto di interessi.
Attribuzioni - Le attribuzioni dell’amministratore sono elencate all’art. 1130 c.c., ai sensi del quale l’amministratore stesso deve:
1) eseguire le deliberazioni dell’assemblea dei condòmini e curare l’osservanza del regolamento di condominio.
È ovvio che egli è tenuto ad eseguire esclusivamente le delibere che siano legittime, perfette ed efficaci. Peraltro le delibere cui l’art. 1130 fa riferimento sono solo quelle che riguardino parti e servizi comuni a tutti i condòmini, e non anche quelle che riguardino proprietà esclusive, esulando queste ultime dall’autonomo potere dell’amministratore (Cass. 8-3-1977, n. 954).
Quanto poi alla cura che l’amministratore deve avere circa l’osservanza del regolamento di condominio, si è parlato di un suo «potere-dovere di polizia», sulla scorta della considerazione che il regolamento ha natura di lex interna del condominio, che l’amministratore deve far rispettare, all’uopo comminando ammonizioni o multe e promuovendo nei confronti dei singoli condòmini azioni giudiziarie. Per le multe va precisato che la facoltà di irrogarle deve essere prevista da un’apposita clausola regolamentare, dovendo trovare il relativo potere la propria fonte nella volontà del condominio;
2) disciplinare l’uso delle cose comuni e la prestazione dei servizi nell’interesse comune, in modo che ne sia assicurato il migliore godimento a tutti i condòmini.
Le modalità d’uso delle cose e dei servizi comuni, così come le relative limitazioni, sono normalmente stabilite dal regolamento di condominio, per cui, a prima vista, potrebbe apparire superflua la previsione di cui all’art. 1130, 1° co., n. 2, c.c. In realtà, al fine di cogliere la ratio della norma, bisogna sottolineare che, pur in presenza di una dettagliata disciplina regolamentare, permane in ogni caso un margine di autonomia in capo all’amministratore, almeno per quanto attiene alle modalità di attuazione della disciplina medesima.
Ma, a parte questa considerazione, detta norma trova la sua naturale applicazione relativamente a quelle fattispecie non disciplinate dal regolamento o nel caso in cui il regolamento stesso manchi del tutto (ipotesi possibile nel caso in cui il numero dei condòmini sia inferiore a dieci).
Avverso i provvedimenti dell’amministratore, comunque, la legge ammette una possibilità di riesame. Infatti contro tali provvedimenti «il condòmino dissenziente può fare ricorso all’assemblea per sentirla decidere sulla questione: se il provvedimento viene annullato, non ha più vigore, ma se viene approvato, il condòmino controinteressato può solo impugnare la delibera assembleare nei modi e nei termini previsti dall’art. 1137 c.c.» (TAMBORRINO);
3) riscuotere i contributi ed erogare le spese occorrenti per la manutenzione ordinaria delle parti comuni dell’edificio e per l’esercizio dei servizi comuni.
I contributi vengono riscossi sulla base del preventivo e dello stato di ripartizione approvati dall’assemblea. In caso di mancato pagamento l’amministratore può ottenere dall’autorità giudiziaria l’emissione di un decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo (art. 63, 1° co., disp. att. c.c.). In caso di mora nel pagamento dei contributi che si sia protratta per un semestre l’amministratore, se il regolamento di condominio lo autorizza, può sospendere al condòmino moroso la fornitura dei servizi comuni che siano suscettibili di godimento separato (art. 63, ult. co., disp. att. c.c.).
Relativamente all’erogazione delle spese, la norma fa espresso riferimento alla manutenzione ordinaria delle parti comuni, con la conseguenza che, per quanto attiene alle spese che eccedono l’ordinaria amministrazione, è necessaria una delibera assembleare che le autorizzi. L’amministratore può di sua iniziativa ordinare opere di manutenzione straordinaria solo ove esse rivestano notevole carattere di urgenza, fermo restando l’obbligo di riferirne alla prima assemblea (art. 1135, ult. co., c.c.);
4) compiere gli atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni dell’edificio.
L’amministratore del condominio ha, tra gli altri, anche il compito di porre in essere gli atti conservativi — tra i quali rientrano anche le azioni possessorie [vedi Manutenzione (azione di); Reintegrazione (azione di)] — dei diritti inerenti alle parti comuni dell’edificio. Nell’ambito di tale attribuzione, egli ha la rappresentanza dei partecipanti al condominio e può agire in giudizio, sia contro i condòmini sia contro i terzi, con la conseguenza che, allorché si verta in tema di conservazione dei diritti condominiali attinenti alle parti comuni dell’edificio (ed anche se la controversia riguardi l’uso o il godimento della cosa comune), l’amministratore può agire in giudizio anche in difetto di una deliberazione assembleare, poiché il relativo potere inerisce alla sua qualità, restando irrilevante accertare se l’assemblea che lo ha autorizzato a promuovere l’azione sia stata o meno validamente costituita (Cass. 14-5-1990, n. 4117). Tale facoltà riconosciuta all’amministratore non esclude che ciascun condòmino possa agire in giudizio autonomamente (Cass. 16-9-1991, n. 9629).
La legittimazione dell’amministratore, d’altro canto, non si estende oltre i limiti delle domande dirette al ripristino delle parti comuni nel loro normale stato e non comprende, quindi, la domanda di risarcimento dei danni conseguenti al deprezzamento delle parti comuni che, non essendo diretta alla conservazione dell’immobile, resta nella esclusiva disponibilità dei singoli condòmini (Cass. 16-4-1992, n. 4679);
5) rendere, alla fine di ciascun anno, il conto della propria gestione.
L’obbligo di rendiconto da parte dell’amministratore sussisterebbe anche laddove nulla fosse disposto al riguardo in materia condominiale, essendo esso stabilito in modo generale per il mandatario dall’art. 1713 c.c. (TAMBORRINO). Tale obbligo «annuale» comporta che l’amministratore non è tenuto a rendere il conto su richiesta di uno qualsiasi dei condòmini.
Diverso, invece, è l’obbligo di esibire i documenti. L’orientamento giurisprudenziale più recente (Cass. 26-8-1998, n. 8460) ha riconosciuto il diritto dei singoli condòmini di chiedere ed ottenere dall’amministratore l’esibizione dei documenti contabili in qualsiasi momento e non una sola volta l’anno in sede di approvazione del rendiconto.
Va d’altro canto precisato che l’approvazione, da parte dell’assemblea dei condòmini, del rendiconto di un determinato esercizio non presuppone che la contabilità sia redatta dall’amministratore con forme rigorose, analoghe a quelle prescritte per i bilanci delle società, ma è sufficiente che la stessa sia idonea a rendere intelligibile ai condòmini le voci di entrata e di uscita, con le relative quote di ripartizione (Cass. 20-4-1994, n. 3747).
Tabella riassuntiva dei doveri dell’amministratore
1. Eseguire le delibere assembleari.
2. Disciplinare l’uso dei beni comuni.
3. Assicurare il funzionamento dei servizi condominiali.
4. Riscuotere i contributi.
5. Erogare le spese.
6. Presentare il preventivo annuale.
7. Rendere il conto annuale della gestione.
8. Convocare immediatamente l’assemblea straordinaria in caso di notifica al condominio di atti di citazione e di ordinanze amministrative che esorbitano dai suoi poteri.
9. Tenere una corretta contabilità.
10. Ordinare immediatamente le opere necessarie nei casi di necessità ed urgenza.
Legittimazione attiva e passiva - L’art. 1131, 1° co., c.c., stabilisce che, nei limiti stabiliti dall’art. 1130 c.c. o dei maggiori poteri conferitigli dal regolamento di condominio o dall’assemblea, l’amministratore ha la rappresentanza dei partecipanti al condominio e può agire in giudizio sia contro i condòmini sia contro i terzi. L’amministratore, senza la necessità di una delibera assembleare, può esercitare azioni possessorie e cautelari, può agire contro l’appaltatore, ai sensi dell’art. 1669 c.c., per la rimozione di gravi difetti di costruzione, può esperire azioni dirette alla rimozione di opere realizzate dai condòmini illegittimamente ove le stesse pregiudichino il normale uso della cosa comune. Egli non è invece legittimato ad esperire azioni petitorie: trattandosi infatti di azioni che incidono sulla sorte delle cose comuni in maniera definitiva, esse possono essere esercitate solo da chi può disporne, ossia dai condòmini.
Quanto alla rappresentanza passiva, l’amministratore può essere convenuto in giudizio per qualunque azione concernente le parti comuni dell’edificio (art. 1131, 2° co., c.c.). La rappresentanza passiva in giudizio ha un ambito più esteso della rappresentanza attiva purché l’azione si riferisca a parti o servizi comuni: l’amministratore chiamato in giudizio, pertanto, può proporre eccezioni e difese anche in materie esorbitanti dai suoi poteri, purché ne dia notizia all’assemblea dei condòmini.
È di tutta evidenza come i poteri di rappresentanza processuale dell’amministratore differiscano a seconda se si tratti di rappresentanza attiva o di rappresentanza passiva: nel primo caso, infatti, essi coincidono con i limiti delle sue attribuzioni, salvi i maggiori poteri conferitigli dal regolamento di condominio o dall’assemblea; nel secondo caso, invece, la rappresentanza dell’amministratore non incontra limiti, tanto che egli non necessita di alcuna autorizzazione dell’assemblea per resistere in giudizio e per proporre le impugnazioni che si rendano successivamente necessarie, compreso il ricorso per Cassazione. L’inosservanza dell’obbligo di informare i condòmini dell’esistenza di un procedimento contro il condominio, di cui all’art. 1131, 3° co., c.c., ha rilevanza puramente interna e non incide sui poteri di rappresentanza processuale dell’amministratore (Cass. 3-11-1979, n. 5698).
Obblighi fiscali dell’amministratore - L’inclusione del condominio tra i sostituti d’imposta ha comportato nuovi obblighi per l’amministratore, il quale è stato chiamato, sul piano fiscale, ad una serie di importanti adempimenti.
A) Tenuta della contabilità ed esibizione della relativa documentazione in caso di richiesta da parte dell’Amministrazione finanziaria.
L’art. 21, 11° co., lett. e) della L. 449/97, collegata alla manovra finanziaria per l’anno 1998, ha modificato l’art. 32 del D.P.R. 600/73, relativo ai poteri degli Uffici delle Imposte, stabilendo che questi, a decorrere dal 1° gennaio 1998, possono chiedere agli amministratori di condominio dati, notizie e documenti riguardanti la gestione condominiale.
E l’art. 25 della L. 28/99 (c.d. legge fiscale omnibus) nell’aggiungere due nuovi commi all’art. 32 citato dispone, tra l’altro, che qualora il «contribuente» (e quindi anche l’amministratore) non esibisca o non trasmetta, in risposta agli inviti dell’Ufficio, dati, notizie, atti, documenti, libri e registri, l’Amministrazione finanziaria non potrà prendere in considerazione gli stessi a favore del contribuente medesimo, ai fini dell’accertamento in sede amministrativa e contenziosa.
L’assolvimento dell’onere di esibizione o trasmissione implica, benché nulla sia stato al riguardo espressamente previsto dal legislatore, la necessità di un’analitica e corretta rendicontazione dei movimenti finanziari del condominio ed il conseguente obbligo di conservazione sia delle scritture contabili sia dei documenti in base ai quali viene redatto il rendiconto consuntivo.
B) Comunicazioni all’anagrafe tributaria.
L’art. 21, 14° co., lett. e), della L. 449/97, collegata alla manovra finanziaria per l’anno 1998, ha modificato l’art. 7 del D.P.R. 600/73, relativo alle comunicazioni da effettuare all’anagrafe tributaria, stabilendo che gli amministratori di condominio hanno l’obbligo di comunicare annualmente all’anagrafe tributaria l’ammontare di beni e servizi acquistati dal condominio. In tale comunicazione è necessario indicare anche i dati identificativi dei fornitori. L’obbligo è stato ulteriormente precisato con decreto 12-11-1998 del Direttore generale del Dipartimento delle Entrate, riportato in G.U. 4-12-1998, n. 284. Con tale provvedimento si è riaffermato l’obbligo di comunicare i dati anagrafici dell’amministratore e fiscali del condominio e dello stesso amministratore, nonchè, relativamente a ciascun fornitore, il nome ed il cognome, la data ed il luogo di nascita (se persona fisica) ovvero la ragione o denominazione sociale (se altro soggetto), il codice fiscale, il domicilio fiscale, l’importo complessivo degli acquisti di beni e servizi effettuati nell’anno solare. Non devono, invece, essere comunicati: a) i dati relativi alle forniture di acqua, energia elettrica e gas; b) i dati relativi alle forniture di servizi che abbiano comportato il pagamento di compensi soggetti alle ritenute alla fonte; c) con riferimento al singolo fornitore, i dati elencati alla lettera b) qualora l’importo complessivo degli acquisti effettuati nell’anno solare non sia superiore a lire cinquecentomila.
Le modalità e i termini di effettuazione delle comunicazioni sono individuati con i decreti di approvazione dei modelli di dichiarazione dei redditi e dei sostituti di imposta.
C) Obbligo di presentazione del modello 770, nonché di comunicazione del quadro SW relativamente agli acquisti di beni e servizi effettuati dal condominio
L’obbligo di presentazione, per conto del condominio, quale sostituto d’imposta, della dichiarazione relativa al modello 770 discende dall’inclusione del condominio stesso tra i sostituti d’imposta, mentre quello di comunicazione del nuovo modello SW è proprio dell’amministratore in carica al 31 dicembre (e quindi alla fine dell’esercizio) dell’anno di riferimento. Nella comunicazione devono essere indicati i dati anagrafici e fiscali delle ditte fornitrici, nonché il totale degli importi versati per l’acquisto di beni e servizi, avendo come periodo di riferimento l’intero anno solare precedente. È irrilevante la circostanza che nel corso dell’anno si siano avvicendati più amministratori, perché la dichiarazione è sempre riferita all’intero anno.
Per gli altri obblighi vedi Sostituto d’imposta.