Usucàpio

Usucàpio [Usucapione; cfr. artt. 1158 ss. c.c.]

L’(—) era definita da Modestino [vedi] come “adièctio domìnii per continuatiònem possessiònis tèmporis lege definiti” (cioè, annessione di una res [vedi] al proprio dominium attraverso il possesso continuativo, per un periodo di tempo stabilito dalla legge); si trattava, pertanto, di un modo di acquisto della proprietà, fondato sul possesso di una res protratto per un certo periodo di tempo (tempus ad usucapiònem) secondo le condizioni volute dal iùs civile [vedi], attraverso il quale il possessore diventava dòminus ex iure Quiritium [vedi].
Il termine fissato dalla legge delle XII Tavole [vedi lex XII Tabulàrum] fu di due anni per i fondi e di un anno per tutte le altre res.
Poteva esservi usucapione solo:
— a favore di un soggetto che poteva diventare dominus ex iure Quiritium (cioè di cittadino romano);
— relativamente a cose che potevano essere oggetto di dominium ex iure Quiritium (non, ad es., i fundi provinciali [vedi fundi in agro provinciale]).
In età classica furono richiesti due ulteriori requisiti fondamentali:
— la giusta causa dell’acquisto;
— la buona fede del possessore: a tutela di quest’ultimo il pretore concesse l’àctio Publiciàna [vedi].
Si richiese inoltre che la res fosse “habilis ad usucapionem” nel senso che vi furono alcune categorie di cose che non potevano essere usucapite, a causa di loro caratteristiche obiettive. Infatti, l’usucapione non poteva verificarsi, secondo quanto stabilito già dalle XII Tavole, in ordine alle cose rubate (res furtivæ), mentre da una lex Plàutia de vi [vedi] del I sec. a.C. fu introdotto il divieto di usucapire le res vi possessæ.
In ordine a queste cose l’usucapione non poteva produrre effetti nei confronti di terzi, anche se il successivo possessore fosse stato estraneo al furto o alla violenza, dal momento che alla cosa ineriva un vizio obiettivo eliminabile solo se la cosa tornava in potere del dominus (revèrsio ad dominum). Lo stesso divieto di usucapione sussisteva per le res alienate dalle donne senza l’autorizzazione del tutore legittimo e per le res extra commercium [vedi].
In età postclassica l’(—) si fuse con la præscriptio longi temporis [vedi], progressivamente poi si finì col parlare di (—) per le res mobiles e di præscriptio longi temporis per le res immobiles, che si verificavano a favore del possessore ad usucapionem che possedesse la res habilis, rispettivamente, per tre o dieci anni.