Testamentum per æs et lìbram
Testamentum per æs et lìbram
Forma testamentaria creata nel II sec. a. C. dalla giurisprudenza pontificia; diffusasi con estrema rapidità, essa finì per diventare la più ricorrente.
Il (—) si sviluppò allorquando si cominciò ad ammettere che l’atto di nomina dell’erede potesse non avere le formalità della adrogàtio e delle solennità comiziali: l’atto in questione poteva essere inserito, invece, all’interno di un negozio avente la struttura della mancipàtio familiæ [vedi].
Il familiæ èmptor [vedi] nel (—), interveniva solo formalmente, non acquistando nulla e non ingerendosi nella esecuzione delle disposizioni: il testatore, mediante una sua dichiarazione (nuncupàtio), consegnava semplicemente il testamento al familiæ èmptor.
La redazione del testamento avveniva in presenza dei cinque testimoni e del lìbripens [vedi], ma il più delle volte il testatore recava le tavolette già preparate in tutta la parte dispositiva: a ciò si accompagnava un breve processo verbale che attestava le avvenute formalità della mancipatio familiæ. Le tavolette erano poi sigillate dai sette soggetti intervenuti.
Per la coscienza sociale era considerato importante l’esecuzione della volontà del testatore: per tale motivo tra le formalità si diede massimo valore alla nomina dell’hères e ai sigilli delle sette persone (5 testimoni, libripens e familiæ emptor).
Quanto alle altre formalità, nel caso in cui vi fosse stato un errore nella pronuncia delle dichiarazioni rituali (del testatore o del familiæ emptor), il pretore ritenne di intervenire, attribuendo la bonòrum possèssio secùndum tàbulas a chiunque risultasse nelle tabulæ erede di un testamento, pur se il testamento fosse nullo per il ius civile a causa di errori commessi nella pronuncia delle dichiarazioni rituali: peraltro, occorreva sempre che le tabulæ fossero state sigillate da sette cittadini.
Il (—) veniva anche detto testamento civile (iure civili), in contrapposizione a quello pretorio [vedi testamentum iure praetorio factum].
Forma testamentaria creata nel II sec. a. C. dalla giurisprudenza pontificia; diffusasi con estrema rapidità, essa finì per diventare la più ricorrente.
Il (—) si sviluppò allorquando si cominciò ad ammettere che l’atto di nomina dell’erede potesse non avere le formalità della adrogàtio e delle solennità comiziali: l’atto in questione poteva essere inserito, invece, all’interno di un negozio avente la struttura della mancipàtio familiæ [vedi].
Il familiæ èmptor [vedi] nel (—), interveniva solo formalmente, non acquistando nulla e non ingerendosi nella esecuzione delle disposizioni: il testatore, mediante una sua dichiarazione (nuncupàtio), consegnava semplicemente il testamento al familiæ èmptor.
La redazione del testamento avveniva in presenza dei cinque testimoni e del lìbripens [vedi], ma il più delle volte il testatore recava le tavolette già preparate in tutta la parte dispositiva: a ciò si accompagnava un breve processo verbale che attestava le avvenute formalità della mancipatio familiæ. Le tavolette erano poi sigillate dai sette soggetti intervenuti.
Per la coscienza sociale era considerato importante l’esecuzione della volontà del testatore: per tale motivo tra le formalità si diede massimo valore alla nomina dell’hères e ai sigilli delle sette persone (5 testimoni, libripens e familiæ emptor).
Quanto alle altre formalità, nel caso in cui vi fosse stato un errore nella pronuncia delle dichiarazioni rituali (del testatore o del familiæ emptor), il pretore ritenne di intervenire, attribuendo la bonòrum possèssio secùndum tàbulas a chiunque risultasse nelle tabulæ erede di un testamento, pur se il testamento fosse nullo per il ius civile a causa di errori commessi nella pronuncia delle dichiarazioni rituali: peraltro, occorreva sempre che le tabulæ fossero state sigillate da sette cittadini.
Il (—) veniva anche detto testamento civile (iure civili), in contrapposizione a quello pretorio [vedi testamentum iure praetorio factum].