Testamèntum
Testamèntum [Testamento; cfr. artt. 587 ss. c.c.]
Il (—) (definito da Cicerone come l’atto più importante nella vita del civis), era l’atto unilaterale (redatto oralmente oppure in forma scritta), compiuto alla presenza di testimoni, attraverso il quale il pater familias [vedi] disponeva dei propri beni per il momento successivo alla sua morte.
L’enorme rilevanza sociale e giuridica del (—) indusse i giuristi romani a ritenere che un testamento, sia pur invalido, dovesse essere conservato per quanto possibile, trattandosi di un atto negoziale ormai non più ripetibile (essendo defunto il disponente): fu questo il fondamento del c.d. fàvor testamenti [vedi], principio chiave in sede di interpretazione di disposizioni testamentarie.Si affermò che il testamento doveva essere interpretato potius ut vàleat quam ut pèreat (cioè in modo che potesse esplicare la sua efficacia, piuttosto che nel senso di invalidarlo).
Il (—) presentava le seguenti caratteristiche:
— era iùris civilis, essendo accessibile solo ai cìves, cioè ai cittadini romani;
— era essenzialmente personale, nel senso che non era ammesso manifestare la volontà per mezzo di intermediari, sia nùncius [vedi] che rappresentante;
— era un atto formale, richiedendo il rispetto di determinate forme;
— era unilaterale, traendo efficacia dalla sola volontà del disponente;
— era mortis causa, nel senso che acquistava rilievo giuridico solo alla morte del testatore;
— era revocabile, poiché il testatore poteva sempre mutare volontà.
Ai fini di una valida successione testamentaria, il testatore doveva avere la testamenti fàctio attiva [vedi] e il soggetto designato come erede doveva avere la testamenti factio passiva [vedi].
• Le varie forme testamentarie.
Varie furono le forme testamentarie in uso nelle varie fasi evolutive del diritto romano:
— (—) calàtis comìtiis [vedi];
— (—) in procìnctu [vedi];
— (—) per æs et lìbram (vel iure civili) [vedi];
— (—) prætòrium (vel iure prætorio) [vedi];
— (—) tripertìtum [vedi];
— (—) mìlitis [vedi];
— (—) parentis inter liberos [vedi];
— (—) tèmpore pestis cònditum [vedi];
— (—) ruri conditum [vedi];
— (—) per nuncupatiònem [vedi];
— (—) per hologràpham scripturam [vedi];
— (—) àpud àcta [vedi];
— (—) prìncipi oblàtum [vedi].
• Caratteri del (—)
Era un atto essenzialmente revocabile: vigeva infatti il principio della libertà di testare ùsque ad extremum vitæ èxitum (fino al momento della morte).
Da ciò discendeva:
— la revocabilità del testamento;
— il divieto del testamento congiuntivo e dei patti successori, in quanto fondati sul votum captàndæ mortis;
— il principio per cui la perdita della testamènti fàctio rendeva nullo anche il precedente testamento altrimenti irrevocabile.
Il testamento poteva essere revocato solo attraverso la redazione di un altro testamento: pur se vi era una compatibilità logica tra i due testamenti, valeva soltanto il secondo.
La distruzione del testamento o la sua cancellazione da parte del testatore non comportava, invece, revoca dell’atto, che anzi era considerato ancora valido ed efficace per il iùs civile [vedi]: di conseguenza gli eredi istituiti restavano tali [vedi bonòrum possèssio sine tàbulis].
Una costituzione di Teodosio II e Valentiniano III, stabilì che un secondo testamento, anche se invalido, revocava il primo, sempreché contemplasse gli eredi legittimi esclusi dal primo e sempreché le disposizioni (invalide) fossero confermate dal giuramento di cinque testimoni.
Nel diritto giustinianeo, si ammise che il testatore, passati dieci anni dalla redazione di un testamento, potesse revocarlo mediante un atto compiuto davanti ad un magistrato e a tre testimoni (apud acta).
La sanzione di inefficacia colpiva:
— il (—) desertum [vedi];
— il (—) ruptum [vedi];
— il (—) iniustum (vel iure non factum) [vedi];
— il (—) ìrritum [vedi].
• L’apertura del (—)
La cerimonia di apertura del testamento si svolgeva a Roma davanti al pretore, oppure nelle province presso il preside.
L’apertura delle tavole testamentarie aveva luogo tra il terzo e il quinto giorno successivo alla morte del testatore presso l’ufficio delle imposte (una lex Iulia de vicesima hereditatum della età di Augusto, aveva, infatti, introdotta una imposta successoria del 5%), alla presenza dei testimoni che avevano preso parte alla redazione del testamento per il riconoscimento dei propri sigilli: in assenza dei testimoni vi dovevano assistere persone rispettabili.
Nel diritto giustinianeo, alle formalità relative all’apertura del documento sigillato e al riconoscimento dei sigilli, si sostituì, nell’ipotesi di redazione del documento notarile, il riconoscimento delle disposizioni da parte dei testimoni e delle relative subscriptiònes.
Il (—) (definito da Cicerone come l’atto più importante nella vita del civis), era l’atto unilaterale (redatto oralmente oppure in forma scritta), compiuto alla presenza di testimoni, attraverso il quale il pater familias [vedi] disponeva dei propri beni per il momento successivo alla sua morte.
L’enorme rilevanza sociale e giuridica del (—) indusse i giuristi romani a ritenere che un testamento, sia pur invalido, dovesse essere conservato per quanto possibile, trattandosi di un atto negoziale ormai non più ripetibile (essendo defunto il disponente): fu questo il fondamento del c.d. fàvor testamenti [vedi], principio chiave in sede di interpretazione di disposizioni testamentarie.Si affermò che il testamento doveva essere interpretato potius ut vàleat quam ut pèreat (cioè in modo che potesse esplicare la sua efficacia, piuttosto che nel senso di invalidarlo).
Il (—) presentava le seguenti caratteristiche:
— era iùris civilis, essendo accessibile solo ai cìves, cioè ai cittadini romani;
— era essenzialmente personale, nel senso che non era ammesso manifestare la volontà per mezzo di intermediari, sia nùncius [vedi] che rappresentante;
— era un atto formale, richiedendo il rispetto di determinate forme;
— era unilaterale, traendo efficacia dalla sola volontà del disponente;
— era mortis causa, nel senso che acquistava rilievo giuridico solo alla morte del testatore;
— era revocabile, poiché il testatore poteva sempre mutare volontà.
Ai fini di una valida successione testamentaria, il testatore doveva avere la testamenti fàctio attiva [vedi] e il soggetto designato come erede doveva avere la testamenti factio passiva [vedi].
• Le varie forme testamentarie.
Varie furono le forme testamentarie in uso nelle varie fasi evolutive del diritto romano:
— (—) calàtis comìtiis [vedi];
— (—) in procìnctu [vedi];
— (—) per æs et lìbram (vel iure civili) [vedi];
— (—) prætòrium (vel iure prætorio) [vedi];
— (—) tripertìtum [vedi];
— (—) mìlitis [vedi];
— (—) parentis inter liberos [vedi];
— (—) tèmpore pestis cònditum [vedi];
— (—) ruri conditum [vedi];
— (—) per nuncupatiònem [vedi];
— (—) per hologràpham scripturam [vedi];
— (—) àpud àcta [vedi];
— (—) prìncipi oblàtum [vedi].
• Caratteri del (—)
Era un atto essenzialmente revocabile: vigeva infatti il principio della libertà di testare ùsque ad extremum vitæ èxitum (fino al momento della morte).
Da ciò discendeva:
— la revocabilità del testamento;
— il divieto del testamento congiuntivo e dei patti successori, in quanto fondati sul votum captàndæ mortis;
— il principio per cui la perdita della testamènti fàctio rendeva nullo anche il precedente testamento altrimenti irrevocabile.
Il testamento poteva essere revocato solo attraverso la redazione di un altro testamento: pur se vi era una compatibilità logica tra i due testamenti, valeva soltanto il secondo.
La distruzione del testamento o la sua cancellazione da parte del testatore non comportava, invece, revoca dell’atto, che anzi era considerato ancora valido ed efficace per il iùs civile [vedi]: di conseguenza gli eredi istituiti restavano tali [vedi bonòrum possèssio sine tàbulis].
Una costituzione di Teodosio II e Valentiniano III, stabilì che un secondo testamento, anche se invalido, revocava il primo, sempreché contemplasse gli eredi legittimi esclusi dal primo e sempreché le disposizioni (invalide) fossero confermate dal giuramento di cinque testimoni.
Nel diritto giustinianeo, si ammise che il testatore, passati dieci anni dalla redazione di un testamento, potesse revocarlo mediante un atto compiuto davanti ad un magistrato e a tre testimoni (apud acta).
La sanzione di inefficacia colpiva:
— il (—) desertum [vedi];
— il (—) ruptum [vedi];
— il (—) iniustum (vel iure non factum) [vedi];
— il (—) ìrritum [vedi].
• L’apertura del (—)
La cerimonia di apertura del testamento si svolgeva a Roma davanti al pretore, oppure nelle province presso il preside.
L’apertura delle tavole testamentarie aveva luogo tra il terzo e il quinto giorno successivo alla morte del testatore presso l’ufficio delle imposte (una lex Iulia de vicesima hereditatum della età di Augusto, aveva, infatti, introdotta una imposta successoria del 5%), alla presenza dei testimoni che avevano preso parte alla redazione del testamento per il riconoscimento dei propri sigilli: in assenza dei testimoni vi dovevano assistere persone rispettabili.
Nel diritto giustinianeo, alle formalità relative all’apertura del documento sigillato e al riconoscimento dei sigilli, si sostituì, nell’ipotesi di redazione del documento notarile, il riconoscimento delle disposizioni da parte dei testimoni e delle relative subscriptiònes.