Res màncipi
Res màncipi
Fondamentale categoria, nell’ambito delle res in commercio [vedi].
(—) erano quelle che, sin dall’antichità, avevano costituito oggetto di mancìpium [vedi], risultando inscindibilmente collegate alla vita della familia primitiva e ai suoi bisogni.
L’elenco delle (—) era tassativo e comprendeva:
— i fondi situati in solo Italico [vedi fundi in agro italico] (o, se situati in suolo provinciale, che godevano del privilegio del iùs Itàlicum [vedi]);
— le servitù prediali rustiche, più antiche (iter, actus, via, aquædùctus);
— gli schiavi;
— gli animali da tiro e da soma (quæ collo dorsòve domàntur) e precisamente i buoi, i cavalli, i muli e gli asini.
Alle (—) si contrapponevano le res nec mancipi le quali, pur essendo collegate alla vita della familia, non erano indispensabili per la stessa ma ne costituivano mera fonte di ricchezza ed erano sottoposte ad un regime giuridico diverso. Tra le res nec mancipi ricordiamo: le servitùtes prædiòrum urbanòrum [vedi]; i prædia stipendiària et tributària [vedi], le belve feroci e tutte le res incorporàles [vedi].
La fondamentale differenza tra (—) e nec mancipi, evidenziata anche da Gaio [vedi], consisteva in ciò:
— le (—) si trasferivano con la mancipàtio [vedi] o con la in iùre cèssio [vedi] (tranne le servitù rustiche) e non con la tradìtio [vedi];
— le res nec mancipi si trasferivano con la semplice traditio.
La distinzione finì con il perdere rilievo in quanto, in diritto pretorio [vedi ius honorarium], si ammise che anche le (—) potessero essere trasferite per traditio [vedi]: il domìnium sulle (—) oggetto di traditio veniva acquistato, iure civili, per decorrenza del tempus ad usucapiònem [vedi]. Prima che fosse avvenuta l’usucapione, al soggetto “ricevente” era concessa, a tutela, la c.d. àctio Publiciàna [vedi].
In epoca postclassica, caduta in disuso la mancipatio, Giustiniano abolì la distinzione tra (—) e res nec mancipi, anche formalmente, con una costituzione del 513 d.C.
Fondamentale categoria, nell’ambito delle res in commercio [vedi].
(—) erano quelle che, sin dall’antichità, avevano costituito oggetto di mancìpium [vedi], risultando inscindibilmente collegate alla vita della familia primitiva e ai suoi bisogni.
L’elenco delle (—) era tassativo e comprendeva:
— i fondi situati in solo Italico [vedi fundi in agro italico] (o, se situati in suolo provinciale, che godevano del privilegio del iùs Itàlicum [vedi]);
— le servitù prediali rustiche, più antiche (iter, actus, via, aquædùctus);
— gli schiavi;
— gli animali da tiro e da soma (quæ collo dorsòve domàntur) e precisamente i buoi, i cavalli, i muli e gli asini.
Alle (—) si contrapponevano le res nec mancipi le quali, pur essendo collegate alla vita della familia, non erano indispensabili per la stessa ma ne costituivano mera fonte di ricchezza ed erano sottoposte ad un regime giuridico diverso. Tra le res nec mancipi ricordiamo: le servitùtes prædiòrum urbanòrum [vedi]; i prædia stipendiària et tributària [vedi], le belve feroci e tutte le res incorporàles [vedi].
La fondamentale differenza tra (—) e nec mancipi, evidenziata anche da Gaio [vedi], consisteva in ciò:
— le (—) si trasferivano con la mancipàtio [vedi] o con la in iùre cèssio [vedi] (tranne le servitù rustiche) e non con la tradìtio [vedi];
— le res nec mancipi si trasferivano con la semplice traditio.
La distinzione finì con il perdere rilievo in quanto, in diritto pretorio [vedi ius honorarium], si ammise che anche le (—) potessero essere trasferite per traditio [vedi]: il domìnium sulle (—) oggetto di traditio veniva acquistato, iure civili, per decorrenza del tempus ad usucapiònem [vedi]. Prima che fosse avvenuta l’usucapione, al soggetto “ricevente” era concessa, a tutela, la c.d. àctio Publiciàna [vedi].
In epoca postclassica, caduta in disuso la mancipatio, Giustiniano abolì la distinzione tra (—) e res nec mancipi, anche formalmente, con una costituzione del 513 d.C.