Res

Res [Cosa]

(—) letteralmente significa “cosa”: il termine era adoperato, in diritto romano, per indicare, più in generale, il bene, suscettibile di soddisfare i bisogni umani, oggetto del diritto soggettivo di un individuo.
Affinché una (—) potesse costituire oggetto di rapporti giuridici privati, doveva avere i seguenti requisiti:
concretezza, cioè l’inerenza alla realtà sensibile;
utilità, cioè attitudine a soddisfare un bisogno umano;
limitatezza, cioè scarsezza tale da indurre il soggetto ad accaparrarsela, sopportando anche eventualmente un sacrificio (con esclusione di cose quali ad es., l’aria);
disponibilità privata, cioè idoneità ad essere, lecitamente, oggetto di rapporti giuridici (con esclusione delle res extra commercium [vedi]);
estraneità al soggetto attivo del rapporto, per i Romani, infatti, qualunque oggetto o soggetto poteva essere res, tranne che il titolare del rapporto.
È opportuno evidenziare che:
— tra le (—) non rientrarono le entità immateriali che non si fossero concretizzate in una cosa materiale (si pensi a servizi, prestazioni personali, opere dell’ingegno);
— il concetto di oggetto giuridico fu inteso in senso più ampio delle mere cose, ricomprendendo, ad esempio, anche gli schiavi (considerati res in senso lato).