Puniche (guerre)
Puniche (guerre)
Si tratta delle tre guerre che, tra il 264 e il 146 a.C., furono combattute tra Roma e Cartagine.
I rapporti tra le due città, che riconoscevano in base a numerosi trattati (il primo risalente addirittura al 509 a.C.) la supremazia commerciale e navale di Cartagine, si inasprirono nel III sec. a.C. allorché Roma assunse il controllo dei territori fino allo stretto di Messina.
Causa della prima guerra punica fu l’aiuto prestato ai Mamertini [vedi] di Messina dai Romani. Questi sconfissero la flotta cartaginese a Mylæ (Milazzo, 260 a.C.) con Caio Duilio e a Ècnomo (256 a.C.). Dopo la disfatta subita in Africa da Attilio Regolo, Lutazio Catulo distrusse la flotta nemica presso le Isole Egadi (241 a.C.).
Alla fine della prima guerra punica (264-241) Roma ottenne la Sicilia e la possibilità di commerciare per mare. Dopo poco, nel 238 a.C., i Cartaginesi persero anche la Sardegna, incapaci di reggere ad una proditoria invasione romana.
A seguito di tale espansione commerciale, furono istituiti due nuovi prætores [vedi prætor] per governare le due isole, e fu proibito, ai senatori, con il s.c. Claudianum, di possedere navi da grosso carico per evitare un possibile monopolio commerciale.
La seconda guerra punica (218-202 a.C.) iniziò con la conquista della città iberica di Sagunto, alleata di Roma, da parte dei Cartaginesi comandati da Annibale.
Questi, valicate le Alpi, sconfisse i Romani al Ticino e alla Trebbia (218 a.C.), al Trasimeno (217 a.C.) e a Canne (216). Nonostante la gravissima sconfitta inferta ai Romani, Annibale non intese marciare su Roma, ma preferì restare in Italia meridionale nel tentativo di sollevare le popolazioni italiche contro l’Urbe. Il suo piano fallì e Roma riuscì lentamente a riorganizzarsi; dopo la disfatta di Asdrubale che tentava di congiungersi al fratello Annibale (Metauro 207 a.C.), Scipione passò in Africa, ove nella decisiva battaglia di Zama (202 a.C.) batté Annibale, richiamato precipitosamente dall’Italia. Cartagine fu costretta ad accettare una pace umiliante.
La guerra pur concludendosi con la netta vittoria dei Romani, segnò profondamente la storia dell’“Urbe”. La presenza dell’invasore, Annibale [vedi], nella penisola e le sue ripetute vittorie crearono sgomento nella popolazione. Alla crisi etico-religiosa che ne seguì ovviò una serie di provvedimenti tra cui il senatusconsultum de Bacchanalibus [vedi].
Roma uscì da questa seconda guerra padrona incontrastata del Mediterraneo; circa cinquant’anni dopo, sotto la spinta di Catone, e del suo “slogan” (motto) “Carthago delenda est” (Cartagine deve essere distrutta) innescò, in maniera pretestuosa, la terza e ultima guerra punica. Distrutta definitivamente Cartagine nel 146 a.C. venne meno l’ultimo importante baluardo che divideva Roma dalla conquista del mondo.
Si tratta delle tre guerre che, tra il 264 e il 146 a.C., furono combattute tra Roma e Cartagine.
I rapporti tra le due città, che riconoscevano in base a numerosi trattati (il primo risalente addirittura al 509 a.C.) la supremazia commerciale e navale di Cartagine, si inasprirono nel III sec. a.C. allorché Roma assunse il controllo dei territori fino allo stretto di Messina.
Causa della prima guerra punica fu l’aiuto prestato ai Mamertini [vedi] di Messina dai Romani. Questi sconfissero la flotta cartaginese a Mylæ (Milazzo, 260 a.C.) con Caio Duilio e a Ècnomo (256 a.C.). Dopo la disfatta subita in Africa da Attilio Regolo, Lutazio Catulo distrusse la flotta nemica presso le Isole Egadi (241 a.C.).
Alla fine della prima guerra punica (264-241) Roma ottenne la Sicilia e la possibilità di commerciare per mare. Dopo poco, nel 238 a.C., i Cartaginesi persero anche la Sardegna, incapaci di reggere ad una proditoria invasione romana.
A seguito di tale espansione commerciale, furono istituiti due nuovi prætores [vedi prætor] per governare le due isole, e fu proibito, ai senatori, con il s.c. Claudianum, di possedere navi da grosso carico per evitare un possibile monopolio commerciale.
La seconda guerra punica (218-202 a.C.) iniziò con la conquista della città iberica di Sagunto, alleata di Roma, da parte dei Cartaginesi comandati da Annibale.
Questi, valicate le Alpi, sconfisse i Romani al Ticino e alla Trebbia (218 a.C.), al Trasimeno (217 a.C.) e a Canne (216). Nonostante la gravissima sconfitta inferta ai Romani, Annibale non intese marciare su Roma, ma preferì restare in Italia meridionale nel tentativo di sollevare le popolazioni italiche contro l’Urbe. Il suo piano fallì e Roma riuscì lentamente a riorganizzarsi; dopo la disfatta di Asdrubale che tentava di congiungersi al fratello Annibale (Metauro 207 a.C.), Scipione passò in Africa, ove nella decisiva battaglia di Zama (202 a.C.) batté Annibale, richiamato precipitosamente dall’Italia. Cartagine fu costretta ad accettare una pace umiliante.
La guerra pur concludendosi con la netta vittoria dei Romani, segnò profondamente la storia dell’“Urbe”. La presenza dell’invasore, Annibale [vedi], nella penisola e le sue ripetute vittorie crearono sgomento nella popolazione. Alla crisi etico-religiosa che ne seguì ovviò una serie di provvedimenti tra cui il senatusconsultum de Bacchanalibus [vedi].
Roma uscì da questa seconda guerra padrona incontrastata del Mediterraneo; circa cinquant’anni dopo, sotto la spinta di Catone, e del suo “slogan” (motto) “Carthago delenda est” (Cartagine deve essere distrutta) innescò, in maniera pretestuosa, la terza e ultima guerra punica. Distrutta definitivamente Cartagine nel 146 a.C. venne meno l’ultimo importante baluardo che divideva Roma dalla conquista del mondo.