Provocàtio
Provocàtio [Appello del popolo]
Istituto fondamentale del diritto penale romano nel periodo repubblicano: consisteva in una sorta di appello al popolo volto ad impedire l’esecuzione di una condanna pronunciata da un magistrato, sottoponendo la questione al popolo riunito nei comìtia [vedi].
La (—) costituì un fondamentale strumento per proteggere i cittadini romani da arbitrii repressivi e coercitivi dei magistrati, garantendo, al tempo stesso, la piena libertà politica di ciascuno.
La ricostruzione della disciplina della (—), presenta non pochi interrogativi.
Appare, comunque, accertato che:
— la (—) garantiva i soli cittadini romani (era esercitabile pronunciando la parola “provoco - mi appello” oppure “civis Romanus sum - sono cittadino romano”);
— era, in origine, proponibile solo in Roma;
— proteggeva, in origine, dalla pena di morte e dalla multa superiore a 3020 assi; successivamente, dalla verberàtio [vedi leges Porciæ de provocatiòne], dalla tortura e dalla dùctio in vìncula [vedi; anche lex Iulia de vi publica et privata].
Dubbia è l’effettiva portata della (—): l’opinione che appare più attendibile (in quanto supportata dal conforto delle fonti), sostiene che essa consentisse la devoluzione al giudizio dei comizi delle accuse che comportavano la pena di morte o multe eccedenti la suddetta somma, per impedire che queste sanzioni (e, successivamente, quelle previste delle leggi Porcia e Iulia) fossero irrogate da un semplice magistrato.
Tra il II ed il I sec., più volte si tentò di sottrarre la garanzia della (—) agli accusati di delitti politici:
— sia attraverso il senatusconsùltum ultimum [vedi];
— sia attraverso il conferimento (a Silla, ad Ottaviano, Antonio e Lepido) del potere di compiere le proscrizioni.
Per le modalità di svolgimento del processo comiziale, instaurato dalla (—) [vedi processo comiziale].
Per quanto riguarda la data dell’introduzione della (—) [vedi lex Valeria de provocatione].
Istituto fondamentale del diritto penale romano nel periodo repubblicano: consisteva in una sorta di appello al popolo volto ad impedire l’esecuzione di una condanna pronunciata da un magistrato, sottoponendo la questione al popolo riunito nei comìtia [vedi].
La (—) costituì un fondamentale strumento per proteggere i cittadini romani da arbitrii repressivi e coercitivi dei magistrati, garantendo, al tempo stesso, la piena libertà politica di ciascuno.
La ricostruzione della disciplina della (—), presenta non pochi interrogativi.
Appare, comunque, accertato che:
— la (—) garantiva i soli cittadini romani (era esercitabile pronunciando la parola “provoco - mi appello” oppure “civis Romanus sum - sono cittadino romano”);
— era, in origine, proponibile solo in Roma;
— proteggeva, in origine, dalla pena di morte e dalla multa superiore a 3020 assi; successivamente, dalla verberàtio [vedi leges Porciæ de provocatiòne], dalla tortura e dalla dùctio in vìncula [vedi; anche lex Iulia de vi publica et privata].
Dubbia è l’effettiva portata della (—): l’opinione che appare più attendibile (in quanto supportata dal conforto delle fonti), sostiene che essa consentisse la devoluzione al giudizio dei comizi delle accuse che comportavano la pena di morte o multe eccedenti la suddetta somma, per impedire che queste sanzioni (e, successivamente, quelle previste delle leggi Porcia e Iulia) fossero irrogate da un semplice magistrato.
Tra il II ed il I sec., più volte si tentò di sottrarre la garanzia della (—) agli accusati di delitti politici:
— sia attraverso il senatusconsùltum ultimum [vedi];
— sia attraverso il conferimento (a Silla, ad Ottaviano, Antonio e Lepido) del potere di compiere le proscrizioni.
Per le modalità di svolgimento del processo comiziale, instaurato dalla (—) [vedi processo comiziale].
Per quanto riguarda la data dell’introduzione della (—) [vedi lex Valeria de provocatione].