Processo per fòrmulas
Processo per fòrmulas [Processo formulare]
Il (—) fu uno dei tre modelli giurisdizionali del diritto romano. Esso, caratterizzato da una procedura più semplice e meno rigoristica delle arcaiche lègis actiònes [vedi], finì per sostituirsi completamente a queste nel periodo augusteo.
Le procedure per formulas sorsero in epoca preclassica e convissero a lungo col sistema delle legis actiones. Secondo l’opinione preferibile, queste si affermarono nell’ambito della iurisdictio del praætor peregrinus.
Successivamente le procedure per formulas furono utilizzate dal prætor urbanus nelle controversie tra Romani relative agli istituti del ius civile novum. L’estensione anche ai rapporti del ius civile vetus avvenne con la lex Æbutia de formulis, del II sec. a.C., che probabilmente rese facoltativo il nuovo processo rispetto alle legis actiones, finché non fu reso obbligatorio dalla lex Iulia iudiciorum privatorum del 17 a.C.
Il (—) era una procedura di cognizione divisa in due fasi, una in iùre, davanti al magistrato e l’altra apud iùdicem, davanti al giudice nominato dal magistrato.
Nella fase in iure, il giudice doveva valutare il contenuto ed il fondamento della domanda e, quindi, concedere o negare l’àctio [vedi] richiesta; se riteneva di concedere l’azione, determinava le reciproche pretese delle parti fissandole nella formula [vedi] che concedeva loro.
Nella fase apud iudicem, che si svolgeva secondo le indicazioni fissate nella formula stessa, ciascuna parte produceva le prove che riteneva opportune; al termine dell’istruzione, il giudice, valutate le prove ed attenendosi alla formula, emetteva la sentenza, che poteva essere di accoglimento o di rigetto della domanda proposta.
Il (—) fu uno dei tre modelli giurisdizionali del diritto romano. Esso, caratterizzato da una procedura più semplice e meno rigoristica delle arcaiche lègis actiònes [vedi], finì per sostituirsi completamente a queste nel periodo augusteo.
Le procedure per formulas sorsero in epoca preclassica e convissero a lungo col sistema delle legis actiones. Secondo l’opinione preferibile, queste si affermarono nell’ambito della iurisdictio del praætor peregrinus.
Successivamente le procedure per formulas furono utilizzate dal prætor urbanus nelle controversie tra Romani relative agli istituti del ius civile novum. L’estensione anche ai rapporti del ius civile vetus avvenne con la lex Æbutia de formulis, del II sec. a.C., che probabilmente rese facoltativo il nuovo processo rispetto alle legis actiones, finché non fu reso obbligatorio dalla lex Iulia iudiciorum privatorum del 17 a.C.
Il (—) era una procedura di cognizione divisa in due fasi, una in iùre, davanti al magistrato e l’altra apud iùdicem, davanti al giudice nominato dal magistrato.
Nella fase in iure, il giudice doveva valutare il contenuto ed il fondamento della domanda e, quindi, concedere o negare l’àctio [vedi] richiesta; se riteneva di concedere l’azione, determinava le reciproche pretese delle parti fissandole nella formula [vedi] che concedeva loro.
Nella fase apud iudicem, che si svolgeva secondo le indicazioni fissate nella formula stessa, ciascuna parte produceva le prove che riteneva opportune; al termine dell’istruzione, il giudice, valutate le prove ed attenendosi alla formula, emetteva la sentenza, che poteva essere di accoglimento o di rigetto della domanda proposta.