Pœna cùllei

Pœna cùllei (dir. pen.)

Temutissima pena inflitta al soggetto che si era reso responsabile di parricìdium [vedi crìmen homicidii], crimine consistente, in origine, nell’uccisione di un pater familias (in seguito di un qualsiasi patrizio): il colpevole veniva chiuso in un sacco di cuoio insieme ad una vipera, ad un cane, ad un gallo ed ad una scimmia, e gettato nel Tevere.
La (—), tipica dell’età arcaica e successivamente caduta in disuso, venne ripristinata da Augusto nei confronti dei soggetti resisi colpevoli di crimen homicidii [vedi] nei confronti del proprio pater familias (parricidium in senso stretto).
È opportuno precisare che nell’ordinamento vigente la pena di morte (comunque cagionata), pur prevista nell’originaria formulazione degli artt. 17 n. 1 e 21 c.p. 1930, non è ammessa secondo quanto dichiarato dall’art. 27, 4° co., Cost.; essa era già stata, peraltro, precedentemente soppressa, con conseguente assorbimento nell’ergastolo, sia per i delitti previsti dal c.p. (D.L.L. n. 224/1944), che per quelli previsti da leggi speciali diverse da quelle militari di guerra (D.L. n. 21/1948).
Di recente la L. n. 589/94 ha tuttavia abrogato l’art. 241 del codice penale militare di guerra, l’unica disposizione che ancora prevedeva la pena di morte che, dunque, scompare definitivamente dal nostro ordinamento.