Parapherna

Parapherna (da “parà phernèn”) (o bòna receptìcia, o bona extra dòtem) [Beni parafernali]

Erano i beni appartenenti alla donna sui iùris che, non essendo costituiti in dote nel matrimonium sine manu [vedi], rimanevano di sua proprietà.
Nelle province orientali e in Egitto, nei primi secoli dell’Impero, i (—) costituivano un apporto supplementare alla dote che veniva consegnato al marito, previa redazione di apposito inventario, allo scopo di garantirne la restituzione in caso di scioglimento del matrimonio.
Nelle province occidentali, questo stesso insieme di beni prendeva il nome di pecùlium [vedi] e costituiva per il marito oggetto di mero deposito.
Giustiniano disciplinò la materia configurando i (—) come complesso di beni patrimoniali avente la stessa funzione della dote, ma un diverso regime. Infatti:
— proprietaria dei beni parafernali era la moglie (allo scopo di attestare tale proprietà si soleva redigere apposito inventario);
— l’amministrazione spettava al marito che, a tutela dei (—), poteva esercitare tutte le azioni anche senza consenso della moglie;
— i frutti dei beni dovevano essere destinati alla famiglia o, comunque, all’uso cui li aveva destinati la moglie;
— in caso di scioglimento del matrimonio il marito aveva l’obbligo della restituzione integrale; tale obbligo era garantito da un’ipoteca legale costituita sui beni del marito, salvo la possibilità per la moglie di esercitare la rèi vindicàtio [vedi].
In epoca postclassica, Valentiniano III e Teodosio II confermarono il principio secondo cui il marito, senza il consenso della moglie, non poteva ingerirsi nella gestione dei (—), consigliando, comunque, alla moglie di affidare l’amministrazione dei beni al consorte.