Òrdo
Òrdo [Lett. “ordine”]
Per (—) si indicava la gerarchia, rigidamente stabilita tra le quattro categorie di successibili nella succèssio ab intestàto [vedi]. Non si passava all’(—) successivo se prima non si fossero esauriti i gradus interni a quello precedente. A tali soggetti veniva attribuita la cd. bonòrum possèssio sine tàbulis [vedi].
Si distinguevano:
— (—) ùnde lìberi: tra i liberi (cioè tra i discendenti del de cùius [vedi] erano ricompresi anche quelli usciti dalla potestà del pater familias [vedi]), purché al momento della sua morte non facessero parte di un’altra famiglia: pertanto rientravano nella categoria suddetta anche gli emancipati [vedi emancipàtio] e i figli dati in adozione [vedi adòptio] e poi emancipati dal padre adottivo. Rientravano in questa categoria anche “postumi sui” [vedi postumus]: se la datio possessionis era effettuata prima della loro nascita, la quota loro spettante era accantonata e affidata all’amministrazione di un curator ventris [vedi]. Ai liberi era attribuita la bonorum possessio cum re [vedi];
— (—) unde legitimi: comprendeva tutti gli herèdes sui [vedi] che non avessero conseguito la bonorum possessio come liberi, l’adgnàtus pròximus [vedi] (a costoro era riconosciuta la bonorum possessio cum re [vedi]) e i gentìles cui era affidata, peraltro, una bonorum possessio sine re [vedi] (come negli ordines successivi);
— (—) unde cognati: comprendeva i collaterali (ossia i parenti in linea femminile fino al sesto grado). In questa classe il prossimo escludeva il remoto.
Fra i cognati si ammetteva anche la successio gràduum, che aveva luogo anche nel caso di rinuncia da parte di un cognato di grado poziore.
È opportuno, altresì, precisare che ai cognati fino al sesto grado veniva concessa la bonorum possessio sine tabulis; tra i parenti di settimo grado, era preso in considerazione il solo consobrìnus, cioè il figlio del cugino di sesto grado;
— (—) unde vir et uxor: comprendeva il coniuge superstite, chiamato a succedere qualora mancassero i cognati.
Per (—) si indicava la gerarchia, rigidamente stabilita tra le quattro categorie di successibili nella succèssio ab intestàto [vedi]. Non si passava all’(—) successivo se prima non si fossero esauriti i gradus interni a quello precedente. A tali soggetti veniva attribuita la cd. bonòrum possèssio sine tàbulis [vedi].
Si distinguevano:
— (—) ùnde lìberi: tra i liberi (cioè tra i discendenti del de cùius [vedi] erano ricompresi anche quelli usciti dalla potestà del pater familias [vedi]), purché al momento della sua morte non facessero parte di un’altra famiglia: pertanto rientravano nella categoria suddetta anche gli emancipati [vedi emancipàtio] e i figli dati in adozione [vedi adòptio] e poi emancipati dal padre adottivo. Rientravano in questa categoria anche “postumi sui” [vedi postumus]: se la datio possessionis era effettuata prima della loro nascita, la quota loro spettante era accantonata e affidata all’amministrazione di un curator ventris [vedi]. Ai liberi era attribuita la bonorum possessio cum re [vedi];
— (—) unde legitimi: comprendeva tutti gli herèdes sui [vedi] che non avessero conseguito la bonorum possessio come liberi, l’adgnàtus pròximus [vedi] (a costoro era riconosciuta la bonorum possessio cum re [vedi]) e i gentìles cui era affidata, peraltro, una bonorum possessio sine re [vedi] (come negli ordines successivi);
— (—) unde cognati: comprendeva i collaterali (ossia i parenti in linea femminile fino al sesto grado). In questa classe il prossimo escludeva il remoto.
Fra i cognati si ammetteva anche la successio gràduum, che aveva luogo anche nel caso di rinuncia da parte di un cognato di grado poziore.
È opportuno, altresì, precisare che ai cognati fino al sesto grado veniva concessa la bonorum possessio sine tabulis; tra i parenti di settimo grado, era preso in considerazione il solo consobrìnus, cioè il figlio del cugino di sesto grado;
— (—) unde vir et uxor: comprendeva il coniuge superstite, chiamato a succedere qualora mancassero i cognati.