Obligatio naturàlis
Obligatio naturàlis [Obbligazione naturale; cfr. art. 2034 c.c.]
La nozione di (—), enucleata dalla giurisprudenza classica e postclassica, ricomprendeva rapporti obbligatori ritenuti vincolanti solo nella comune coscienza sociale e pertanto privi di rilevanza giuridica.
L’(—), pur avendo la struttura dell’obbligazione e carattere patrimoniale, era sfornita di azione e in genere di mezzi per costringere il debitore all’adempimento: essa produceva soltanto effetti giuridici limitati.
Se il debitore, pur non essendo giuridicamente vincolato, adempiva ugualmente, il crèditor naturalis aveva la c.d. solùti retèntio [vedi], cioè il diritto di trattenere il pagamento spontaneamente fatto dal dèbitor, e respingere la condìctio indèbiti [vedi] eventualmente proposta per ottenere la restituzione di quanto indebitamente pagato.
L’ipotesi più rilevante di obbligazione naturale era costituita dalle obbligazioni contratte da schiavi: i Romani negavano che potesse esistere una obligatio a carico di uno schiavo, a causa della sua incapacità giuridica patrimoniale e processuale. Successivamente si ammise che lo schiavo potesse contrarre debiti, sia verso il >dòminus [vedi] che verso i terzi: se lo schiavo pagava, il pecùlium [vedi] diminuiva e il dominus non poteva ripetere quanto lo schiavo aveva pagato.
Gli stessi principi si affermarono per le obbligazioni contratte dal filius familias, nei limiti del peculio, verso i terzi oppure, indipendentemente dal peculio, verso il rispettivo pater familias [vedi] o verso un altro filius sottoposto alla medesima potestas. Se il filius pagava il terzo, il pater non poteva ripetere quanto pagato.
Altri casi in cui i giuristi romani ravvisarono una obligatio naturalis furono i seguenti:
— un senatusconsùltum Macedoniànum [vedi] negò l’azione per i mutui contratti dal filius familias, anche dopo che questo fosse diventato sui iùris: si stabilì che il filius che avesse pagato non potesse agire per la ripetizione, appunto perché il debito non si riteneva esistente;
— era naturalis l’obbligazione dal pupillo contratta senza l’auctòritas del tutore;
— era naturalis l’obbligazione eseguita dal debitore ingiustamente assolto in giudizio;
— era naturalis il pagamento di interessi convenuti mediante nudum pactum;
— era naturalis l’esecuzione di prestazioni in cambio di donativi ricevuti.
Nel diritto giustinianeo l’obbligazione naturale fu identificata con quella nascente da doveri morali o di coscienza: la qualifica di naturalis fu vista in relazione al iùs naturale che si considerava operante nella coscienza.
Infine, si ammise che l’obbligazione naturale potesse essere novata.
Di (—) nel diritto romano si parlò anche con riferimento alle obligatiònes riconosciute dal ius gèntium [vedi], in quanto fondate sulla naturalis ràtio, come, ad esempio, quelle derivanti da mutuo [vedi mutuum], locazione [vedi locàtio-condùctio] o solùtio indèbiti [vedi]. La qualifica di naturalis riguardava peraltro solo il fondamento dell’obbligazione.
La nozione di (—), enucleata dalla giurisprudenza classica e postclassica, ricomprendeva rapporti obbligatori ritenuti vincolanti solo nella comune coscienza sociale e pertanto privi di rilevanza giuridica.
L’(—), pur avendo la struttura dell’obbligazione e carattere patrimoniale, era sfornita di azione e in genere di mezzi per costringere il debitore all’adempimento: essa produceva soltanto effetti giuridici limitati.
Se il debitore, pur non essendo giuridicamente vincolato, adempiva ugualmente, il crèditor naturalis aveva la c.d. solùti retèntio [vedi], cioè il diritto di trattenere il pagamento spontaneamente fatto dal dèbitor, e respingere la condìctio indèbiti [vedi] eventualmente proposta per ottenere la restituzione di quanto indebitamente pagato.
L’ipotesi più rilevante di obbligazione naturale era costituita dalle obbligazioni contratte da schiavi: i Romani negavano che potesse esistere una obligatio a carico di uno schiavo, a causa della sua incapacità giuridica patrimoniale e processuale. Successivamente si ammise che lo schiavo potesse contrarre debiti, sia verso il >dòminus [vedi] che verso i terzi: se lo schiavo pagava, il pecùlium [vedi] diminuiva e il dominus non poteva ripetere quanto lo schiavo aveva pagato.
Gli stessi principi si affermarono per le obbligazioni contratte dal filius familias, nei limiti del peculio, verso i terzi oppure, indipendentemente dal peculio, verso il rispettivo pater familias [vedi] o verso un altro filius sottoposto alla medesima potestas. Se il filius pagava il terzo, il pater non poteva ripetere quanto pagato.
Altri casi in cui i giuristi romani ravvisarono una obligatio naturalis furono i seguenti:
— un senatusconsùltum Macedoniànum [vedi] negò l’azione per i mutui contratti dal filius familias, anche dopo che questo fosse diventato sui iùris: si stabilì che il filius che avesse pagato non potesse agire per la ripetizione, appunto perché il debito non si riteneva esistente;
— era naturalis l’obbligazione dal pupillo contratta senza l’auctòritas del tutore;
— era naturalis l’obbligazione eseguita dal debitore ingiustamente assolto in giudizio;
— era naturalis il pagamento di interessi convenuti mediante nudum pactum;
— era naturalis l’esecuzione di prestazioni in cambio di donativi ricevuti.
Nel diritto giustinianeo l’obbligazione naturale fu identificata con quella nascente da doveri morali o di coscienza: la qualifica di naturalis fu vista in relazione al iùs naturale che si considerava operante nella coscienza.
Infine, si ammise che l’obbligazione naturale potesse essere novata.
Di (—) nel diritto romano si parlò anche con riferimento alle obligatiònes riconosciute dal ius gèntium [vedi], in quanto fondate sulla naturalis ràtio, come, ad esempio, quelle derivanti da mutuo [vedi mutuum], locazione [vedi locàtio-condùctio] o solùtio indèbiti [vedi]. La qualifica di naturalis riguardava peraltro solo il fondamento dell’obbligazione.