Negotium contra bònos mòres
Negotium contra bònos mòres [Negozio contro il buon costume; cfr. art. 1343 c.c.]
Era, in diritto romano, il negozio giuridico [vedi] con causa [vedi] contraria al buon costume (boni mores), cioè a quell’insieme di regole del vivere comune formatesi nel tempo e non riguardanti unicamente la sfera sessuale, bensì, più in generale, la sfera del comune sentire circa la morale.
In particolare, secondo Papiniano [vedi], rientravano nell’ambito della contrarietà al buon costume “… quæ facta lædunt pietàtem existimatiònem verecùndiam” (cioè tutti i fatti lesivi per la pietà, la reputazione o la verecondia).
Tale forma di vizio fu reputata rilevante solo a partire dal diritto classico (su impulso della giurisprudenza e, successivamente, di alcune costituzioni imperiali); comportava, per il negozio, l’assoluta inutilizzabilità e, quindi, l’improduttività di ogni effetto giuridico.
Era, in diritto romano, il negozio giuridico [vedi] con causa [vedi] contraria al buon costume (boni mores), cioè a quell’insieme di regole del vivere comune formatesi nel tempo e non riguardanti unicamente la sfera sessuale, bensì, più in generale, la sfera del comune sentire circa la morale.
In particolare, secondo Papiniano [vedi], rientravano nell’ambito della contrarietà al buon costume “… quæ facta lædunt pietàtem existimatiònem verecùndiam” (cioè tutti i fatti lesivi per la pietà, la reputazione o la verecondia).
Tale forma di vizio fu reputata rilevante solo a partire dal diritto classico (su impulso della giurisprudenza e, successivamente, di alcune costituzioni imperiali); comportava, per il negozio, l’assoluta inutilizzabilità e, quindi, l’improduttività di ogni effetto giuridico.