Mutatio libèlli

Mutatio libèlli [lett. “cambiamento della domanda”; cfr. art. 183]

Con l’espressione (—) si indica, nel linguaggio giuridico moderno, l’introduzione in giudizio di domande, eccezioni e conclusioni nuove rispetto a quelle proposte con l’atto di citazione; la (—) si distingue dall’emendatio libèlli [vedi] che consiste nella mera rettifica o precisazione della domanda giudiziale.
La (—) è vietata in ogni grado del giudizio: il mutamento della domanda è rilevabile dal giudice solo su eccezione della controparte; se quest’ultima nulla eccepisce, dovrà ritenersi accettato il contraddittorio anche sulla nuova domanda.
Per effetto della legge di riforma (L. n. 353/90), la proponibilità di domande diverse da quella contenute negli atti introduttivi è radicalmente preclusa, con conseguente rilevabilità d’ufficio, da parte del giudice, della relativa inammissibilità.