Mandàtum
Mandàtum [Mandato; cfr. artt. 1703 ss. c.c.]
Contratto consensuale che obbligava un soggetto (mandatàrius) ad eseguire uno o più atti giuridici per conto di un altro soggetto (mandàtor).
In diritto romano il (—) fu riconosciuto come contratto consensuale solo in epoca preclassica (nel II-I sec. a.C.), quando le esigenze commerciali imposero agli operatori economici di ricorrere ad intermediari lontani per curare affari cui non potevano attendere personalmente. L’individuazione del (—) fu dovuta, in particolare, alla giurisprudenza evolutiva del prætor peregrìnus [vedi].
Il (—) era gratuito. Qualora fosse stato pattuito un compenso, si aveva una locatio operis [vedi], non un (—). In casi eccezionali, poteva essere pattuita una remunerazione, ma solo a titolo di gratitudine (honorarium) e che poteva essere fatta valere con un’actio in factum e non con l’actio mandati contraria.
Il mandatario poteva essere richiesto di compiere non soltanto atti giuridici, ma ancheun’attività di fatto (es. curare una piantagione); era inammissibile il (—) rei turpis (Gai Inst. 3.157), quello, cioè, nel quale il mandatario era obbligato a compiere un’attività turpe.
Si distinguevano, in particolare:
— il (—) mea gràtia (mandato conferito nell’interesse del mandante);
— il (—) alièna gratia (mandato conferito nell’interesse di un terzo);
— il (—) mea et tua gratia (mandato conferito in parte nell’interesse del mandante, in parte nell’interesse del mandatario);
— (—) tua gratia tantum, ossia nell’esclusivo interesse del mandatario; esso si considerava come semplice consiglio non produttivo di effetti giuridici.
Il mandatario aveva l’obbligo di:
— eseguire esattamente l’incarico; se egli agiva discostandosi dalle istruzioni ricevute, il mandante poteva agire per ottenere l’esatto adempimento dell’incarico affidato;
— riversare gli effetti dell’attività svolta nella sfera giuridica del mandante (es. trasferire la proprietà delle res acquistate, versare quanto riscosso).
Il mandante aveva l’obbligo di:
— rivalere il mandatario delle spese affrontate nell’esecuzione del (—) e dei danni eventualmente subiti.
A tutela delle reciproche obbligazioni, le parti potevano esperire l’àctio mandati (directa a tutela dei diritti del mandante; contraria a tutela dei diritti del mandatario) azione di buona fede [vedi actio bonæ fìdei] attribuita dal prætor.
Il mandato si estingueva per esecuzione dell’incarico o sopravvenuta impossibilità di eseguirlo, per il sopraggiungere del termine stabilito e per il venir meno del consènsus persèverans: oltre al verificarsi del contrarius consensus, l’estinzione si verificava per il recesso di una delle parti (revocàtio del mandante e renuntiàtio del mandatario).
Il mandato cessava, inoltre, per morte di una delle parti (c.d. resolùtio mandati: mandatum morte resòlvitur), ma se le obbligazioni erano già sorte in conseguenza dell’esecuzione dell’incarico, esso vincolava gli eredi.
Si riteneva inammissibile il c.d. (—) post mòrtem, quello che aveva, cioè, per oggetto attività da compiere dopo la morte del mandante o del mandatario: in questo caso, si riteneva che il contratto fosse nullo. Solo in età postclassica, si cominciò ad ammettere la possibilità di contrarre un (—) post mortem mandatòris. Si ritenne, inoltre, inammissibile una renuntiatio del mandatarius che risultasse pregiudizievole per il mandante.
Contratto consensuale che obbligava un soggetto (mandatàrius) ad eseguire uno o più atti giuridici per conto di un altro soggetto (mandàtor).
In diritto romano il (—) fu riconosciuto come contratto consensuale solo in epoca preclassica (nel II-I sec. a.C.), quando le esigenze commerciali imposero agli operatori economici di ricorrere ad intermediari lontani per curare affari cui non potevano attendere personalmente. L’individuazione del (—) fu dovuta, in particolare, alla giurisprudenza evolutiva del prætor peregrìnus [vedi].
Il (—) era gratuito. Qualora fosse stato pattuito un compenso, si aveva una locatio operis [vedi], non un (—). In casi eccezionali, poteva essere pattuita una remunerazione, ma solo a titolo di gratitudine (honorarium) e che poteva essere fatta valere con un’actio in factum e non con l’actio mandati contraria.
Il mandatario poteva essere richiesto di compiere non soltanto atti giuridici, ma ancheun’attività di fatto (es. curare una piantagione); era inammissibile il (—) rei turpis (Gai Inst. 3.157), quello, cioè, nel quale il mandatario era obbligato a compiere un’attività turpe.
Si distinguevano, in particolare:
— il (—) mea gràtia (mandato conferito nell’interesse del mandante);
— il (—) alièna gratia (mandato conferito nell’interesse di un terzo);
— il (—) mea et tua gratia (mandato conferito in parte nell’interesse del mandante, in parte nell’interesse del mandatario);
— (—) tua gratia tantum, ossia nell’esclusivo interesse del mandatario; esso si considerava come semplice consiglio non produttivo di effetti giuridici.
Il mandatario aveva l’obbligo di:
— eseguire esattamente l’incarico; se egli agiva discostandosi dalle istruzioni ricevute, il mandante poteva agire per ottenere l’esatto adempimento dell’incarico affidato;
— riversare gli effetti dell’attività svolta nella sfera giuridica del mandante (es. trasferire la proprietà delle res acquistate, versare quanto riscosso).
Il mandante aveva l’obbligo di:
— rivalere il mandatario delle spese affrontate nell’esecuzione del (—) e dei danni eventualmente subiti.
A tutela delle reciproche obbligazioni, le parti potevano esperire l’àctio mandati (directa a tutela dei diritti del mandante; contraria a tutela dei diritti del mandatario) azione di buona fede [vedi actio bonæ fìdei] attribuita dal prætor.
Il mandato si estingueva per esecuzione dell’incarico o sopravvenuta impossibilità di eseguirlo, per il sopraggiungere del termine stabilito e per il venir meno del consènsus persèverans: oltre al verificarsi del contrarius consensus, l’estinzione si verificava per il recesso di una delle parti (revocàtio del mandante e renuntiàtio del mandatario).
Il mandato cessava, inoltre, per morte di una delle parti (c.d. resolùtio mandati: mandatum morte resòlvitur), ma se le obbligazioni erano già sorte in conseguenza dell’esecuzione dell’incarico, esso vincolava gli eredi.
Si riteneva inammissibile il c.d. (—) post mòrtem, quello che aveva, cioè, per oggetto attività da compiere dopo la morte del mandante o del mandatario: in questo caso, si riteneva che il contratto fosse nullo. Solo in età postclassica, si cominciò ad ammettere la possibilità di contrarre un (—) post mortem mandatòris. Si ritenne, inoltre, inammissibile una renuntiatio del mandatarius che risultasse pregiudizievole per il mandante.