Lìberi naturàles
Lìberi naturàles [Figli naturali; cfr. artt. 250 ss. c.c.]
Erano i figli nati dall’unione di un uomo libero con una concubina.
La filiazione naturale cominciò ad avere un certo riconoscimento giuridico per influsso del Cristianesimo: il figlio naturale acquistò il diritto agli alimenti e ad una quota nella successione legittima del genitore, a meno che fosse nato da unione incestuosa o proibita.
I (—) potevano diventare legitimi attraverso la legittimazione [vedi legitimàtio]; quest’ultimo istituto era estraneo al diritto classico, poiché il pater mediante l’adozione [vedi adòptio] poteva immettere nella familia anche estranei con parità di condizione giuridica rispetto ai figli: solo in diritto postclassico, su impulso della religione cristiana, per favorire la trasformazione di unioni illegittime in matrimoni, si intese regolare la situazione dei figli nati fuori del matrimonio.
Una costituzione dell’imperatore Costantino stabilì che i figli potevano essere legittimati per sùbsequens matrimonium, cioè se i genitori avessero contratto successivamente regolare matrimonio.
A questo tipo di legittimazione si aggiunse in un secondo momento l’atto di legittimazione per oblatiònem curiæ, il quale aveva luogo se il genitore presentava il figlio come decurione alle curie cittadine, assegnandogli anche un congruo patrimonio: quest’ultima forma di legittimazione trovò scarsa diffusione.
Giustiniano riconobbe anche la legittimazione per rescrìptum prìncipis [vedi constitutiònes principum], vale a dire per decreto dell’imperatore, ed ammise che il figlio potesse chiedere la legittimazione per rescriptum anche dopo la morte del pater se questi aveva espresso nel testamento la volontà di legittimarlo.
L’espressione (—) veniva, altresì, talvolta adoperata per indicare i figli procreati, in antitesi a quelli adottivi.
Erano i figli nati dall’unione di un uomo libero con una concubina.
La filiazione naturale cominciò ad avere un certo riconoscimento giuridico per influsso del Cristianesimo: il figlio naturale acquistò il diritto agli alimenti e ad una quota nella successione legittima del genitore, a meno che fosse nato da unione incestuosa o proibita.
I (—) potevano diventare legitimi attraverso la legittimazione [vedi legitimàtio]; quest’ultimo istituto era estraneo al diritto classico, poiché il pater mediante l’adozione [vedi adòptio] poteva immettere nella familia anche estranei con parità di condizione giuridica rispetto ai figli: solo in diritto postclassico, su impulso della religione cristiana, per favorire la trasformazione di unioni illegittime in matrimoni, si intese regolare la situazione dei figli nati fuori del matrimonio.
Una costituzione dell’imperatore Costantino stabilì che i figli potevano essere legittimati per sùbsequens matrimonium, cioè se i genitori avessero contratto successivamente regolare matrimonio.
A questo tipo di legittimazione si aggiunse in un secondo momento l’atto di legittimazione per oblatiònem curiæ, il quale aveva luogo se il genitore presentava il figlio come decurione alle curie cittadine, assegnandogli anche un congruo patrimonio: quest’ultima forma di legittimazione trovò scarsa diffusione.
Giustiniano riconobbe anche la legittimazione per rescrìptum prìncipis [vedi constitutiònes principum], vale a dire per decreto dell’imperatore, ed ammise che il figlio potesse chiedere la legittimazione per rescriptum anche dopo la morte del pater se questi aveva espresso nel testamento la volontà di legittimarlo.
L’espressione (—) veniva, altresì, talvolta adoperata per indicare i figli procreati, in antitesi a quelli adottivi.