Lex Romana Wisigothòrum
Lex Romana Wisigothòrum (detta anche Breviàrum Alarìci)
Codice emanato nel 506 d.C. dal re visigoto Alarico II [vedi], al fine di rafforzare, dinanzi allo spettro incombente di una guerra con i Franchi, l’intesa con la popolazione romana e con la Chiesa cattolica.
L’opera è formata da passi estratti da varie fonti giuridiche romane: a differenza dell’Edictum Theodorici e della Lex Romana Burgundionum, la (—) riporta tali estratti fedelmente, senza rifonderli nel testo, ma sistemandoli secondo le fonti di provenienza, che risultano sempre indicate.
La (—) è composta da una parte notevole del Codex Theodosianus [vedi] e delle Novellæ Postheodosianæ [vedi], dall’Epitome Gai [vedi], che è riportato per intero, dalle sentenze di Paolo e da un passo isolato dei responsa di Papiniano.
La compilazione fu corredata da un’interpretàtio, ossia da un sussidio ermeneutico comprendente sia un sommario del contenuto, sia una dettagliata parafrasi del testo, interpretatio che forse già da prima si trovava a margine o in calce al materiale utilizzato. Anche questa legge, come la Lex Romana Burgundionum [vedi], regolò esclusivamente i rapporti giuridici tra Romani sudditi del regno visigoto, che allora comprendeva la Spagna e parte della Gallia. Alarico II dimostrò di rifiutare ogni supremazia romana e del diritto romano sul suo popolo, senza però pretendere che il diritto barbaro si applicasse anche ai sudditi romani. Ciò in omaggio al principio dell’esclusivismo nazionale del diritto.
Tuttavia secondo una tesi recente, la (—) avrebbe avuto validità territoriale e cioè sarebbe stata applicata sia ai Romani che ai Visigoti.
Nonostante i difetti stilistici e le carenze strutturali, la (—) ha svolto una funzione rilevantissima nella storia giuridica medioevale dell’Europa sud-occidentale, basti pensare che in Francia meridionale venne disapplicata solo nel XII sec.
Codice emanato nel 506 d.C. dal re visigoto Alarico II [vedi], al fine di rafforzare, dinanzi allo spettro incombente di una guerra con i Franchi, l’intesa con la popolazione romana e con la Chiesa cattolica.
L’opera è formata da passi estratti da varie fonti giuridiche romane: a differenza dell’Edictum Theodorici e della Lex Romana Burgundionum, la (—) riporta tali estratti fedelmente, senza rifonderli nel testo, ma sistemandoli secondo le fonti di provenienza, che risultano sempre indicate.
La (—) è composta da una parte notevole del Codex Theodosianus [vedi] e delle Novellæ Postheodosianæ [vedi], dall’Epitome Gai [vedi], che è riportato per intero, dalle sentenze di Paolo e da un passo isolato dei responsa di Papiniano.
La compilazione fu corredata da un’interpretàtio, ossia da un sussidio ermeneutico comprendente sia un sommario del contenuto, sia una dettagliata parafrasi del testo, interpretatio che forse già da prima si trovava a margine o in calce al materiale utilizzato. Anche questa legge, come la Lex Romana Burgundionum [vedi], regolò esclusivamente i rapporti giuridici tra Romani sudditi del regno visigoto, che allora comprendeva la Spagna e parte della Gallia. Alarico II dimostrò di rifiutare ogni supremazia romana e del diritto romano sul suo popolo, senza però pretendere che il diritto barbaro si applicasse anche ai sudditi romani. Ciò in omaggio al principio dell’esclusivismo nazionale del diritto.
Tuttavia secondo una tesi recente, la (—) avrebbe avuto validità territoriale e cioè sarebbe stata applicata sia ai Romani che ai Visigoti.
Nonostante i difetti stilistici e le carenze strutturali, la (—) ha svolto una funzione rilevantissima nella storia giuridica medioevale dell’Europa sud-occidentale, basti pensare che in Francia meridionale venne disapplicata solo nel XII sec.