Legàtum

Legàtum [Legato; cfr. artt. 649 ss. c.c.]

Disposizione a titolo particolare mortis causa (con terminologia non classica, si parla, in proposito, di succèssio mortis causa in sìngulas res), con la quale il testatore attribuisce, a carico del patrimonio ereditario (e quindi a carico dell’erede, c.d. onerato), ed a vantaggio di altra persona (legatario od onorato), singoli beni. Si inquadra tra le disposizioni accessorie del testamentum.
In materia di legati il diritto romano conobbe i seguenti principi:
onerato poteva essere solo l’erede a favore del quale il testatore avesse disposto l’acquisto di un incremento patrimoniale maggiore di quello spettantegli per legge;
— l’ammontare del legato non poteva superare l’ammontare dell’acquisto fatto dall’erede;
oggetto del legato potevano essere un diritto reale, un diritto di credito, la remissione di un debito [vedi legatum liberatiònis], una quota di eredità [vedi legatum partitiònis], una rendita alimentare ed altro;
onorati potevano essere solo coloro che avevano la capacità testamentaria passiva [vedi testamenti fàctio passiva] nei confronti del disponente, nonché lo schiavo, purché se ne disponesse la manomissione nello stesso testamento;
— il legato andava fatto in forma imperativa.
Quattro erano i fondamentali tipi di legato:
per damnatiònem [vedi];
per præceptiònem [vedi];
per vindicatiònem [vedi];
sinèndi modo [vedi].
I primi due determinavano l’acquisto di un diritto assoluto da parte del legatario sulla res legata; gli altri, invece, determinavano il sorgere di un diritto di credito del legatario nei confronti dell’erede.
Le differenze esistenti tra i vari tipi di legato progressivamente si attenuarono già a partire dall’età classica, per opera della legislazione e della giurisprudenza.
Un senatoconsulto ispirato da Nerone (s.c. Neroniànum) stabilì che se oggetto del legato per vindicationem erano cose non appartenenti al testatore, il legato non era nullo (così come si riteneva in precedenza), ma doveva esser considerato come (—) per damnationem, con la possibilità di esercitare l’àctio ex testamento (l’esercizio di questa actio si fondava su di una fìctio, cioè sulla finzione che le cose fossero state legate per damnationem).
In età postclassica l’abolizione, ad opera di Costanzo, della necessità dell’uso di verba sollèmnia sanzionò la scomparsa della pluralità dei tipi di legato.
Il processo di avvicinamento tra i gènera legatòrum raggiunse il culmine nel diritto giustinianeo, allorché, si stabilì che i legati avevano tutti unam naturam, cioè una sola natura, e i vari tipi di legato si fusero insieme.
In caso di pluralità di legatari, si distinguevano due ipotesi:
— vi era coniùnctio re et verbis, se il legato spettava a più chiamati ed in caso di morte o rifiuto di uno di essi, la sua parte restava nel patrimonio ereditario;
— vi era coniunctio re, se l’erede aveva a suo carico tante obbligazioni con oggetto uguale, quanti erano i legatari.
In ordine all’acquisto del (—), regola generale era che in nessun caso esso poteva essere acquistato se l’erede non avesse acquistato l’eredità. A questo scopo il diritto romano distingueva il momento in cui si acquistava il diritto al legato (dìes cèdens) da quello in cui si acquistava il legato (dies vèniens). In particolare:
— quanto al dies cedens, il diritto sulla res legata si perfezionava con l’accettazione (adìtio) dell’eredità da parte dell’erede (se era hères voluntarius): fino a che non vi fosse stata tale accettazione, il diritto al legato permaneva nel patrimonio del legatario (più che un diritto, si trattava di una aspettativa di diritto) e si trasmetteva ai suoi eredi (se il legatario moriva prima che l’heres voluntarius avesse accettato l’eredità).
L’elaborazione giurisprudenziale preclassica identificò il c.d. dies cedens (cioè il momento dal quale il legato era riservato al legatario) sempre col momento della morte del testatore.
Tale regola si applicava, oltre che ai legati puri, anche ai legati sottoposti a termine iniziale certus quando; la legislazione augustea identificò, invece, il dies cedens con il momento di apertura del testamento.
Se il legato era sottoposto a condizione o a termine finale, il dies cedens si verificava solo quando la condizione o il termine si fossero realizzati;
— il dies veniens era, invece, identificato nel momento in cui il diritto del legatario diventava esigibile (essendosi verificata l’aditio da parte dell’heres voluntarius).
Se il legato era a termine, il dies veniens si verificava allo scadere del termine.
Una volta divenuto esigibile il diritto, le modalità con cui avveniva l’acquisto effettivo della cosa o del bene oggetto del legato variavano a secondo del tipo di legato:
— nel (—) per vindicationem, per acquistare la proprietà della cosa, secondo i Proculiani [vedi scuola sabiniana] occorreva l’apprensione della res da parte del legatario; per i Sabiniani [vedi scuola sabiniana], la cui opinione prevalse, non era necessaria l’apprensione dal momento che l’acquisto si verificava ìpso iùre col dies veniens;
— nel (—) per damnationem occorreva l’adempimento dell’obbligo da parte dell’erede;
— nel (—) per præceptionem, era necessario che di essa si tenesse conto nella adiudicàtio disposta dal giudice dell’àctio familiæ erciscùndæ [vedi].
• Nullità del legato

Il legato era nullo:
— se il legatario non era dotato di testamenti factio passiva [vedi];
— se la cosa legata era già di proprietà del legatario. In proposito, è opportuno precisare che, se il legato era nullo perché disposto a favore di una persona sfornita di testamenti factio passiva o perché aveva ad oggetto una cosa in proprietà del legatario, la nullità non poteva essere sanata, neanche se prima della morte del testatore la causa di invalidità scompariva. Tale principio era conosciuto col nome di regula Catoniana;
— se il testamento era nullo o se era nulla la disposizione riguardante il legato. L’invalidità poteva essere anche sopravvenuta rispetto al momento della morte del de cùius [vedi], purché antecedente al dies cedens,
— se l’erede rinunciava all’eredità.
Revoca del legato
Come qualsiasi altra disposizione di ultima volontà, anche il legato era sempre revocabile dal testatore. La revoca poteva essere fatta:
— o puramente e semplicemente (adèmptio);
— o designando un nuovo legatario al posto del primo (translàtio);
— o alienando la cosa oggetto del legatum per damnationem.
Il diritto romano conobbe anche una forma di revoca legale del legato, che si verificava se tra testatore e legatario, posteriormente alla confezione del testamento, intervenivano gravissime o capitales inimicitiæ, o se il legatario in un successivo testamento era qualificato come ingràtus.
Riduzione del legato
Nell’epoca più antica, come è confermato dalla stessa legge delle XII Tavole [vedi lex XII Tabulàrum], era possibile che il testatore esaurisse tutto il suo patrimonio in legati, per cui all’erede non restava altro che il nudum nòmen.
Per ovviare a tali inconvenienti furono introdotte, a partire dall’epoca repubblicana, varie limitazioni alla facoltà del testatore di disporre legati; così:
— un rimedio limitato fu disposto dalla lex Fùria testamentaria [vedi], databile intorno al 200 a.C., che vietò i legati superiori ai mille assi, ad eccezione però di quelli disposti a favore del coniuge o dei parenti entro il sesto grado;
— la lex Vocònia [vedi], del 169 a.C., dispose che al legatario non poteva essere attribuita una parte maggiore di quella spettante al meno favorito tra gli eredi;
— il rimedio più incisivo fu offerto dalla lex Falcìdia [vedi], del 40 a.C., che abrogò le limitazioni dettate dalle leggi precedenti e stabilì che agli eredi testamentari dovesse in ogni caso essere riservato un quarto dell’attivo netto (quarta Falcidia): se l’ammontare dei legati eccedeva i 3/4 del patrimonio netto, essi dovevano essere ridotti proporzionalmente.
La quarta Falcidia si determinava con riferimento al patrimonio esistente al momento della morte del de cuius e non ricomprendeva gli eventuali prelegati, disposti a favore di uno o più eredi.
Per il diritto classico il testatore non poteva in alcun caso derogare alla legge Falcidia, esonerando i legatari dalla integrazione della quarta.
Nel diritto giustinianeo, in ossequio alla volùntas testàntis, si ritenne che la disciplina della lex Falcidia non fosse cogente, bensì dispositiva, e che il testatore potesse vietare all’erede di ritenere la quarta.