Ius honoràrium (vel ius prætòrium)
Ius honoràrium (vel ius prætòrium)
Complesso di norme create di volta in volta dal pretore [vedi prætor], per regolare casi concreti non direttamente disciplinati dal ius civile [vedi], attraverso una procedura snella e priva, per quanto possibile, di formalismi.
Oltre a supplire alle lacune del ius civile, il (—), talvolta, vi apportava correttivi, onde impedire la rigida applicazione di norme (di origine vetusta) ritenute non più accettabili in un mutato panorama storico-politico.
Il (—) venne definito da Papiniano [vedi] come “quod prætòres introduxèrunt adiuvàndi vel supplèndi vel corrigèndi iuris civilis gratia propter utilitàtem publicam” (ciò che fu introdotto dai pretori per favorire attraverso aiuti, integrazioni o concessioni, una migliore applicazione del ius civile a fini di pubblica utilità).
Nei casi in cui il (—) si contrapponeva al ius civile, questo non era formalmente abrogato, non avendone il magistrato il potere, ma solo reso inoperante: in pratica il dualismo si componeva con la prevalenza del (—), poiché il magistrato rendeva il ius civile inattivo nel caso concreto. Nell’epoca imperiale a questi due sistemi giuridici si aggiunse gradatamente la cognìtio extra òrdinem [vedi] cui appartenevano quelle nuove norme imperiali che non si facevano valere attraverso il processo per formulas [vedi], ma al di fuori di questo sistema, cioè extra òrdinem. Per tutta l’epoca classica questo sistema interferì con il ius civile e il (—), ma ne rimase distinto. In epoca postclassica si accelerò il processo di unificazione, che si concluse nel diritto giustinianeo con la affermazione del principio dell’unità del diritto: scomparso il sistema formulare e diventato il processo esclusivamente extra òrdinem e venuto meno ogni potere discrezionale del magistrato, (costretto ad attenersi alla legge), la separazione tra ius civile, (—) e ius extra òrdinem scomparve.
Complesso di norme create di volta in volta dal pretore [vedi prætor], per regolare casi concreti non direttamente disciplinati dal ius civile [vedi], attraverso una procedura snella e priva, per quanto possibile, di formalismi.
Oltre a supplire alle lacune del ius civile, il (—), talvolta, vi apportava correttivi, onde impedire la rigida applicazione di norme (di origine vetusta) ritenute non più accettabili in un mutato panorama storico-politico.
Il (—) venne definito da Papiniano [vedi] come “quod prætòres introduxèrunt adiuvàndi vel supplèndi vel corrigèndi iuris civilis gratia propter utilitàtem publicam” (ciò che fu introdotto dai pretori per favorire attraverso aiuti, integrazioni o concessioni, una migliore applicazione del ius civile a fini di pubblica utilità).
Nei casi in cui il (—) si contrapponeva al ius civile, questo non era formalmente abrogato, non avendone il magistrato il potere, ma solo reso inoperante: in pratica il dualismo si componeva con la prevalenza del (—), poiché il magistrato rendeva il ius civile inattivo nel caso concreto. Nell’epoca imperiale a questi due sistemi giuridici si aggiunse gradatamente la cognìtio extra òrdinem [vedi] cui appartenevano quelle nuove norme imperiali che non si facevano valere attraverso il processo per formulas [vedi], ma al di fuori di questo sistema, cioè extra òrdinem. Per tutta l’epoca classica questo sistema interferì con il ius civile e il (—), ma ne rimase distinto. In epoca postclassica si accelerò il processo di unificazione, che si concluse nel diritto giustinianeo con la affermazione del principio dell’unità del diritto: scomparso il sistema formulare e diventato il processo esclusivamente extra òrdinem e venuto meno ogni potere discrezionale del magistrato, (costretto ad attenersi alla legge), la separazione tra ius civile, (—) e ius extra òrdinem scomparve.