Invèntio thesàuri
Invèntio thesàuri [Scoperta di un tesoro; cfr. artt. 927 ss. c.c.]
Modo di acquisto a titolo originario del domìnium ex iùre Quirìtium [vedi], relativo ad un tesoro (cioè una “vètus quædam depositio pecuniæ cùius non èxstat memoria ut iam dominium non hàbeat”, una quantità di cose di valore, nascoste da tempo immemorabile e delle quali non si possa più trovare il legittimo proprietario).
Gli elementi necessari perché si potesse parlare di (—) erano pertanto tre:
— doveva trattarsi di una cosa di notevole valore;
— …depositata in luogo segreto;
— …da tempo immemorabile.
La disciplina giuridica di tale modo d’acquisto del dominium ebbe nel tempo notevoli mutamenti: la giurisprudenza più antica considerava il tesoro come incremento del fondo in cui veniva rinvenuto. Le vicende successive, fino all’epoca adrianea, sono, allo stato delle attuali conoscenze, alquanto incerte: probabilmente il tesoro fu considerato bene vacante ed in quanto tale, in base alla lex Iulia et Papia [vedi], attribuito all’æràrium [vedi].
Una costituzione di Adriano regolò in parte l’istituto; ulteriore regolamentazione venne (specie in epoca postclassica) dall’interpretàtio prudèntium [vedi] e fu recepita nel diritto giustinianeo.
Potevano delinearsi tre ipotesi:
— se il tesoro veniva rinvenuto in un territorio appartenente al prìnceps (cd. locus Cæsaris), ne spettava metà allo scopritore e metà al fiscus Cæsaris [vedi];
— se il tesoro veniva scoperto (sia in un terreno proprio che altrui) a seguito di ricerche specifiche, apparteneva interamente allo scopritore;
— se il tesoro veniva scoperto casualmente in un fondo altrui, apparteneva per metà allo scopritore e per l’altra metà al proprietario del fondo.
Modo di acquisto a titolo originario del domìnium ex iùre Quirìtium [vedi], relativo ad un tesoro (cioè una “vètus quædam depositio pecuniæ cùius non èxstat memoria ut iam dominium non hàbeat”, una quantità di cose di valore, nascoste da tempo immemorabile e delle quali non si possa più trovare il legittimo proprietario).
Gli elementi necessari perché si potesse parlare di (—) erano pertanto tre:
— doveva trattarsi di una cosa di notevole valore;
— …depositata in luogo segreto;
— …da tempo immemorabile.
La disciplina giuridica di tale modo d’acquisto del dominium ebbe nel tempo notevoli mutamenti: la giurisprudenza più antica considerava il tesoro come incremento del fondo in cui veniva rinvenuto. Le vicende successive, fino all’epoca adrianea, sono, allo stato delle attuali conoscenze, alquanto incerte: probabilmente il tesoro fu considerato bene vacante ed in quanto tale, in base alla lex Iulia et Papia [vedi], attribuito all’æràrium [vedi].
Una costituzione di Adriano regolò in parte l’istituto; ulteriore regolamentazione venne (specie in epoca postclassica) dall’interpretàtio prudèntium [vedi] e fu recepita nel diritto giustinianeo.
Potevano delinearsi tre ipotesi:
— se il tesoro veniva rinvenuto in un territorio appartenente al prìnceps (cd. locus Cæsaris), ne spettava metà allo scopritore e metà al fiscus Cæsaris [vedi];
— se il tesoro veniva scoperto (sia in un terreno proprio che altrui) a seguito di ricerche specifiche, apparteneva interamente allo scopritore;
— se il tesoro veniva scoperto casualmente in un fondo altrui, apparteneva per metà allo scopritore e per l’altra metà al proprietario del fondo.