In clàris non fit interpretàtio

In clàris non fit interpretàtio

Principio in virtù del quale non è necessaria una attività interpretativa in relazione a norme oppure ad atti di autonomia privata formulati in modo chiaro ed inequivocabile.
In realtà, il principio (—) non ha alcun rilievo pratico in quanto l’attività interpretativa del giudice non è collegata a casi oscuri, bensì a casi controversi.
L’attività interpretativa trova attuazione per il solo fatto che esista una controversia riguardante il significato di una norma o di una disposizione contrattuale. Deve tenersi conto che essa è sempre sistematica: anche una espressione dal significato letterale non dubbio può porre problemi se valutata nel contesto in cui si inserisce.
D’altro canto anche in diritto romano, il principio risultava non pacifico: secondo Ulpiano [vedi], infatti, quamvis sit manifestissimum edìctum prætòris (anche se il contenuto dell’editto pretorio sia chiarissimo), l’interpretazione è sempre necessaria, in quanto un testo di legge (od una disposizione contrattuale) è una fredda successione di parole che devono esser ravvivate per adattarle al caso concreto.