Hères
Heres [Erede]
L’(—) era colui che subentrava nell’intero complesso patrimoniale del de cuius o in una quota dello stesso.
Il titolo di erede poteva essere conferito sia dalla legge che dal de cùius [vedi], nel testamento.
L’acquisizione del patrimonio necessario poteva avvenire sia ipso iure, e cioè senza bisogno di accettazione, sia mediante aditio hereditatis [vedi] e cioè a seguito di accettazione espressa.
Acquistavano l’eredità automaticamente:
— il discendente del de cuius [vedi] al momento della sua morte (heres suus et necessàrius);
— il servus cum libertate heres institutus e cioè il servo dichiarato ai tempo stesso erede e libero (heres necessàrius).
Queste due categorie di eredi avevano, però, la possibilità di eliminare le conseguenze di una hereditas damnosa [vedi] attraverso, rispettivamente, il beneficium abstinèndi [vedi] ed il beneficium separatiònis [vedi].
Acquistavano, invece, l’eredità mediante aditio:
— gli eredi volontari e cioè: gli extranei alla familia del defunto da questo istituiti in mancanza di heredes necessarii;
— i bonorum possessores [vedi bonorum possessio].
Forme di editio hereditatis furono: la cretio [vedi] e la pro herede gestio.
È da rilevare che, in età arcaica, il titolo di erede spettava solo agli heredes sui, cioè ai figli rimasti in potestà dell’ereditando fino alla sua morte, alla moglie in manu [vedi mànus] e a tutti i discendenti di grado ulteriore, che, per premorienza o emancipazione degli ascendenti intermedi, diventavano sui iuris [vedi] al momento della morte del de cuius.
Il patrimonio ereditario veniva acquistato automaticamente (ìpso iùre) da parte degli heredes sui: il de cuius, per privarli delle aspettative ereditarie, doveva redigere un testamento con un’espressa exheredàtio [vedi] dei discendenti che voleva diseredare.
Non era, invece, all’uopo sufficiente la mera præterìtio (preterizione) degli heredes sui: quest’ultima, infatti, comportava la nullità del testamento in quanto il suus pretermesso conservava la qualifica di erede ex lege in mancanza di un’esplicita exheredatio da parte del de cuius. Per quanto attiene, invece, agli heredes voluntarii, poiché la delazione nei loro confronti costituiva una mera offerta, il potere di accettazione non si trasmetteva per via ereditaria; pertanto morto il primo chiamato senza avere accettato, l’eredità si deferiva al sostituto [vedi substitùtio heredis] o si accresceva ai coeredi e quindi si deferiva agli eredi ab intestàto [vedi].
In nessun caso l’eredità non ancora accettata passava all’erede dell’erede [vedi delatiònis transmìssio].
L’(—) era colui che subentrava nell’intero complesso patrimoniale del de cuius o in una quota dello stesso.
Il titolo di erede poteva essere conferito sia dalla legge che dal de cùius [vedi], nel testamento.
L’acquisizione del patrimonio necessario poteva avvenire sia ipso iure, e cioè senza bisogno di accettazione, sia mediante aditio hereditatis [vedi] e cioè a seguito di accettazione espressa.
Acquistavano l’eredità automaticamente:
— il discendente del de cuius [vedi] al momento della sua morte (heres suus et necessàrius);
— il servus cum libertate heres institutus e cioè il servo dichiarato ai tempo stesso erede e libero (heres necessàrius).
Queste due categorie di eredi avevano, però, la possibilità di eliminare le conseguenze di una hereditas damnosa [vedi] attraverso, rispettivamente, il beneficium abstinèndi [vedi] ed il beneficium separatiònis [vedi].
Acquistavano, invece, l’eredità mediante aditio:
— gli eredi volontari e cioè: gli extranei alla familia del defunto da questo istituiti in mancanza di heredes necessarii;
— i bonorum possessores [vedi bonorum possessio].
Forme di editio hereditatis furono: la cretio [vedi] e la pro herede gestio.
È da rilevare che, in età arcaica, il titolo di erede spettava solo agli heredes sui, cioè ai figli rimasti in potestà dell’ereditando fino alla sua morte, alla moglie in manu [vedi mànus] e a tutti i discendenti di grado ulteriore, che, per premorienza o emancipazione degli ascendenti intermedi, diventavano sui iuris [vedi] al momento della morte del de cuius.
Il patrimonio ereditario veniva acquistato automaticamente (ìpso iùre) da parte degli heredes sui: il de cuius, per privarli delle aspettative ereditarie, doveva redigere un testamento con un’espressa exheredàtio [vedi] dei discendenti che voleva diseredare.
Non era, invece, all’uopo sufficiente la mera præterìtio (preterizione) degli heredes sui: quest’ultima, infatti, comportava la nullità del testamento in quanto il suus pretermesso conservava la qualifica di erede ex lege in mancanza di un’esplicita exheredatio da parte del de cuius. Per quanto attiene, invece, agli heredes voluntarii, poiché la delazione nei loro confronti costituiva una mera offerta, il potere di accettazione non si trasmetteva per via ereditaria; pertanto morto il primo chiamato senza avere accettato, l’eredità si deferiva al sostituto [vedi substitùtio heredis] o si accresceva ai coeredi e quindi si deferiva agli eredi ab intestàto [vedi].
In nessun caso l’eredità non ancora accettata passava all’erede dell’erede [vedi delatiònis transmìssio].