Finanze della res publica
Finanze della res publica
Molteplici furono le voci rilevanti nella (—).
Spese ordinarie furono quelle per:
a) lavori pubblici;
b) cerimonie religiose “pro populo” (“sacra publica”);
c) esigenze militari;
d) paghe da versare agli “apparitores” (impiegati subalterni) e le indennità da versare ai governatori delle province per le spese di trasferimento e di prima sistemazione (“vasaria”);
e) nella fase di crisi acquistarono rilevanza le distribuzioni gratuite di olio e vino (“congiaria”) e le distribuzioni gratuite di grano (“frumentationes” introdotte dalla “lex Semprònia frumentaria” del 122 a.C.).
Per quanto riguarda le entrate, bisogna preliminarmente rilevare che mancò un capitolo che è alla base delle finanze statali: quello delle imposte reali cioè sulle “res” di cui i cittadini avessero il “dominium ex iure Quiritium” [vedi] segno dell’autonomia politica familiare, che era impossibile tassare, pena la violazione della illimitatezza del loro godimento.
Entrate ordinarie furono:
a) “tributum ex censu”: imposta personale sul reddito dei “patres familiarum” iscritti nelle “tribus” [vedi];
b) “tributum” speciale imposto ai “municipes sine suffragio” [vedi municipium] agli “infames” e ai celibi e alle vedove;
c) i proventi dell’“ager publicus” [vedi];
d) i proventi delle miniere pubbliche e le imposte sulla gestione delle miniere private;
e) i tributi riscossi nelle “provinciæ”;
f) concessioni di suolo pubblico (“solaria”), l’uso di acquedotti e cloache, pedaggi vari;
g) imposte doganali;
h) “vicesima manumissionum”, cioè l’imposta del 5% sul valore degli schiavi manomessi (Lex Manilia del 357 a.C.);
i) i proventi straordinaria delle guerre (“prædæ”), delle vendite di “ager quæstorius”, delle “mulctæ” giudiziarie, delle confische dei beni privati, etc.
Molteplici furono le voci rilevanti nella (—).
Spese ordinarie furono quelle per:
a) lavori pubblici;
b) cerimonie religiose “pro populo” (“sacra publica”);
c) esigenze militari;
d) paghe da versare agli “apparitores” (impiegati subalterni) e le indennità da versare ai governatori delle province per le spese di trasferimento e di prima sistemazione (“vasaria”);
e) nella fase di crisi acquistarono rilevanza le distribuzioni gratuite di olio e vino (“congiaria”) e le distribuzioni gratuite di grano (“frumentationes” introdotte dalla “lex Semprònia frumentaria” del 122 a.C.).
Per quanto riguarda le entrate, bisogna preliminarmente rilevare che mancò un capitolo che è alla base delle finanze statali: quello delle imposte reali cioè sulle “res” di cui i cittadini avessero il “dominium ex iure Quiritium” [vedi] segno dell’autonomia politica familiare, che era impossibile tassare, pena la violazione della illimitatezza del loro godimento.
Entrate ordinarie furono:
a) “tributum ex censu”: imposta personale sul reddito dei “patres familiarum” iscritti nelle “tribus” [vedi];
b) “tributum” speciale imposto ai “municipes sine suffragio” [vedi municipium] agli “infames” e ai celibi e alle vedove;
c) i proventi dell’“ager publicus” [vedi];
d) i proventi delle miniere pubbliche e le imposte sulla gestione delle miniere private;
e) i tributi riscossi nelle “provinciæ”;
f) concessioni di suolo pubblico (“solaria”), l’uso di acquedotti e cloache, pedaggi vari;
g) imposte doganali;
h) “vicesima manumissionum”, cioè l’imposta del 5% sul valore degli schiavi manomessi (Lex Manilia del 357 a.C.);
i) i proventi straordinaria delle guerre (“prædæ”), delle vendite di “ager quæstorius”, delle “mulctæ” giudiziarie, delle confische dei beni privati, etc.