Fideicommìssum hereditàtis
Fideicommìssum hereditàtis [Fedecommesso ereditario]
Particolare tipo di fedecommesso [vedi fideicommissum], consistente nella preghiera rivolta all’erede di trasferire l’eredità (in tutto od in parte) ad una terza persona.
La disposizione fedecommissaria richiedeva, quale presupposto, una corretta istituzione di erede.
Lo scopo perseguito negozialmente attraverso il (—) era quello di vincolare l’erede, in modo da precludergli la possibilità di compiere liberamente atti di disposizione sul patrimonio ereditario ed obbligarlo a trasferire il patrimonio ereditario stesso (in tutto od in parte) a persona designata dal testatore. Il fedecommesso in questione non era un negozio puro, potendovi essere apposta una condizione od un termine.
Il fedecommissario acquistava in origine, come detto, la qualifica di cessionario nei confronti dell’hères fiduciàrius; la disciplina del fedecommesso ereditario subì, tuttavia, notevoli innovazioni in virtù di due senatusconsùlta [vedi senatusconsultum]:
— il senatusconsultum Trebelliànum stabilì che il fideicommissarius hereditatis dovesse esser considerato come un erede (herèdis lòco) e potesse quindi direttamente esperire tutte le azioni ereditarie, senza dover pertanto ricorrere, all’erede (in particolare, il pretore concedeva al fedecommissario delle actiònes utiles [vedi àctio utilis]);
— il senatusconsultum Pegasiànum stabilì, in conformità di quanto già disposto, in tema di legati, dalla lex Falcìdia [vedi], che in ogni caso all’erede dovesse essere riservato un quarto del patrimonio ereditario. È facile notare come questo senatusconsultum costituisca una prima espressione di quella tendenza che portò secoli dopo, in periodo postclassico, all’orientamento giustinianeo per cui legati e fedecommessi furono equiparati in tutto (“per òmnia exæquàta sunt legata fideicommissis”).
Particolare tipo di fedecommesso [vedi fideicommissum], consistente nella preghiera rivolta all’erede di trasferire l’eredità (in tutto od in parte) ad una terza persona.
La disposizione fedecommissaria richiedeva, quale presupposto, una corretta istituzione di erede.
Lo scopo perseguito negozialmente attraverso il (—) era quello di vincolare l’erede, in modo da precludergli la possibilità di compiere liberamente atti di disposizione sul patrimonio ereditario ed obbligarlo a trasferire il patrimonio ereditario stesso (in tutto od in parte) a persona designata dal testatore. Il fedecommesso in questione non era un negozio puro, potendovi essere apposta una condizione od un termine.
Il fedecommissario acquistava in origine, come detto, la qualifica di cessionario nei confronti dell’hères fiduciàrius; la disciplina del fedecommesso ereditario subì, tuttavia, notevoli innovazioni in virtù di due senatusconsùlta [vedi senatusconsultum]:
— il senatusconsultum Trebelliànum stabilì che il fideicommissarius hereditatis dovesse esser considerato come un erede (herèdis lòco) e potesse quindi direttamente esperire tutte le azioni ereditarie, senza dover pertanto ricorrere, all’erede (in particolare, il pretore concedeva al fedecommissario delle actiònes utiles [vedi àctio utilis]);
— il senatusconsultum Pegasiànum stabilì, in conformità di quanto già disposto, in tema di legati, dalla lex Falcìdia [vedi], che in ogni caso all’erede dovesse essere riservato un quarto del patrimonio ereditario. È facile notare come questo senatusconsultum costituisca una prima espressione di quella tendenza che portò secoli dopo, in periodo postclassico, all’orientamento giustinianeo per cui legati e fedecommessi furono equiparati in tutto (“per òmnia exæquàta sunt legata fideicommissis”).