Fàvor

Fàvor

Con il termine (—) è indicato l’insieme di benevole prerogative destinate ad attribuire ad una persona una tutela preferenziale in considerazione di sue qualità o, più in generale, della sua posizione in una data vicenda.
Nelle sue varie configurazioni, il (—) poteva (e può anche nell’ordinamento vigente) assurgere a canone interpretativo, destinato ad ispirare l’interprete in casi dubbi; si tratta di casi nei quali la legge, allo scopo di riequilibrare particolari posizioni di diseguaglianza tra situazioni soggettive, favorisce un soggetto anziché l’altro.
Nel diritto romano postclassico, le varie forme nelle quali si estrinsecava il (—) finirono con l’esser considerate præsumptiònes iùris, in forza delle quali la sussistenza del (—) si presumeva (salvo prova contraria) anche fuori dai casi dubbi.
• (—) benignitàtis
Canone interpretativo postclassico, per cui in ogni disputa doveva essere adottata la soluzione più indolore, cioè quella che comportava conseguenze meno spiacevoli.
• (—) creditòris, (—) debitòris [cfr. artt. 1183, 1184, 1282, 1371 c.c.]
Il (—) debitoris è canone interpretativo generale, di origine postclassica, in virtù del quale il debitore doveva esser favorito in relazione a qualunque situazione ambigua potesse scaturire da un negozio giuridico.
Permane, anche nel diritto vigente, fondamentale criterio in tema di obbligazioni, pur se talora l’ordinamento contempla ipotesi di (—) creditoris (vedi, ad es., l’art. 1183 c.c., che attribuisce il potere di esigere immediatamente la prestazione, ove il termine non sia fissato preventivamente).
• (—) libertàtis
Canone interpretativo di origine classica, in forza del quale, quando ci si trovava di fronte al dubbio se un negozio giuridico riconoscesse o meno la libertà di un individuo, doveva optarsi per la soluzione favorevole al riconoscimento della libertà.
• (—) matrimònii [can. 1060]
Principio fondamentale del diritto matrimoniale vigente in base al quale, in caso dubbio, si ritiene sussistente la validità di un matrimonio fino a prova contraria.
Unica condizione per l’applicazione del (—) è che il negozio in considerazione sussista e ne sia valutabile la conformità al diritto canonico.
• (—) minòris
Atteggiamento del legislatore teso a privilegiare, negli ordinamenti contemporanei, la posizione del minore. Ne costituiscono espressioni tipiche, ad esempio:
— la potestà parentale;
— la tutela del minore;
— l’annullabilità degli atti negoziali da lui compiuti.
• (—) promissòris
Canone interpretativo di origine classica, secondo il quale, quando ci si trovava di fronte al dubbio se da una stipulàtio [vedi] derivassero effetti favorevoli allo stìpulans od al promìssor, si doveva scegliere la soluzione favorevole al promissor, poiché le clausole erano state predisposte dallo stipulans, ed era arduo per l’altro rendersi conto delle insidie che potevano derivarne.
• (—) rèi
Canone interpretativo teso ad individuare il trattamento giuridico, in concreto, più favorevole al reo; l’espressione è molto frequente nel linguaggio degli operatori giuridici contemporanei.
• (—) testamènti
Nel dubbio se un testamento producesse o meno effetti giuridici, il (—) si concretava in una tendenza a fare salve le disposizioni testamentarie e si presentava quale criterio di orientamento tanto della giurisprudenza quanto della legislazione romana in materia.
Più precisamente il (—) si traduceva, per la giurisprudenza, nel tentativo di salvare il testamento, sia pure con costruzioni ardite e finzioni, volte a consentire l’attuazione della volontà del disponente e ad evitare l’apertura della successione legittima. La tendenza a far salve le ultime volontà del defunto si spiega, oltre che con l’impossibilità di rinnovare il testamento (iam aliud velle non potest) con il carattere sacro che esse possedevano nel mondo romano, carattere che importava un obbligo morale di rispetto, al quale veniva adeguato il diritto.