Donàtio mòrtis càusa

Donàtio mòrtis càusa [Donazione mortis causa; cfr. art. 458 c.c.]

In diritto preclassico e classico, (—) era ogni negozio giuridico traslativo del domìnium [vedi] su una res [vedi] da un soggetto (donante) all’altro (donatario), nel quale risultassero fuse due distinte causæ:
— la causa donatiónis [vedi causa];
— la causa mortis, cioè l’intento di arricchire immediatamente il donatario, in vista di un imminente pericolo di vita del donante e quindi della sua premorienza rispetto al donatario.
Al fenomeno della (—) furono ritenute estranee le donazioni fatte nel mero presentimento (svincolato da un pericolo imminente) della propria morte o quelle sospensivamente condizionate alla premorienza del donante (entrambe valide come donazioni); in diritto postclassico, anche queste donazioni furono assimilate a quelle mortis causa.
È importante rilevare che il donante aveva il diritto di riacquistare il dominium sulle cose donate in due casi:
— se non si realizzava il pericolo di morte;
— se, comunque, il donatario premoriva al donante.
In diritto postclassico vi fu una totale assimilazione della (—) ai legàta [vedi legatum] tanto che entrambi furono ritenuti causa di successione mortis causa a titolo particolare.
Nel diritto civile vigente, la (—) è nulla perché in contrasto con il carattere contrattuale della donazione (art. 769 c.c.), oltre che con il divieto dei patti successori istitutivi (art. 458 c.c.).